Corriere della Sera, 15 giugno 2022
Gazprom taglia il metano del 40%
«La probabilità che sia Mosca a fare la prima mossa sta aumentando», aveva detto pochi giorni fa Alexandra Prokopenko, ex funzionaria della Banca di Russia e attuale collaboratrice del Carnegie Endowment for International Peace. E la «prima mossa» è arrivata, ieri. Certificata da un comunicato – tutt’altro che asettico – firmato da Gazprom.
La compagnia statale russa del metano ha avvertito che ridurrà i volumi di gas inviati verso l’Unione europea attraverso il Nord Stream 1, il gasdotto che parte dal Golfo di Finlandia e arriva in Germania aggirando Paesi baltici, Bielorussia e Polonia. Nord Stream 1 trasportava l’inverno scorso circa 200 milioni di metri cubi al giorno, prima che Gazprom smettesse di pubblicare i dati. I volumi su quella rotta erano fra tre e quattro volte superiori a quelli che passavano per l’Ucraina per raggiungere l’Austria e l’Italia. Ora Nord Stream 1 subirà un taglio del 40% che ha ragioni profondamente politiche, non tecniche.
Gazprom indica così quella che considera la ragione della riduzione: «Siemens, che ha smesso di operare in Russia, non ha inviato i pezzi di ricambio» necessari: «Al momento, dunque, solo tre compressioni possono essere utilizzati alla stazione di Portovaya, e ciò che possono fare è pompare 100 metri cubi di gas al posto dei 167 programmati». In altri termini la Russia sostiene che il taglio delle forniture è causato dalle sanzioni occidentali. Il messaggio è chiaro: a causa delle scelte di Bruxelles – così sostiene Mosca – le spedizioni di gas russo saranno ridotte. A rendere possibile un taglio di questo tipo è anche il fatto che il governo russo fra gennaio e aprile ha incassato il 90% in più di entrate fiscali da gas e petrolio rispetto allo stesso periodo del 2021 (l’equivalente di 27 miliardi di euro), a causa dell’aumento dei prezzi: e può dunque permettersi, al momento, di limitare le forniture all’Europa, come ritorsione per le sanzioni.
Perché la riduzione
«Mancano pezzi di ricambio per i compressori: le aziende non li mandano»
Proprio il prossimo fine settimana Vladimir Putin terrà un discorso che i portavoce del dittatore definiscono «importante» al Forum economico di San Pietroburgo e il tema – viene anticipato – saranno proprio le sanzioni occidentali. È possibile dunque che i tagli alle forniture per ritorsione continuino. Se Mosca infatti riuscisse a mantenere lo stesso ritmo durante tutto il bilancio in corso – ipotesi non irrealistica, dato l’impatto ritardato delle sanzioni europee sul petrolio – le entrate in più basterebbero a finanziare quasi tutta la spesa militare e dell’apparato repressivo da circa 100 miliardi di euro per il 2023 – anche nel caso di un embargo totale di tutti i Paesi del mondo sull’energia russa da gennaio prossimo. Non solo: questo «tesoro» consente anche a Putin di aumentare le misure per mantenere il consenso sociale (in primavera il presidente russo ha potuto far approvare un bonus una tantum equivalente a sette miliardi di euro per famiglie con figli fra gli otto e i 16 anni e un adeguamento delle pensioni all’inflazione da 25 miliardi di euro per quest’anno e il 2023) – e di rispondere all’Europa, tagliando le forniture come annunciato oggi.
Ma la reazione dei mercati è stata immediata: ad Amsterdam le quotazioni del gas sono salite del 17% a 97 euro al megawattora: esattamente quello che Putin voleva. Ma da Roma Arera ha annunciato che gli stoccaggi dell’Italia sono saliti ormai al 52%.