Avvenire, 14 giugno 2022
Londra avvia le deportazioni in Ruanda
Parte oggi dall’aeroporto di Gatwick, a sud di Londra, il primo volo di immigrati irregolari deportati dal governo britannico in Ruanda. Le persone pronte al decollo, uomini di età superiore ai 40 anni, arrivati illegalmente nel Regno Unito dopo il 1° gennaio 2022, sono però soltanto 11. Ad aprile, quando il piano di «delocalizzazione off shore» dei richiedenti asilo è stato presentato, il ministero dell’Interno britannico aveva stimato che il trasferimento avrebbe riguardato, per cominciare, 130 persone. L’abbattimento del numero dei migranti che verranno spediti al presidente ruandese Paul Kagame è il risultato (parziale) della battaglia condotta da due associazioni umanitarie – Care4Calais e Detention Action – che hanno contestato, uno ad uno, i casi finiti nella lista nera dell’Home Office. Tassello di un’azione legale più ampia, condotta con i sindacati che rappresentano i funzionari pubblici e gli agenti della polizia di frontiera, che non ha avuto il successo sperato: dimostrare in tribunale che la trovata ideata dalla pasionaria brexiter Priti Patel, titolare dell’Interno di origine indiana, non era conforme alle convenzioni internazionali sulla tutela dei rifugiati.
Il tribunale di appello, ieri, ha confermato la sentenza con cui, venerdì scorso, l’Alta Corte di Londra ha chiarito che l’iniziativa del governo è, invece, legittima. La partita in punta di diritto è però ancora aperta. Il giudice, Rabinder Singh, ha precisato che l’interesse sollevato dalla questione nell’opinione pubblica richiede un ulteriore approfondimento giuridico da compiere entro luglio. Il volo speciale per il Ruanda, intanto, può partire. La lotta all’immigrazione illegale ha rappresentato, insieme alla Brexit, uno dei cavalli di battaglia dell’esecutivo di Boris Johnson. Vessilli tornati a essere sbandierati con un certo vigore nel momento più delicato della sua leadership, sottolineano alcuni, sopravvissuta la scorsa settimana al voto di sfi- ducia del partito ma ancora molto debole. L’idea di «parcheggiare» i migranti in un Paese terzo come il Ruanda, a più di seimila chilometri di distanza da Londra, in attesa che il governo decida se concedergli o meno lo status di rifugiato ha agitato non poco il dibattito nazionale.
Nella gran parte dei casi si tratta di disperati, sbarcati sulle coste del Kent dopo una rischiosa traversata nel Canale della Manica a bordo di piccole imbarcazioni, che vedono nell’approdo Oltremanica la fine di un viaggio cominciato chissà dove – per esempio in Iran, Iraq, Afghanistan, Eritrea o Sudan – per fuggire a guerra e miseria. La trovata è stata infatti osteggiata con determinazione da una parte dello stesso partito conservatore, oltre che dall’opposizione laburista, dalle autorità ecclesiali e dall’agenzia Onu per i rifugiati. Sabato scorso il
Times ha attribuito al principe Carlo, futuro erede al trono, il giudizio di Buckingham Palace sul progetto – «raccapricciante», è stato detto – che pure essendo stato smentito tradisce un certo disappunto. Il premier Johnson è convinto, lo ha ribadito anche ieri, che la misura «fermerà le bande criminali» che lucrano sul traffico di esseri umani perché i migranti saranno scoraggiati dal tentare la traversata. Nemmeno l’ex presidente statunitense Donald Trump, lo ricordiamo, era però mai arrivato a tanto. A far discutere, tuttavia, non è solo la durezza dell’approccio. A molti non piace nemmeno che il premier Johnson abbia stretto un accordo con un personaggio controverso come Kagame, additato dalle associazioni non proprio come un paladino dei diritti umani, versandogli come acconto per la collaborazione 120 milioni di sterline. Secondo il Telegraph all’affare è interessato anche lo Zambia.