ItaliaOggi, 11 giugno 2022
Scarsi i pomodori tedeschi
I pomodori in Germania sono bellissimi, ed io uso poco i superlativi, proibiti dal direttore quando ero agli esteri alla Stampa, il mitico Giulio De Benedetti concedeva persino gli aggettivi con parsimonia, due per articolo erano sintomo di sciatteria. I Tomaten nei supermercati brillano turgidi e tentatori. Al mercato dei turchi vengono esposti in composizioni artistiche degne di una natura morta fiamminga.
Ormai, dopo anni di esilio, riesco a resistere alla tentazione dei Tomaten. Quando li apri sono vuoti, la polpa sa di cartapesta. Fuori tema aggiungo che lo stesso avviene con i cocomeri, di cui sono goloso. Aperti sul bancone del fruttivendolo, quasi sempre turco, sembrano maturi e gustosi. Sono senza semi, come li vogliono i tedeschi, senza profumo, senza sapore. Anche l’uva è senza semi, chicchi perfetti che sanno d’acqua zuccherata.
I coltivatori sono maestri nell’arte genetica, e creano nuovi mostri. Una volta ho comprato un cocomero, di quelli tondi e verdi, ed era un ananas, nascosto dentro un mellone, come si dice a Palermo, con due elle è rosso, con una elle è quello bianco. Ci sarà stato scritto sul cartellino con il prezzo. Io al mercato compro a vista, senza chiedere la carta di identità della frutta. Perché mai creare un cocomero ananas, un Frankenstein della frutta?
Da decenni i tedeschi hanno scoperto i pomodori, che prima gustavano solo spremuti in tubetti o in barattoli come ketchup. E amano l’insalata caprese, ormai presente in quasi tutti i ristoranti, anche quelli tedeschi, o giapponesi. A Berlino spesso la mozzarella è Made in Prussia, prodotta da una società napoletana che ha importato pure un anziano mozzarellaro.
Quest’anno i pomodori sono cari, tanto che la Frankfurter Allgemeine è stata indotta a spiegare che i Tomaten in italiano diventano pomi d’oro. E non è colpa solo dell’inflazione, ormai giunta al 7,9% a fine maggio, e della guerra in Ucraina, che non esporta Tomaten. I pomodori hanno raggiunto un aumento di oltre il 40%, per alcuni tipi persino del 50%, i Fleischtomaten, quelli più carnosi, sono passati da 2,99 euro a 5,99. Per un confronto, l’olio di girasole è rincarato del 37%, il burro del 31%, carote, cavoli e mandorle costano meno dell’anno scorso. Tra il 2020 e l’anno scorso, ogni tedesco ha consumato 31,3 chili di pomodori, e il consumo negli ultimi mesi sarebbe ancora aumentato. I miei amici berlinesi sono convinti che la caprese sia anche dietetica, e faccia dimagrire, non riesco a convincerli che tra olio e formaggio le calorie sono pari a un piatto di spaghetti.
La Germania importa 382 mila tonnellate di Tomaten dall’Olanda, più di mille tonnellate al giorno. Sono quelli più belli, e meno saporiti. La Spagna arriva al secondo posto con 165 mila tonnellate, il Belgio esporta 68 mila tonnellate, dal Marocco arrivano 52 mila tonnellate, e perfino la Francia ci supera con 25 mila tonnellate, noi arriviamo appena a 23 mila. In Germania, nelle serre, vengono prodotte 102 mila tonnellate.
Hans Chistoph Behr, dell’Agrarmarkt Informations, ha spiegato il sistema di produzione e il motivo del rincaro. In inverno, i pomodori arrivano dalla Spagna e dal Marocco. Da marzo, in prevalenza dal Belgio e dall’Olanda, e dalle serre tedesche. I Tomaten maturano in serre riscaldate, e l’energia costa, il prezzo del gas è aumentato, e i coltivatori scelgono i prodotti che rendono di più. Ad esempio, coltivano meno peperoni il cui prezzo è diminuito del 22%. Magari, domani, la tendenza si invertirà, e salirà la paprika, di cui ancora i tedeschi non sono ghiotti, e viene consumata soprattutto dai turchi, dagli emigrati italiani e spagnoli.
Ultima osservazione da non esperto: da quel che vedo quando sono al Sud, dalla Sicilia alla Calabria, le nostre serre sono di solito semplici, teli di plastica che coprono i campi, non si spreca dunque energia per accelerare la maturazione. Non potremmo fare concorrenza agli splendidi Tomaten olandesi? I nostri San Marzano saranno meno estetici, ma più gustosi. L’Italia produce sette milioni di tonnellate, ma ne esporta centomila. Potremmo essere concorrenziali anche senza sfruttare gli immigrati per la raccolta.