il Fatto Quotidiano, 16 giugno 2022
Gioacchino Genchi assolto dopo 13 anni
Ha rinunciato alla prescrizione e dopo 13 anni, il Tribunale di Palermo gli ha dato ragione: Gioacchino Genchi è stato assolto in primo grado, perché il fatto non costituisce reato.
Tredici anni dopo l’apertura del fascicolo (era il 2009) Genchi ha cambiato mestiere: oggi svolge la professione di avvocato penalista. All’epoca dei fatti era però un consulente informatico richiesto da molte Procure italiane sin da quando, nel 1992, iniziò a collaborare con Giovanni Falcone e successivamente, con la Procura di Palermo, si occupò delle stragi di Cosa Nostra. Ed è proprio in seguito a uno degli incarichi ricevuti che, nel 2009, Genchi viene indagato con l’accusa di aver acquisito illecitamente, violandone i dati personali, i tabulati dell’ex vice procuratore nazionale Alberto Cisterna. Dati acquisiti durante le indagini calabresi dell’ex pm Luigi de Magistris, con il quale Genchi collaborava nelle indagini “Why Not” e “Poseidone”.
Oltre al reato di trattamento illecito di dati, l’ex consulente era stato accusato anche di abuso d’ufficio e l’accusa – che all’epoca era sostenuta dai pm Claudia Ferrari, Gaetano Guardì, Bernardo Petralia e dall’allora procuratore di Palermo Francesco Messineo – aveva chiesto per Genchi, difeso dall’avvocato Fabio Repici, una condanna a due anni di reclusione. Cisterna si era invece costituito parte civile.
La storia è nota: Genchi si ritrovò a difendersi dall’accusa di aver messo in piedi una sorta di “Grande fratello” sommando tutti i dati acquisiti in decenni di indagini. Gli furono sequestrati tutti i sistemi e i supporti informatici utilizzati mentre collaborava con le più importanti procure d’Italia.
Durante le inchieste condotte da De Magistris, analizzando alcuni dati di traffico telefonico, Genchi scoprì che alcune utenze telefoniche utilizzate da Cisterna mostravano contatti con un membro della ’ndrangheta di Reggio Calabria, Luciano Lo Giudice. Contatti che costarono al magistrato della Procura nazionale antimafia una sanzione disciplinare del Csm. Tra i contatti scoperti da Genchi, anche quello con un ex senatore di Forza Italia, l’avvocato Giancarlo Pittelli (mentre scriviamo è accusato di concorso esterno con la ’ndrangheta) nel cui studio romano, all’epoca dei fatti, la moglie di Cisterna lavorava come avvocato.
Cisterna, che si sentì danneggiato, denunciò il consulente anche con un esposto al Garante della Privacy (Genchi fu condannato a pagare 192 mila euro, sanzione poi annullata in tutte le sedi).
Ma torniamo all’assoluzione del 14 giugno scorso: per l’accusa, Genchi aveva “creato” una “banca dati informatica” che conteneva i “dati personali da lui acquisiti nel corso degli anni quale consulente di varie Autorità giudiziarie in 351 diversi procedimenti penali”. In questo modo aveva formato un “archivio unitario del tutto autonomo dalle singole consulenze tecniche da lui effettuate”. E, accusa ancor più grave, questo “archivio veniva utilizzato al fine di trame profitto per l’elaborazione di ulteriori consulenze tecniche retribuite”.
Per quanto riguarda Cisterna, invece, l’accusa era di aver comunicato e diffuso i suoi dati poi confluiti nel libro Il caso Genchi e in alcuni articoli di stampa allo scopo di “trarne profitto per sé o per gli editori delle pubblicazioni indicate”. Due giorni fa, l’assoluzione in primo grado e Genchi con il Fatto commenta: “Sono felice per l’assoluzione, anche se rimane il rammarico per quello che ho dovuto subire e quante energie ho dovuto impiegare per ottenerla, sacrificando 13 anni della mia vita. Nel riflettere per quello che mi è successo, mi chiedo: se non fossi stato io, che bene o male riesco a districarmi nei processi, ma un comune cittadino, cosa ne sarebbe stato?”.