Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  giugno 12 Domenica calendario

Mai dire «chief» negli Usa

Mai dire «chief», perché il termine «chief», che indicava il capo-tribù degli indiani d’America (precisamente il «chieftain»), ha acquisito nell’uso (anche) una connotazione dispregiativa di carattere etnico relativa ai nativi. Per questo lo Unified School District di San Francisco ha deciso di eliminare la qualifica: non esistono più il «chief administrative officer», cioè l’«amministratore-capo cittadino», né il «chief financial officer», cioè l’«ufficiale-capo finanziario»... In attesa di comunicare come si chiameranno i tredici «chief qualcosa» del settore scolastico, le autorità californiane hanno comunque ratificato la cancellazione, precisando che per gli interessati non si tratta di declassamento. Meglio niente, però, che urtare la sensibilità delle minoranze già così provate dalla storia. Si vedrà come rimediare al vuoto terminologico, ma intanto si potrebbe scegliere un neutralissimo «bip», di quelli che si usano in tv per oscurare una parolaccia. Dunque, il «bip financial officer» e il «bip administrative officer»... E non è detto che il ceo, l’equivalente dell’amministratore delegato italiano, non possa presto diventare il «beo», ovvero il «bip executive officer». Poco importa che la parola «chief», mutuata dal francese «chef», per la maggioranza degli anglofoni abbia inondato l’Amministrazione pubblica e le amministrazioni private: rimane la «macchia» etnica originaria (ma sarà davvero originaria?). E per cancellare la macchia niente di meglio che buttar via il bambino (la parola) con l’acqua calda, immaginando in tal modo di ripulire etnicamente il vocabolario con tutta la sua cattiva coscienza. Così, per ristabilire un po’ di giustizia razziale si sono ribattezzate le scuole intitolate agli «schiavisti» Washington e a Lincoln, immaginando di purificare la storia politica. Così, per evitare le obiezioni islamiche si è optato nelle traduzioni per il taglio dei versi danteschi che riguardano Maometto seminatore di discordia. Così, per aggirare il sospetto di misoginia la stazione sciistica Squaw Valley nella Sierra Nevada avrà un altro nome. Andando avanti di questo passo potremo vantare fieramente un vocabolario moralizzato, una storiografia moralizzata, una letteratura moralizzata e vivremo felici e contenti. O no? No, perché la vita, quella che scorre sotto i nostri occhi e in cui siamo coinvolti ogni giorno, ha ben poco di moralmente o politicamente corretto. Ma pazienza. Si vedrà fra cent’anni con quanti «bip» raccontare le carneficine in Afghanistan, nello Yemen, in Ucraina, il surriscaldamento globale, i naufragi... Evviva il senno del poi, anzi il senno del bip.