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 2022  giugno 15 Mercoledì calendario

Intervista a Daniel Harding

 «Non è facile la musica classica. E chi vuole spacciarla per tale, sbaglia. Nella difficoltà sta proprio il suo bello. Cosa ne sarebbe di Tolstoj o Joyce senza la complessità di pensiero?». L’inglese Daniel Harding non è più il fanciullo prodigio della direzione d’orchestra, folletto d’argento vivo che faceva musica sempre a bocca spalancata, quasi attonito dinanzi alla bellezza prodotta dal suo gesto. Oggi, a quarantasei anni, il golden boy allevato nel laboratori sinfonici di Simon Rattle e Claudio Abbado è un maestro assai misurato sul podio (ma non meno creativo che agli esordi), un intellettuale discreto, sottile. Ma bigamo, dato che divide il cuore tra musica e aerei. Infatti, quando non lavora con la bacchetta, occupa una cabina di pilotaggio di Air France. Più o meno a settimane alterne.
Questa è la settimana delle note. Che trascorre a Roma, al Parco della musica, per chiudere la stagione dell’Orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia. Tre appuntamenti da domani a sabato: in programma il Concerto per pianoforte di Edvard Grieg, solista Paul Lewis, e il poema sinfonico di Richard Strauss Vita d’eroe.
Maestro Harding, Santa Cecilia è una delle sue dimore italiane...
«Non ricordo neanche più quante volte ci sono stato dai miei vent’anni in poi. Sempre mi trascina l’entusiasmo di questi strumentisti, tipico in verità d’ogni orchestra italiana: la stessa euforia che muove i bambini al gioco. Esuberante è pure il concerto che proponiamo, messo insieme per far felici gli ascoltatori.
Grieg, per dire, è un capolavoro squisito suonato meno di quanto meriterebbe. E Lewis, che è stato mio compagno di scuola, lo fa con discrezione, intelligenza, nobiltà».
Siete stati anche compari di marachelle?
«Macché. Per lui non esisteva che il piano».
Invece lei andava pazzo per il volo.
«Sì. Adesso sono pilota di linea per Air France. Avrei dovuto cominciare prima della pandemia».
Quanto conta di mantenere questo impiego?
«Fino alla pensione. Alternerò con regolarità voli e podio. D’altronde sono un pilota fortunato».
Perché fortunato?
«A lavorare per un’azienda che ha ricevuto un enorme sostegno dal governo per sopravvivere alla diminuzione della propria attivitàdurante la pandemia. Quest’estate sarà una sfida per tutti, perché dovrà essere rimodulato il lavoro sulla ripresa del traffico aereo. Vedo che inalcuni Paesi, compreso il mio, la situazione è stata gestita meno bene e con condizioni ancora più difficili per i dipendenti».
A chi teme di volare, cosa suggerirebbe per far passare la paura?
«Bisogna pensare che, ascensori a parte, nessun mezzo di trasporto è più sicuro dell’aereo. E poi si deve pensare a Leonardo da Vinci».
A Leonardo?
«A quanto tempo ha trascorso in qualche landa desolata, sognando di riuscire ad alzarsi in cielo con le sue macchine volanti. Come sarebbe contento, oggi, di poter sedere accanto a noi su un aereo».
E quali consigli per chi ha paura della musica classica?
«Bisogna essere sinceri: la classica è una sfida, si basa su una sintassi non elementare, quindi stimola il pensiero. Del resto, che gusto ci sarebbe a perder tempo ad ascoltarla, se fosse un gioco da ragazzi?».
Lei ha cominciato a dirigere da adolescente. Già maturo, però, si è accorto di aver bisogno di una revisione tecnica e si è affidato a un coach, Mark Stringer, allievo di Bernstein. Duro, da star, tornare alla condizione di studente?
«Anzi fantastico. Nessuna vergogna.
Qualcuno ti osserva per aiutarti a migliorare. Perché più ti senti a tuo agio con te stesso, meglio funziona il tuo lavoro. Gli sportivi lo sanno bene.
Non ha un coach pure Federer?».
Uno dei grandi direttori del presente, il russo Valerij Gergiev, è estromesso dalle sale da concerto a causa della contiguità con Putin.
Reputa giusto, in questa guerra, sanzionare anche gli artisti?
«Noi dobbiamo considerarci molto fortunati a vivere in nazioni libere, dove non ci è chiesto ogni momento di esprimere opinioni politiche, e quando lo si fa non si ha paura delle conseguenze che può provocarci quel che si dice. Perciò non mi permetto di giudicare l’operato di chi vive sotto una dittatura, né credo che l’essere compromesso con un regim e diminuisca la statura di un artista: non sempre l’eccellenza nell’arte va di pari passo con lo spessore morale di un individuo. I Paesi democratici devono essere molto chiari sulla posizione da assumere verso l’inaccettabile aggressione all’Ucraina. Perciò comprendo le ragioni per cui alcuni musicisti devono rimanere lontani dalle sale da concerto occidentali».