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 2022  giugno 15 Mercoledì calendario

Alla ricerca del M5s

MILANO – Un’altra infornata di nomine, stavolta sono i nomi dei referenti territoriali, in media uno per regione; e poi l’annuncio di voler mettere la parola fine, con un voto online, al dilemma che da anni ormai affligge la comunità politica dei 5 Stelle: abrogare o meno la regola aurea del limite dei due mandati elettivi? La risposta di Giuseppe Conte al flop di queste elezioni amministrative, con il M5S che secondo YouTrend si attesta sul 2,9 per cento nei 26 capoluoghi, è di rilanciare e anzi alzare la posta, internamente e non solo. Perché ribadisce con maggiore chiarezza ciò che aveva raccontato due giorni fa a caldo dopo la batosta, sul fatto che nel suo tour elettorale aveva «toccato con mano la richiesta del nostro elettorato di uscire da questo governo. Noi però ci siamo entrati per non abbandonare gli italiani e non ce la sentiamo nemmeno di farlo ora». Dopodiché «nessuno ci dica di stare zitti e buoni, non accetteremo la sospensione della dialettica politica». Il messaggio è chiaro: la linea del Movimento tenuta finora, spesso di aperta contestazione delle scelte dell’esecutivo di Mario Draghi, non cambierà.
L’ex presidente del Consiglio, che ormai da oltre un anno con qualche incidente di percorso interno guida i 5 Stelle, annunciando il varo ufficiale della cosiddetta “fase due” ha però esaurito il credito che Beppe Grillo e i colonnelli gli hanno finora concesso. Magri risultati alle elezioni nelle grandi città lo scorso autunno, altrettanto magri adesso, sondaggi che certificano un costante calo a livello nazionale: ora con il completamento organizzativo della struttura del partito il nuovo M5S è cosa fatta. Resta in ballo la questione giudiziaria al tribunale di Napoli rispetto alla legittimità delle votazioni che lo hanno eletto presidente del partito, e lì il responso è atteso a breve («controllo quattro-cinque volte al giorno se è stata depositata la sentenza», confessa l’avvocato Lorenzo Borrè, il grande accusatore sul piano politico-legale del nuovo corso). E poi come detto c’è la faccenda dei due mandati, che in realtà non è chiarissima: «È giusto che su questo passaggio identitario siano tutti gli iscritti a potersi esprimere. Andiamo a toccare nel vivo la storia del M5S di ieri, oggi e domani. Non mi esprimerò a favore di un esito o di un altro», le sue parole. Il punto però è come verrà posto il quesito, se semplicemente si chiederà alla base di rimuovere il tetto, o magari di innalzarlo a tre. Con una domanda secca? Ovvero un “sì” o un “no”, e se vincesse la seconda opzione – ipotesi più probabile – significherebbe lamannaia per tutti i big, senza la possibilità di deroghe, che poi era l’opzione più gettonata e di mediazione: da Luigi Di Maio a Roberto Fico, da Paola Taverna (oggi vicepresidente vicaria) a Vito Crimi, tutti a casa. Di sicuro l’argomento è di quelli che scaldano gli animi nella pattuglia parlamentare, sia tra chi è al primo mandato e quindi spera che resti il tetto per avere più chance di rielezione, sia nella vecchia guardia che confida(va) nel ripescaggio. «La politica non può div entare un mestiere», ricorda Conte, e in fondo è già di per sé l’espressione di un orientamento personale, condiviso con Grillo.
ARepubblica comunque il presidente della Camera assicura che adesso «continueremo a lavorare duramente, perché la politica impone impegno e sacrificio. I risultati arriveranno, il nuovo corso è appena iniziato». Fico in questi mesi è stato una garanzia per Conte, il ruolo istituzionale lo ha allontanato dalle dinamiche di partito, ma non ha mai fatto mancare il proprio appoggio al presidente. Mentre Di Maio, che in questi giorni si trova in missione in Africa e si è ben guardato dal commentare i risultati, da quando è cominciata la guerra in Ucraina ha deciso di interrompere l’operazione di logoramento interno. Frenando anche coloro che nei gruppi di Camera e Senato speravano in una specie di ribaltone interno. Una situazione di calma apparente e allora d’ora in poi per Conte non ci saranno più scuse.