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 2022  giugno 11 Sabato calendario

Intervista a Giulio Macaione, vincitore del torneo di Robinson

Giulio Macaione è il signore di 38 anni, alto un metro e ottanta e con una bella barbetta nera, che ha vinto la gara tra i graphic novel. Ne abbiamo parlato la settimana scorsa.Titolo del graphic primo arrivato: Scirocco. Editore: Bao. Tre storie intrecciate, quella di Mia, decisa a diventare ballerina classica, di Gianni, irrequieto omosessuale padre di Mia, e di Elsa, nonna di Mia, madre di Gianni, malata di cancro, che decide di non curarsi quando il tumore si ripresenta.
La vicenda di Elsa è ispirata a quella di una persona molto cara a Macaione, quasi una seconda madre per lui, che fu amica sua dai tempi di scuola. I personaggi diScirocco rispettano la scelta definitiva di Elsa, e allo stesso modo Macaione, a suo tempo, rispettò la scelta dell’amica, che aveva 53 anni, era una bella signora per niente somigliante a Elsa, e «disegnare questo libro mi è servito per elaborare la sua perdita».
Tu, in Scirocco, sei Gianni.
«No, sono piuttosto Mia. Le cose che dice Mia sono quelle che dicevo io quando insistevo nel dire ai miei che volevo campare di fumetti. Avevo più o meno undici anni, i miei non ci potevano credere. Mi fecero fare un anno di liceo classico, poi si rassegnarono all’Istituto d’arte».
È stato più difficile convincerli alla vocazione del fumetto o rivelargli che eri omosessuale?
«Oh, più difficile il fumetto. Sulla mia omosessualità… beh, mamma l’aveva abbastanza capito da sé e non ne fece una malattia. Lo disse lei a papà. Papàè un uomo di poche parole, mi portò al mare. «Possibile che Ylenia…». Ma no, Ylenia è solo una cara amica».
Al contrario, tu sei unsentimentale.
«Dici?»
Beh, Scirocco è tutta una cosa di sentimenti. Anche il tuo precedente, “Basilicò”. Madre e figli, il colpo di scena che riguarda il padre, eccetera. “F***ing Sakura” è la storia di una coppia che si separa appena arrivata in Giappone. Lui da una parte, lei dall’altra. Due Giapponi.
«Sì, adesso la Panini ne fa un cofanetto che raccoglie i due volumi».
Pubblichi con la Panini e anche con Bao?
«Sì, tra noi fumettari, su questo, non c’è problema. Nessuno pretende nulla, niente esclusive, niente gelosie. È una vita non troppo semplice, non è che si diventa ricchi».
Il mercato è cresciuto nettamente con la pandemia.
«Non solo il mercato dei fumetti, anche quello dei libri. C’è una domanda di lettura».
Tu dici volentieri “fumetto” invece di “graphic novel”.
«Io sono un “fumettista”, o se vuoi un “fumettaro”, e le storie che scrivo sono “fumetti” e i negozi dove si vendono i “fumetti” sono “fumetterie” anche se le librerie di varia stanno dando sempre più spazio alla Nona Arte. Quando mio marito Federico, che è un manager, èstato trasferito in America, siamo andati a vivere a Cincinnati, nell’Ohio. Bellissima città. La fumetteria stava al di là del ponte, e però al di là del ponte era Kentucky.
Negli Stati Uniti i fumetti escono il mercoledì, quindi ogni settimana io andavo a piedi in Kentucky a comprare le novità. “Graphic novel”, o “romanzo a fumetti”, indica semplicemente un formato di pubblicazione con storie auto conclusive, non seriali periodici. Poi credo che in Italia il fumetto soffra un po’ di un certo complesso di inferiorità».
Vuoi dire: il mondo dei fumetti non vorrebbe essere considerato un’arte minore o inferiore.
«L’espressione “graphic novel” sembra dargli importanza. Questo problema, di massima taciuto, esiste.
Il prevalere di un’espressione come “graphic novel” sul più semplice “fumetto” spiega forse anche una certa evoluzione delle storie disegnate».
