la Repubblica, 16 giugno 2022
Intervista a Giuliano Amato. Parla del concerto della Consulta
Il concerto si intitola “Il sangue e la parola”. E a promuoverlo, nella piazza del Quirinale e alla presenza del presidente Mattarella, è la Corte costituzionale. Una cerimonia densa di significati civili, resi ancora più espliciti dalla cantata scritta da Nicola Piovani che fonde in un’unica architettura musicale le Eumenidi e la carta costituzionale, la tragedia che celebra l’avvento della civiltà del diritto e l’opera di pace dei nostri costituenti. In piazza risuonerà reiterato l’articolo 11 della Costituzione, “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa e di risoluzione delle controversie”, ed è inevitabile che il pensiero oggi corra al cuore insanguinato dell’Europa. «Il concerto è stato pensato prima dell’aggressione ucraina», racconta il presidente Giuliano Amato nel suo studio della Consulta. «E certo quel passaggio della Costituzione oggi provoca una profonda emozione. Ma è solo un aspetto del messaggio che vorremmo trasmettere con la potenza della musica: la guerra è la forma estrema della prevaricazione. Ma la prevaricazione esiste anche in tempo di pace: essa nasce dall’imposizione sulle ragioni degli altri di veritàassolute e unilaterali».
Presidente Amato, partiamo dalla singolarità dell’iniziativa. Da quale urgenza civile nasce il concerto?
«Èun progetto coltivato datempo,con l’intento di dare un’ulteriore evidenzaalla missione chela Carta Costituzionale ci ha affidato: garantirne i principi fondamentali. Ma il principio dei principi èla difesa della democrazia fondata sull’equilibrio delle diverse esigenze in gioco. Nulla è assoluto nella Costituzione, ma ci sono valori eprincipi spesso confliggenti tra loro che vengono tenuti insieme in un giusto equilibrio».
Lei vede venire meno questo equilibrio tra visioni divergenti?
«In questi anninelle nostre democrazie abbiamo assistito all’emergere di movimentiche facendolevasui malumori crescenti, sui risentimenti e sullediseguaglianze accresciutehanno imboccato la stradaindicata da Carl Schmidt: il mioavversario è un nemico e le mie sono le uniche ragioni possibili.
Sono glistessi che magari celebrano i costituenti,ma senza comprenderne il lavoro straordinario: se c’erano persone portatricidi verità opposte erano proprio loro!Eppure riuscirono a trovare un accordo».
La cantata trae ispirazione dalle “Eumenidi”, la tragedia che celebra la nascita della civiltà del diritto contro la legge della vendetta.
«Il dilemma che attraversa l’opera di Eschiloè se sanguedebba chiamare altro sangue,se sia giusto uccidere Oreste che avevaucciso sua madre Clitennestra, colpevole a sua volta dell’assassinio del maritoAgamennone.AllafineAtena spezzala catena della vendetta per imporreil giudizio di un tribunale: così la parola trionfa sulla furia cieca dellaviolenza. E Piovani mette in relazione questa tematica con l’articolo 11 della Costituzione: l’Italia ripudia la guerra. A cento giorni dall’invasione dell’Ucraina, l’evocazione di quel passaggio colpirà il sentimento di chi ascolta».
Il concerto si può leggere anche come un invito alla pace?
«Io direi meglio: un invito alla ragione.
Volere la pacedurante un’aggressionein corso nonpuò significare che, purché finisca la guerra, l’aggressore è libero di fare ciò che vuole: questo rappresenterebbe il trionfo della prevaricazione.La guerra non deve durare un tempoinfinito echi ha compiti di responsabilità deve trovare il modo e i tempi della sua conclusione. Ma gli amantidellapacenon possono trasformarsi in fautori della prevaricazione».
Non passerà inosservata la reiterazione dell’articolo 11 – l’Italia ripudia la guerra – cantata nella piazza del Quirinale. Lei ha difeso sul piano costituzionale l’invio delle armi all’Ucraina in nome della solidarietà.
