la Repubblica, 16 giugno 2022
Intervista a Gigi D’Alessio
«Ti metti al pianoforte, scrivi una canzone e con quella puoi dare da mangiare a tante famiglie, compresa la tua». Dopo il buio della pandemia Gigi D’Alessio si appresta a festeggiare trent’anni di carriera: domani e sabato concerto in piazza Plebiscito a Napoli, davanti a 30 mila persone a sera, «una cosa che nessuno ha mai fatto prima e che coinvolge in totale 3.900 lavoratori». Lo spettacolo di domani sarà anche in diretta in prima serata su Rai 1 e Radio 2. Lo accompagnano un’orchestra d’eccezione diretta da Adriano Pennino e tanti ospiti. Poi il 18, senza tv, solo per il pubblico.
«È bello, dopo aver fatto undici volte il giro del mondo, tornare a festeggiare tra la mia gente. Sarà una festa italiana del pop».
Tra gli ospiti ci saranno Alessandra Amoroso, Fiorello, Achille Lauro, Fiorella Mannoia, Vincenzo Salemme, Ramazzotti...
«Diciamo che Sanremo si fa a Napoli domani sera. La soddisfazione più grande è stata alzare il telefono, chiamare amici e i colleghi che stimo e sentire tutti “sì”. Vuol dire che in questi trent’anni ho seminato bene, umanamente e artisticamente. La musica per me è sempre stato un incontro».
A proposito di incontri: a Sanremo 2021 ha portato il brano“Guagliune” con i rapper Enzo Dong, Ivan Granatino, Lele Blade e Samurai Jay. Lei viene dalla tradizione melodica, come si rapporta con le nuove sonorità?
«Siamo tutti figli di una musica.
Pochi giorni fa sono stato al Conservatorio dove ho studiato.
All’epoca, se ti permettevi di suonare un pezzo pop, anche per scherzo, era una bestemmia.
Oggi ho trovato le classi di pop, di elettronica, vuol dire che la musica è un vestito: cambia, ma di base è sempre quella. L’importante è rimanere se stessi».
C’è chi rimane se stesso a prescindere dal successo, come i concorrenti di “The voice senior” in cui ha fatto il giudice.
«Erano bravissimi, con una grande voglia di fare. Qualcuno si voleva riscattare perché non era riuscito a sfondare. Ma su quel palco erano deibambini perché la musica ha questo potere: ci fa sentire giovani, ci tiene vivi. È un integratore della vita quotidiana».
Quando si guarda allo specchio, e ripensa al D’Alessio di trent’anni fa, chi vede oggi?
«Rivedo tutto con molta tenerezza.
Il primo disco l’ho fatto nel 1992, un album con otto canzoni. Nel 1993 il primo concerto, al teatro Arcobaleno di Secondigliano, poco più di mille posti. Era difficile che un cantante da feste di piazza, matrimoni, comunioni potesse fare un concerto, io l’ho fatto. Quando ho visto i bagarini che vendevano i miei biglietti ho capito che stava succedendo qualcosa. Mi fa impressione constatare che sono stato capace di durare così a lungo, non è scontato. Trent’anni che esisto e resisto».
E i prossimi trenta?
«Intanto voglio veder crescere i miei figli, ancora piccoli. E mi auguro di avere sempre idee per emozionarmi e fare emozionare. Ora comincio a pensare all’album, rivedere i musicisti in sala di registrazione è fondamentale. Oggi ci ritroviamo in studio con il computer, tutto calcolo matematico e poco sangue. Nel nuovo album di Ramazzotti a un certo punto c’è un assolo di sax che mi ha fatto venire i brividi: sarà la vecchiaia, o è il segno che la musica è quella?».