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 2022  giugno 16 Giovedì calendario

Alessia Madeddu, la figlia dello chef assassinato in Sardegna, ha riaperto il ristorante del padre


Quando la nostalgia è troppo forte, quando non basta indossare una sua maglietta per farla passare, quando nemmeno una passeggiata al mare riesce a riempire quel buco nel cuore sparato da un cannone la sera del 28 ottobre del 2021, allora chiama un’amica, una dei pochi amici, quelli veri, che si contano sulle dita di una mano. Perché suo padre le manca ogni giorno. Le mancano le sue risate. Le uscite in discoteca, lui, lei e gli amici di lei, le battute di pesca in laguna. Ecco perché era così importante ripartire, riaprire le porte di «Sabor’e mari», sapore di mare, l’ittiturismo che si affaccia al Porto Budello di Teulada, nel Sud Sardegna, dove fino all’anno scorso ad accogliere turisti e buongustai c’era il suo papà, Alessio Madeddu, con il barbone e la bandana da pirata in testa. L’uomo che era diventato una piccola celebrità dopo la partecipazione al programma 4 Ristoranti di Alessandro Borghese, ed è stato ucciso otto mesi fa dalla furia di Angelo Brancasi proprio di fronte al locale. Sua figlia Alessia oggi ha 25 anni.
Quando ha deciso di ridare vita all’ittiturismo?
«Non è stata una decisione solo mia. Abbiamo fatto una riunione di famiglia, con i miei nonni, mia madre e i miei zii, e alla fine abbiamo pensato che riaprire il ristorante sarebbe stato il modo più bello per onorare la memoria di mio padre. Le pareti sono tappezzate dalle sue foto. Siamo ripartiti il 9 giugno. Per adesso solo a pranzo. Meglio un passo alla volta: per fare le cose bene bisogna prendersi del tempo».
La brigata da quante persone è composta?
«Lavorano in 4: due in cucina, uno in sala e uno che dà una mano in zona lavaggio. Tra loro c’è anche mia mamma, Manuela: è sempre rimasta in buoni rapporti con papà, si volevano ancora bene».
E lei, invece, che cosa fa?
«Io vado ogni tanto, mi occupo di questioni burocratiche, faccio gli ordini. La gestione vera e propria ce l’ha una cooperativa di pescatori. A me piacerebbe tornarci un giorno, proprio in cucina, mettendoci del mio con quello che mi ha insegnato mio padre e che sto imparando in un ristorante a Pula».
Dunque anche lei è cuoca.
«Ho frequentato la Coi, l’accademia enogastronomica di Baradili, il Comune più piccolo della Sardegna (ha solo 74 abitanti, ndr)».
Andavamo sempre a pescare insieme Mi ha insegnato a preparare i suoi piatti
Qual è il piatto che amava di più di suo padre?
«“Sa gassola”, la sua zuppa di muggini: era spettacolare. Al momento non ne stiamo pescando molti, ma tra un po’ la integreremo nel menu».
I pesci li pescava lui?
«Tutti, sempre! Al porticciolo di fronte al ristorante lo rivedo in ogni angolo. Mi portava con lui a pescare nella laguna con i bertovelli, trovavamo anguille, pesci come lo scorfano che sono buoni per la zuppa e il brodo. Andavamo in pescheria e mi mostrava come si facevano le bottarghe di muggine. Mi ha insegnato a preparare la salsiccia di polpo».
Ha mai sentito Angelo Brancasi, l’uomo che lo ha ucciso?
«Non voglio parlare del passato, ma solo del presente. Quello che ci è successo è stato pesante, un fulmine a ciel sereno. Il giorno prima stai ridendo e il giorno dopo tutto è cambiato per sempre».
Lui le ha chiesto scusa?
«No, mai, nemmeno tramite il suo avvocato. Non che ci tenessi, quell’uomo per me non esiste. Spero solo che venga fatta giustizia in Tribunale. Ma non ci sarà mai rimedio per quello che ha fatto, e gli errori dei grandi li pagano sempre i figli: io e il mio fratellino, e anche i suoi».
Il mio sogno? Lavorare nella sua cucina, sto imparando per onorarlo
C’è un oggetto che le fa sentire suo padre ancora vicino?
«In cucina indosso sempre una sua maglietta».