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 2022  giugno 11 Sabato calendario

Sergej Kirienko, il “viceré del Donbass”

Oramai lo chiamano “il viceré del Donbass”. Sergej Kirienko non è più solo il primo vice capo dell’amministrazione presidenziale, il più potente organo decisionale nella Federazione russa. È l’uomo che cura i rapporti con le Repubbliche separatiste di Donetsk e di Lugansk e con tutti i territori ucraini occupati – qui a Mosca dicono “liberati” – dalla Russia. Il fatto che Vladimir Putin abbia affidato quest’incarico proprio a lui, responsabile della politica interna del Cremlino, e lo abbia tolto a Dmitrij Kozak, a capo della cooperazione con le frontiere, non sarebbe un semplice rimpasto, né il sintomo che Kozak sia caduto in disgrazia. Si tratta piuttosto di un cambio di passo. Il segno che la Russia considera l’Est Ucraina una sua propaggine. E una conferma delle voci di imminente annessione.
Kirienko ha fama di liberale. Iniziò la sua carriera a Nizhnij Novgorod al fianco dell’allora governatore Boris Nemtsov, diventato poi capo emartire dell’opposizione. Fu proprio Nemtsov a portarlo con sé a Mosca e a sponsorizzarlo come ministro dell’Energia. Un anno dopo, era l’aprile 1998, Boris Eltsin lo nominò primo ministro. L’incarico a soli 35 anni in un Paese di gerontocrati gli fruttò il soprannome di “Kinder Sorpresa”. Ma il repentino crollo dei prezzi del petrolio lo costrinse a dichiarare il primo default nella storia russa e a dare le dimissioni in agosto. Dopo un’elezione vinta come deputato e una persa come sindaco di Mosca, Kirienko è stato prima inviato presidenziale plenipotenziario per il Volga e poi capo della potente agenzia nucleare Rosatom, finché nel 2016 Putin non lo ha voluto con sé al Cremlino. Molti si stupirono, ma in realtà era stato Kirienko, nella sua breve parentesi da premier, a nominare Putin a capo dell’Fsb, lanciandolo senza saperlo verso la presidenza. Negli ultimi sei anni Kirienko è stato perlopiù dietro le quinte.
Ha supervisionato le elezioni, comprese le miracolose presidenziali 2018, e formato una nuova élite di tecnocrati lanciando il concorso “Leader di Russia” per cittadini “under 50” con esperienza da manager.
Lo scorso aprile, però, il suo futuro come “zar della politica interna” sembrava a rischio, almeno stando al media online Meduza. Temendo la reazione alle urne degli elettori per i primi effetti delle sanzioni, il Consiglio di sicurezza nazionale e i servizi Fsb premevano per cancellare o quantomeno posticipare le elezioni dei governatori previste in settembre. Ma dalle crisi spesso nascono le opportunità. Kirienko ha “salvato” il voto, e il posto, convincendo Putin che annullare le elezioni avrebbe mandato al Paese il messaggio che qualcosa non andava. E ne ha approfittato anche per dire la sua su come gestire i nuovi territori occupati: «I loro residenti devono capire che la Russia non è arrivata temporaneamente, ma che è lì per rimanere». Quello che Putin voleva sentirsi dire. Da qui il nuovo incarico di responsabile dell’Est Ucraina.
I media statali hanno iniziato a scriverne a inizio maggio quando Kirienko partecipò all’inaugurazione di un monumento dedicato a “Babushka Anja” (la nonnina ucraina con la bandiera sovietica diventata un’icona) a Mariupol. Da allora l’ex premier sta promuovendo una “russificazione” a tappe forzate dei territori occupati incoraggiando l’insegnamento del russo, l’uso del rublo, il prefisso telefonico russo +7, il rilascio di passaporti e soprattutto attingendo al bacino del programma “Leader di Russia” per piazzare funzionari fedeli al Cremlino nelle nuove amministrazioni locali e anche per sostituire premier e ministri della Repubblica di Donetsk nel recente rimpasto. Kirienko è anche l’ideatore dei recenti gemellaggi tra Mosca e Donetsk e Lugansk, da una parte, e San Pietroburgo e Mariupol, dall’altra: di fatto un “patronato”per finanziare la ricostruzione e ingrossare i ranghi delle nuove amministrazioni.
Un tempo schivo, l’ex “Kinder Sorpresa” ha moltiplicato le sue apparizioni pubbliche. Nei giorni scorsi ha visitato per la prima volta Kherson e Melitopol. Parallelamente alla sua visita i nuovi amministratori filorussi dei territori occupati sono tornati a parlare di referendum sull’annessione a Mosca che potrebbero tenersi l’11 settembre, in concomitanza con l’elezione dei governatori. E lo stesso Kirienko ha parlato di “Scenario Crimea”. Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia dovrebbero poi fondersi in un nuovo distretto della Federazione russa. C’è anche chi sospetta che, benché non sembri avere grandi chance, Kirienko stia facendo tutto questo per accreditarsi come delfino di Putin con cui condivide l’amore per le arti marziali: «Non a caso è sempre sotto i riflettori e dice solo quello che il presidente vuole sentire».