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 2022  giugno 15 Mercoledì calendario

Avana, i broker del mercato nero

Il cellulare squilla poco dopo l’alba. «Svegliati», dice il nostro contatto con il timbro allegro e lamentoso che hanno sempre i cubani, «oggi è il giorno dell’euro, il tasso di cambio è salito ancora». Ernesto è giovane, fa parte dei Millennials. La generazione più attiva nell’isola del Che e di Fidel, lontana dalla Revolución che ha imparato sui libri di scuola più che per strada. Anche lui come tanti vorrebbe partire. Pensa sempre all’America. Ma preferisce restare: il web ha sfatato il mito della terra promessa. Nell’attesa è meglio rimanere e sfruttare il momento. Inventarsi un mestiere, trasformarti qui in quello che sognavi di fare altrove. Il cambista, per esempio. Un broker del mercato nero.
Allora via, ti alzi, addenti un panino come fanno i cubani a colazione e dai uno sguardo alle vetrine dei negozietti privati, i vecchi cuentapropistas nati come la grande riforma che apriva ai privati oggi trasformati in Mipimes, acronimo che sta per piccole e medie imprese. Vedi i nuovi prodotti, studi i prezzi, cosa sale e cosa scende. È la Borsa parallela, l’ago della bussola che indica la rotta della vita, il cuore che pulsa tra le vene di Cuba. Quella che nessuno vede ma che tutti conoscono.
La Wall Street de L’Avana si trova su Calle Neptuno, l’arteria che attraversa Habana Centro, battuta daicolectivos ricavati dalle auto d’epoca e da un fiume di persone che si inventa di tutto per sbarcare il lunario. La folla si concentra davanti ai negozi creati dallo Stato dove si trovano i prodotti che mancano in quelli popolari. Prodotti di qualità. Cari, ma essenziali. C’è gente che fa la fila dalla sera prima. La merce finisce in fretta, corri il rischio che quando arriva il tuo turno resti a mani vuote. Così le famiglie si danno il cambio; qualcuno ne approfitta per vendersi il posto o per passare ad altri la lista degli acquisti. Si paga solo con carta di credito e in moneta straniera. Te la rilascia la banca dove accendi un conto specifico in euro. Il dollaro è ormai bandito. Perché vale meno e perché i milioni di biglietti verdi accumulati in pandemia servono per ripianare gli investimenti fatti per trovare due vaccini anti Covid.
Trionfa l’euro, più stabile e più reperibile tra le rimesse che arrivano da chi si trova all’estero e ogni mese spedisce a casa. Ma qui scatta la trappola: il cambio è quello ufficiale. È rimasto invariato: 24 pesos per 1 euro. Ci perdi cinque volte: per strada riesci a ottenere fino a 110 Cup, l’unico conio rimasto dopo la riforma che ha mandato in soffitta il vecchio Cuc, ilpeso convertible che creava disparità tra cubani e stranieri.
La grande riforma pensata per ridare ossigeno a un’economia asfittica non ha però fatto i conti con la realtà. Sbagliata la tempistica: in piena pandemia, tutti in casa, le frontiere chiuse, senza turismo. Rilanciare il pil si è rivelato impossibile. Nessuno vedeva la tempesta perfetta che si stagliava all’orizzonte: un misto tra la ripresa più lenta del previsto e l’arrivo dell’inflazione. Ci mancava la guerra in Ucraina, con le sanzioni a Mosca, il blocco energetico, il divieto di sorvolo su Europa e Usa. La vacanza a Cuba è diventata proibitiva. I turisti russi che avevano datoossigeno e ora sono spariti.
Ernesto è già in piena attività. Bussiamo alla porta rafforzata dalle grate che si affaccia sulla strada. Ci apre la moglie, Yamila. È lei a segnare tutto su un quaderno mentre il marito maneggia il denaro. Uno sguardo al cellulare dove un’app segna gli indici del momento. Devi essere fortunato. Tre giorni fa era 80 pesos ogni euro; stamani è salito a 120. Usciamo per strada. Cerchiamouno dei tanti negozi dove si compra in euro. File ovunque. Molti protestano, ci sono i furbi che saltano il turno. E poi c’è sempre il rischio di restare a bocca asciutta. Per tutta Habana Centro sono sorti piccoli negozi e bar privati, gestiti in proprio, che offrono gli stessi prodotti. Si paga in peso e ovviamente i prezzi sono triplicati. Decine di migliaia di persone campano grazie a questo meccanismo perverso. La cacciaall’euro diventa una necessità. È l’investimento iniziale: compro al tasso ufficiale, rivendo a quello parallelo. Non mi arricchisco. Sfamo la famiglia. La libreta nacional, la tesserache lo Stato garantisce a tutti, si consuma in dieci giorni. Devi attendere il tuo turno, prendere la quantità stabilita, per una qualità non sempre garantita.
Nel girone infernale che scandisce la tua giornata ti affidi a quello che trovi. Ogni ragazza, anche giovane, ha già figli. Spesso è costretta prostituirsi. È sempre stato così ma oggi è più diffuso. C’è una bomba sociale che rischia di esplodere a Cuba. Il governo lo sa. Finora ha frenato la rivolta. In modo selettivo. Con arresti e condanne. Ma il disagio è sempre più vasto. La gente ha fame, come accade nella parte più povera del mondo. Cuba compresa. Per il cibo si fa di tutto. Oggi lo trovi solo se hai moneta straniera. I prezzi sono saliti alle stelle mentre lo stipendio medio è rimasto a 4 mila pesos, 160 euro al cambio ufficiale. Che diventano 17.600 peso in quello parallelo. «Questa è la nuova Cuba», sbuffa Ernesto mentre chatta al cellulare, «Il tempo è denaro. Meglio insistere oggi, domani il tasso può crollare».