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 2022  giugno 13 Lunedì calendario

Dal caro benzina al caro zuppa. L’inflazione negli Usa

Dalla zuppa in barattolo Campbell cara al pittore Andy Warhol, fino agli hamburger di Mc-Donald’s e alle salse di Heinz, cari al resto degli americani, non c’è un genere alimentare che si sia salvato dal vertiginoso aumento dei prezzi negli Usa. Secondo i dati pubblicati venerdì dal dipartimento al Lavoro, a maggio sono saliti dell’11,9% nei supermercati e del 7,4% nei ristoranti. In larga parte a causa del balzo del petrolio, e quindi della benzina, indispensabili per far arrivare i beni ai consumatori. L’effetto è un aumento immediato della pressione sulla Federal Reserve, che mercoledì deciderà come rispondere.
Le incognite sono due: se dopodomani la Fed si limiterà – come previsto – ad alzare i tassi solo di mezzo punto, oppure salirà a 0,75; e se dopo si accontenterà di ritoccare ancora il costo del denaro soltanto a luglio, oppure estenderà i rialzi all’autunno. Di sicuro c’è che l’aumento dei prezzi, a partire dalla benzina arrivata alla media di 5 dollari al gallone, rafforza la pressione sul presidente Powell e i suoi colleghi, perché dalle loro decisioni dipenderà la possibilità di frenare l’inflazione evitando la recessione, e quindi l’esito delle elezioni midterm di novembre, e forse delle presidenziali del 2024.
Il consenso è che i sussidi troppo generosi elargiti dal governo per contrastare la crisi del Covid, uniti a fattori contingenti come gli imbuti della supply chain, il raddoppio del prezzo del petrolio, e ora la guerra in Ucraina, hanno generato l’impennata dell’inflazione all’8,6% su base annuale. La banca centrale Usa è stata lenta a rispondere e adesso è costretta a rincorrere. Domani inizierà la due giorni di riunione del Federal Open Market Committee, che si concluderà mercoledì con un nuovo aumento dei tassi. In originedoveva essere di mezzo punto, ma dopo il dato più negativo del previsto dell’inflazione pubblicato giovedì scorso, non manca chi pronostica lo 0,75%. Ancora più importante il linguaggio che sarà usato per preparare mercati, imprese e cittadini alle prossime mosse. Finora la Fed aveva segnalato l’intenzione di alzare i tassi di mezzo punto a giugno e luglio, ma la vice presidente Brainard ha già avvertito che sarà difficile evitare almeno un altro intervento a settembre. In base al “dot plot”, ossia le previsioni sull’andamento dei tassi, ci si aspettava che per la fine dell’anno il costo del denaro sarebbe aumentato dell’1,875%, mentre ora dovrebbe salire del 2,625%. Però c’è chi scommette che si arriverà al 3,1%.
Molto discende dal costo del petrolio, che venerdì è arrivato a 120 dollari al barile, ossia il doppio di dicembre. La benzina è salita a 5 dollari al gallone, un record, con tutte le conseguenze sugli altri prezzi, a partire dagli alimentari.
L’aumento del greggio era in corso da tempo, per la ripresa della domanda dopo il Covid e per questioni strutturali di lungo termine, come la riduzione degli investimenti nelle raffinerie determinata dalla transizione verso le auto elettriche, e l’abbandono di progetti come l’oleodotto dal Canada al Golfo per motivi ambientalisti. Gli Usa restano il primo produttore mondiale, ma la capacità di raffinare benzina è calata di 900mila barili al giorno dal 2019. Carenza destinata ad aumentare per la guerra in Ucraina e il bando del petrolio russo. Il presidente Biden ha rilasciato diversi milioni di barili dalle riserve strategiche e ha accusato le compagnie energetiche di speculare, ma senza riuscire a calmierare i prezzi. A luglio andrà in Arabia per convincere i sauditi ad aumentare ancora la produzione e isolare Putin, ma ha bisogno di risultati immediati per salvare i democratici dalla sconfitta elettoralea novembre.