«C’è chisostiene chela Costituzione autorizzi a difendere soltanto noi stessi, ma allora i fautori di questa posizione dovrebbero ritenere incostituzionali l’articolo 5 del trattato della Nato e l’articolo 42 del trattato dell’Unione europeache prevedonol’obbligo di solidarietà verso paesi aggrediti: nessuno peròs’è spinto ad affermareuna cosa del genere.L’obiezione potrebbe essere che l’Ucrainanon è tutelata da questo nostro obbligoin quanto non fa parte né della Natoné finora dell’UnioneEuropea. E alloraio pongo una questione di coscienza: se è calpestata la dignità di qualcunoche è fuoridai miei confini e fuori dai trattati, la mia solidarietà non arriva a farsi carico della sua dignità? E della sua sopravvivenza?».
Da Eschilo ai Costituenti, la cantata sembra tessere il filo che unisce due rivoluzioni: quella ateniese e la rivoluzione sancita dalla Carta.
«Nonv’è dubbio che si trattòdi due rivoluzioni. Eva Cantarella colloca nel 621 a.C,con l’istituzione del primo Tribunale di Atene, la nascita della civiltà del diritto cheè alla base della democrazia: il passaggiocelebrato appunto dalleEumenidi.Efu una rivoluzioneanche quella realizzata dai costituenti, con il ripudio della guerra da parte nostra e dei paesiche avevanoinsanguinato l’Europa. Nella cantata di Piovani si fa riferimento ai lavori preparatori della Carta, in particolare alle riflessioni di Ugo Damianiedi Leo Valiani chearricchiscono il significato dell’articolo 11, andando oltre il semplice ripudio: entrambi sostengono infatti la necessità che la risoluzione dei conflitti possa essere affidata ad armi diverse da quelle belliche. A differenza della costituzione tedesca, noi teniamo all’interno dello stesso articolo, l’11, il nesso storico ed emotivo tra la fine della guerra e la costruzione diun’Europa unita finalizzata alla pace».
Lei prima diceva che la sopraffazione esiste anche al di fuori delle guerre.
«Laguerra è una sua estremizzazione, maancheintempo dipace assistiamo al trionfo di politiche unilaterali che in nomedi unaverità assolutapossono uccidere.Prendiamo il tema dell’interruzione di gravidanza. Ho letto sulNewYorkTimes la sconvolgente testimonianzadi unadonna polaccache pocheore doposarebbemorta uccisada un’infezione procurata dal feto: nel suo paese l’aborto è vietato in ogni caso. Quel checi deve preoccupare è il diffondersi di ferree leggi antiabortiste che, in nome dei diritti del nascituro, calpestano quelli della madre. In America, un’attesa sentenzadellaCorte suprema potrebbe renderequesto rischio molto concreto».
Eschilo e i Costituenti ci mettono in guardia dalle verità assolute e anche dalla furia della vendetta. Circola ancora nella società italiana un’idea della giustizia come vendetta?
«Sì. Quantevolteosserviamo con dolore le vittime diun reato che se la pena inflitta al colpevole non è altissima pensanodi nonaver avuto giustizia? E poi si costituiscono parte civile per avere deisoldi. Ho sempre pensato, soprattutto quandoi miei figlierano piccoli, che non mi sarei mai avvalso di questa possibilità: se qualcuno mi uccide il figlio, quale cifra potràmai risarcirmi?È evidente che non può esserci giustizia se il delitto non vienepunito. Machil’hacommessonon puòdiventare unmostrodachiudere in gabbiapersempre».
Alla fine della tragedia di Eschilo, Oreste non viene giustiziato. E da cagne rabbiose le Erinni si trasformano in Eumenidi, forze benefiche.
«Così finisce anche la cantata di Piovani cheè un invito a respirare, con un sentimento di ritrovata serenità nel riconoscimento da parte degli uni delle ragioni degli altri. Questo invito è rivolto a tutti gli italiani: dobbiamo superare le divisioni per ritrovare l’unità non nella prevaricazione ma nell’ascolto reciproco. Suquesto equilibrio – èbene ricordarselo— si regge lademocrazia».