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 2022  giugno 10 Venerdì calendario

Riscoprire Gina Lagorio

Sono molti i fili che mi legano a Gina Lagorio, dall’autobiografia che si intreccia inevitabilmente con la storia, all’impegno civile e alla necessità della memoria di ieri, per il presente e il futuro. 
La incontrai alla casa editrice Garzanti negli anni Ottanta, avevamo in comune un progetto di vita basato sulla coltivazione della memoria e sulla parola che diventa testimonianza. Questo suo terzo romanzo, che finalmente torna alla luce per il centenario della nascita, è legato a un’esperienza personale, la malattia e la morte dell’amato marito, della cui voce Gina si appropria per dare vita a un monologo sui dieci mesi di sofferenza per un cancro inguaribile. Un tema insolito e poco frequentato negli anni Settanta quando il libro fu pubblicato per la prima volta. La immagino accanto al malato, smarrita, impotente tra la rabbia e il dolore che teneva dentro di sé, come quel cognome del partigiano Lagorio che non ha mai abbandonato sia nei libri sia nella bocca dove sembrava rianimarsi. Ben cinque anni ha impiegato a scrivere il libro, come per trattenere accanto a sé un’assenza che è una ferita mai rimarginata. 
Rileggendo oggi Approssimato per difetto non posso non pensare ai dieci anni trascorsi da sola accanto a mio marito, Nelo Risi, malato di Alzheimer. Tra quei fili che mi uniscono a Gina, c’è anche l’esperienza della cura e dell’assistenza alla persona amata. 
Nella sua vitalità vibrante, nella sua bellezza, franchezza e temperamento passionale si nascondeva una sensibilità segnata da un dolore segreto, del quale parlava poco, come se volesse tenerlo tutto per sé. Se mi raccontava dei suoi famigliari nominava solo le figlie Simonetta e Silvia e le nipoti che la illuminavano di felicità. 
Negli ultimi tempi anche lei era stata colpita dalla malattia, che le aveva cambiato perfino il suono della voce. Ma per me, il suo ricordo è la Gina viva, la Gina che ha lasciato nella letteratura e nell’impegno civile un vuoto appena riparato da un libriccino che ogni anno mi spediscono le figlie, con la sua immagine in copertina, che parla con lo sguardo acuto da donna di rara autenticità e valore umano, presenza indimenticabile. 
Donna leale, generosa, autrice del reale di ieri e di oggi, di libri, saggi, testi teatrali, sempre fedele a sé stessa e agli ideali civili. È stata anche deputata al parlamento nel gruppo della Sinistra indipendente e mi ricordo che da Roma, dopo le sedute, tornava a Milano frustrata, delusa come ogni donna che faticosamente lotta per i diritti delle donne. Per come la conoscevo io, per la sua coerenza ferrea, era poco adatta alla politica attiva. 
Per chi l’ha frequentata, Gina era e resta nella memoria viva come coloro che abbiamo amato e stimato. Vederla spesso accanto alla sua migliore amica Giovanna Ioli, critica letteraria e appassionata dantista, era una doppia gioia per me, perché eravamo un trio che parlava all’unisono. E anche oggi, ogni volta che rivedo Giovanna, Gina è presente tra noi. La sua figura terrena era talmente incisiva che per me è inimmaginabile che non ci sia più. La ripubblicazione di questo libro è un atto dovuto a un’autrice pluripremiata e troppo presto dimenticata, nei confronti della quale tutti noi forse siamo in debito.