il Fatto Quotidiano, 14 giugno 2022
L’Esercito si è beccato la “febbre da cavallo”
La prossima tappa è a Cervia (Ravenna), 17-19 giugno, salto ostacoli e altre specialità. Dal Centro militare di equitazione di Montelibretti, immensa tenuta alle porte di Roma, secondo l’ordine del comandante partiranno cinque cavalli, tre dell’Esercito e due privati, tutti su un van dell’Esercito che paga anche il pernottamento ai quattro cavalieri, un ufficiale e tre caporalmaggiori. Eppure i quattro non sono fra i dieci militari inquadrati come atleti nel settore equitazione, metà dei quali peraltro fanno riferimento a scuderie private come il più noto, Alberto Zorzi. Sono ottimi dilettanti e la loro attività “non comporta alcun onere per l’A.D”, l’amministrazione della Difesa appunto, come si legge nella Direttiva sulle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dall’Esercito (numero 9002, anno 2017).
Viaggiano parecchio, i cavalieri e le amazzoni dilettanti in divisa. Fanno anche 5-6 concorsi l’anno e spesso vincono, a volte contro giovanissimi in gare di paese, alla faccia della cavalleria. La Difesa paga parte dei costi e loro incassano i premi: un’abile amazzone, nel 2021, ha messo insieme oltre 18 mila euro di premi, come si legge nella sua scheda sul sito della Fise, la Federazione sport equestri del Coni. “Certe gare, le più facili, le chiamano gare bancomat, ma sono poche centinaia di euro”, racconta un militare. Il comando paga a diversi “non atleti” l’iscrizione alla Fise e le patenti per montare, circa 11 mila euro nel 2021 contro 4 mila nel 2017. “È legittimo se gareggiano in divisa”, dicono in ambienti militari. Abbiamo chiesto invano allo Stato maggiore dell’Esercito di un’eventuale norma in questo senso, ma anche ammettendo che sia tutto legale cosa c’entra con la difesa della Patria e con le forze armate che reclamano il 2% del Pil? Qui non parliamo delle Olimpiadi, da cui l’Italia sarebbe esclusa in molte discipline senza i Gruppi sportivi delle forze armate e di polizia, ma solo di attività sportiva. Del resto si dice “passare in cavalleria” di “cosa prestata e non restituita” (Treccani) e l’espressione risale all’aristocratica e poco nobile preminenza delle milizie a cavallo sulla plebe di fanteria.
Il Centro militare di equitazione (Cme) custodisce la tradizione equestre dei fratelli Raimondo e Piero D’Inzeo, oro e argento alle Olimpiadi di Roma 1960. “Allora però i premi non andavano tutti in tasca ai cavalieri”, ricorda un ufficiale. Sono 540 ettari, se fosse un quadrato avrebbe un lato di quasi 2,5 chilometri; un gran bel posto secondo il sottosegretario M5S alla Difesa, Angelo Tofalo, il cui racconto con tanto di cavalcata è sul web. Secondo le nostre fonti costa 300 mila euro l’anno solo di luce e acqua e quasi 2 milioni per la manutenzione, dagli edifici alla rasatura dei prati, più gli stipendi di circa 200 militari al comando del colonnello Carlo Colaneri, destinato a un incarico più importante nel settore sportivo dell’Esercito.
A Montelibretti non c’è nemmeno un reggimento a cavallo, i Lancieri di Montebello stanno sulla via Flaminia a Roma. Al Cme fanno l’ippoterapia, le esercitazioni per gli allievi dell’Accademia, in passato – raccontano – si addestrarono lì i paracadutisti incursori del Col Moschin per affrontare a cavallo alcune zone impervie dell’Afghanistan, c’è poi un’area per il collaudo dei veicoli e un’officina in disuso; si parla di 900 mila euro per una scuola di mascalcia (maniscalchi) e c’è un cospicuo finanziamento per la fisioterapia. Le scuderie ospitano 100 cavalli dell’Esercito e 20 di privati, per lo più militari (o ex) iscritti alla potente Associazione nazionale arma di cavalleria (Anac): secondo fonti interne pagano circa 200 euro al mese, meno che altrove. E poi, se riescono a vendere bene i cavalli addestrati dai tecnici del Cme e magari vittoriosi nei concorsi, incassano migliaia se non decine di migliaia di euro. Lo Stato maggiore dell’Esercito, interpellato su ogni dato qui riportato, conferma solo i 540 ettari e non smentisce nulla, né ci autorizza a incontrare il comandante.
È anche sede di concorsi equestri, il Cme, in forza della convenzione con l’Anac: in Internet si trovano i filmati girati da un drone, chissà se dell’Esercito o dell’Assocavalleria. “Partecipano e assistono fino a 1.500 persone, c’è un’area campeggio”, spiega un militare. Abbiamo visto ordini di servizio, a firma Colaneri, di questo tenore: “Esercitazione – Concorso internazionale di equitazione Categorie CcI1 Intro… Montelibretti 23-28 febbraio 2021… Forze nemiche: Nihil. Forze amiche: Anac, responsabile dell’organizzazione, si fa carico di tutte le spese… Fei (Federazione equestre internazionale, ndr)”. Segue l’elenco di decine di militari e i relativi incarichi – dalla “Sicurezza” al “Cerimoniale”, dallo “Speaker” al “Giudice agli ostacoli” e al “Servizio fotografico” – ai fini del Compenso forfettario di impiego (Cfi) dovuto per le esercitazioni. Lo paga la Difesa, non l’Anac. “Un concorso può costare 40-50 mila euro di Cfi”, dicono fonti interne.
A sentire chi ci lavora succede di tutto a Montelibretti. “Militari in ferma breve, ricattabili, costretti a spalare la merda dei cavalli e a servire come camerieri e baristi, pagati 80 euro in nero dall’Anac. Scontrini? Zero. Una signora ha lavorato per anni, in nero, al circolo ufficiali di Villa Comando”, raccontano. E ancora: “Ho visto maltrattamenti dei cavalli con il cosiddetto sbarramento: due militari sollevano la sbarra mentre l’animale salta, colpendolo con forza, così quello si disorienta e tende a saltare ogni ostacolo con il massimo della forza, logorandosi prima del tempo”. Pratica vietata, naturalmente, di cui però non ci sono prove. Come per le voci sui cavalli dopati.
Ce ne sono invece per le irregolarità dell’Agenzia foraggi che provvede ai mangimi per i cavalli: una relazione del 2021 ne sollecitava la chiusura. Un appunto a firma di un sottufficiale, visionato dal Fatto, riferisce di una riunione del 25 maggio 2021 al Circolo delle Lance, fra Colaneri e una decina tra ufficiali e sottufficiali, in cui si sarebbe parlato di “problemi di natura organizzativa… e delle possibili ripercussioni sia a livello amministrativo che penale”; un ufficiale veterinario “ha fatto notare che non è possibile – si legge nell’appunto – che nell’area in cui viene allestito il camping con i vari caravan, limitrofi alle scuderie, non ci sia un rubinetto con l’acqua potabile…” e segnalato “il contenitore scarrabile per il letame troppo vicino”; si è parlato anche del “bar che non rilascia mai scontrini”, su cui il comandante “ha chiesto di intervenire”. Forse qualcuno, da allora, è intervenuto. Intanto però indaga la Procura militare di Roma sulla base di esposti anonimi.