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 2022  giugno 14 Martedì calendario

I cereali, ovvero diversi modi di guardare il mondo

I campi di cereali a metà giugno ci parlano. Dicono diverse cose:



A parte la bellezza delle balle prismatiche/cilindriche, indorate dall’alba e capaci di trattenere la luce del tramonto: quando il sole va giù, le balle ne raccolgono l’eredità, sono come piccoli soli che ci sorridono.


A parte che quella paglia (se ben conservata, se protetta dall’acqua) tornerà a noi, interrata, e diventerà materia organica.


A parte che i fusti dei cereali sono composti da cellulosa e lignina in primis e da cere, minerali e silicati, elementi che si decompongono lentamente, e che quindi possono integrare il foraggio, fare da lettiera al letame, essere intrecciati per innervare sedie, cappelli e borse o decorare gioiosamente addobbi natalizi.


A parte tutto questo: i cereali nutrono il mondo. Sì, grano tenero, grano duro, orzo, avena, riso, miglio, segale e farro, a cui aggiungiamo l’altra famiglia, quella del mais   (anche i campi di mais hanno la loro bellezza, quel materiale verde, culmi e foglie efficacissimo nel processo fotosintetico, bagnati dall’acqua degli irrigatori) loro nutrono il mondo.


Infatti la loro assenza si sente, eccome, può buttare nello sconforto chi ne è colpito. E i cereali possono diventare arma di ricatto in mano a dittatori insensibili alla bellezza - che lo sappiamo si produce dando un senso (per quanto è possibile) al disordine oltre che sfamando gli affamati e combattendo la fame fonte disconforto e malattie varie.


I cereali poi fanno parte del mito. La loro importanza era quasi ovvia per gli antichi mentre purtroppo i contemporanei li snobbano (a forza di accedere al virtuale e immaginare il metaverso sottovalutano la necessità della terra, la sua durezza, l’asprezza, le contraddizioni che essa porta da sempre con sé).


E se certo, li vogliamo tutti a colazione, spesso ignoriamo il processo, le difficoltà con le quali li produciamo e l’impegno, la cultura degli uomini che sanno come fare per rimetterli in circolo: Libertà l’ho vista dormire nei campi coltivati, cantava De Andrè Guadagniamoci la libertà, coltiviamo la terra, rendiamola migliore, parliamo allora dei cereali.


È vero, nel 2021 si è registrato un calo delle superfici destinate a coltivazioni cerealicole rispetto all’annata agraria precedente (-2,5 punti percentuali), però i cereali sono ancora il 43,9% dei seminativi – poi ci sono gli erbai e i pascoli temporanei (35,4%).


Vediamo in dettaglio l’incidenza dei cereali nel 2021. Il Nord-ovest cresce (+0,6 punti percentuali), simile a quella delle Isole ma inferiore a quella messa a segno dal Sud (+3,3 punti percentuali). Il Nord-est diminuisce (-0,7 punti percentuali) così come il Centro (-2,4 punti percentuali).


E per quanto riguarda la distribuzione territoriale delle superfici investite a cereali? Il Sud ricopre una posizione di primo piano con il 30,2% del totale delle superfici (30,3% nel 2020). La Puglia soprattutto conferma il primato delle superfici cerealicole sul totale nazionale (13,7%), ciononostante al Sud si prevede il maggiore calo in termini relativi sul totale nazionale per la nuova annata agraria 2021-2022 (-1,7 punti percentuali).


Il Nord-ovest rappresenta il 22,9% sul totale delle superfici cerealicole nel Paese.


Per il 2022? Stessi numeri del 2021.


Se tuttavia, per l’annata agraria 2021-2022 il frumento duro e il frumento tenero non mostrano variazioni significative del loro peso sul totale delle superfici cerealicole, le previsioni di semina indicano una riduzione delle superfici maidicole (-0,8 punti percentuali) dovuta a una serie di fattori concomitanti (contrazione dei prezzi, elevati costi fissi e un maggiore rischio sanitario), e un aumento dell’incidenza delle superfici coltivate a orzo (+0,8 punti percentuali) che, oltre a essere destinato all’industria mangimistica trova un impiego crescente nel comparto del consumo umano, in particolare in quello della produzione del malto.