Tu sai, perché te l’ho detto appena entrato in questa casa, che di fumetti o graphic novel io so pochissimo. Quanto a fumetti, iosono rimasto a Topolino.
«Già, me l’hai detto».
Concordi sul fatto che Walt Disney è uno dei dieci grandi del Novecento?
«Eh, per forza. Ha creato una mitologia».
Come si arriva da Topolino allo Spiegelman di “Maus”?
«Perché a un certo punto, dal fumetto cosiddetto per bambini (Topolino) è partita una via che ha portato al fumetto per adulti.
Espressione ambigua con cui, in questo caso, non alludo al fumetto erotico ma, per esempio, al vecchio Nembo Kid o Superman, con l’identità segreta di Clark Kent, la kryptonite e il resto, al Corto Maltese di Hugo Pratt o alla Valentina di Crepax. Dal fumetto per adulti al romanzo disegnato non ci vuole molto. Il confronto con il romanzo scritto, il romanzo-romanzo, porta in molti a provare un piccolo sentimento di inferiorità. La cosa non mi riguarda, perché io sono orgogliosissimo di far fumetti e non chiedo altro alla vita. Ma il problema, o problemino, esiste».
Quindi?
«Quindi, una parte delle storie a disegni ha preso una certa strada.
Astrazioni, pagine dal significato non chiarissimo, che richiedono una lettura più impegnativa».
Non fai parte di questa corrente.
«No, di sicuro no».
Hai vinto per questo.
«Mah, non lo so».
La critica, una volta tanto chiamata in causa, è rimasta piuttosto allibita di fronte ai primi risultati. Non vincevano quelli che si pensava avrebbero vinto.
«Lo so, anche la critica inclina verso le tendenze all’apparenza più all’avanguardia, la sperimentazione, il segno carico di sapienza, ma almeno in parte oscuro. Guarda che non sto polemizzando, il mare è grande e c’è posto per tutti, anzi, gli esperimenti sono una buona cosa, alla fine ne beneficiamo tutti. Però, ammesso che il Torneo di Robinson abbia un significato, questo significato è abbastanza chiaro. Il pubblico vuole leggere, e vuole storie. È possibile che non abbia sempre ragione. È anche possibile che non tenerne mai conto sia un errore».
Macaione abita in una stradina del centro di Bologna dal nome assai significativo: via della Cartoleria. A me, che in disegno sono stato addirittura rimandato a settembre, la cartoleria pare tuttavia una specie di paradiso. Chiedo a Macaione notizie della sua cartoleria, di mostrarmi come disegna, di rifare davanti a me uno dei personaggi diScirocco.
Quanto tempo ci metti?
«Due minuti, direi. Al massimo tre». Casa minuscola, tenuta in ordineperfetto, senza un grano di polvere.
Balconcino sui tetti della città, piccolo corridoio che si allarga prima nella cucina e poi nello studiolo e sfocia infine nella camera da letto, dove è andato a nascondersi il gatto Zorba. Nello studiolo non c’è, come mi aspettavo, la sfilza di barattoli contenenti, ciascuno, uno stuolo di matite di ogni tipo, ma un computer attrezzato con un Cintiq 22 pollici da 2.700 euro che simula un foglio A3 e su cui gira un software da una settantina di euro che si chiama Clip Studio Paint. Macaione – come gli altri fumettari nel resto del mondo – vi agisce con una penna giapponese – una G-Pen – che intinge in certi quadratini sullo schermo capaci di modificare la punta della G-Pen e di trasformarla in uno strumento per spargere la china (una china, naturalmente, informatica) o addirittura in un pennello (brush-pen). Infinita la scelta dei colori e delle relative sfumature.
Il nostro campione in fumetteria mi regala i disegni con cui prende appunti su un taccuino di carta (come ho visto fare anche al grande Vincino). Ne vedete un campione in questa pagina. Non sarà male ricordare, in conclusione, che il nostro uomo ha esposto a Parigi e che è regolarmente tradotto, con notevole successo, in Francia e negli Stati Uniti. Vale a dire: i lettori di Robinson, alla fine, hanno mostrato di avere la vista lunga.