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 2022  giugno 10 Venerdì calendario

Post Covid, i ragazzi fragili

Tentativi di suicidio, atti di autolesionismo, anoressia nervosa, depressione. È il retaggio di due anni di pandemia, una miccia a fuoco lento che continua a bruciare.
Non solo decessi, contagi, varianti e sottovarianti. Ma vite condizionate, e talora spezzate, di giovani e giovanissimi alle prese con disturbi di psicopatologia complessa in aumento esponenziale. Peraltro diagnosticati, aggiunge il professor Benedetto Vitiello, direttore Neuropsichiatria infantile ospedale Regina Margherita di Torino, in età sempre più precoce: tra 11 e 17 anni. Colpite soprattutto le donne.
Un fenomeno non solo italiano, di cui non sembra vedersi la fine. «Non abbiamo ancora visto tutto, anzi – aggiunge la dottoressa Antonella Anichini, neuropsichiatra infantile presso il Regina -. Nel 2020, l’anno dei lockdown, i problemi e i disagi si sono sedimentati, mentre nel 2021 sono esplosi a livello individuale, familiare e sociale. Ancora adesso viviamo in un’atmosfera sospesa, mentre i giovani, spesso colpevolizzati per il loro desiderio di vivere e mortificati dalla negazione delle loro difficoltà durante la pandemia, hanno bisogno di potersi relazionare. Prima ancora, di un orizzonte».
Era difficile l’altroieri, è difficile oggi. Dopo, anzi: con il Covid, il conflitto Ucraina-Russia e le conseguenti incertezze: «Una nuova variabile, conferma Vitiello -. La percezione è quella di un mondo sempre più imprevedibile e a tratti ostile».
Fanno fede i dati citati nel convegno organizzato ieri a Torino: «Oltre il Coronavirus, la “pandemia della salute mentale” in età evolutiva». Dal 2019 al 2021 i passaggi nel pronto soccorso dell’ospedale sono aumentati del 161%. Nel reparto di Neuropsichiatria infantile +200% di ricoveri. In alcune fasi i 18 posti letto disponibili sono stati portati a 24, collocando i pazienti nelle Pediatrie e chiedendo il supporto di quelle esterne. Si è accorciata la durata di ricovero: il tasso di occupazione del reparto è costantemente del 100%.
Quelli che vediamo nel presente sono gli effetti della prime ondate pandemiche: lockdown e scuola in Dad, quindi zero socialità. Ma anche le difficoltà economiche delle famiglie, e sovente i lutti nelle famiglie. Da qui un senso di solitudine e precarietà accompagnato da stress e ansia, che nei casi più gravi si trasformano in disturbi alimentari o episodi di autolesionismo. Ferite più o meno profonde, che ormai segnano nove ragazzi su dieci. Tra i quali, altro problema, solo il 26% si rivolge ad uno specialista.
Emblematici i risultati (nel grafico) della prima indagine ad ampio spettro su 30 mila studenti delle scuole superiori e delle università condotta dallo Spi-Cgil con la Rete studenti medi e Unione universitari. Oltretutto, l’aumento dell’uso dei videogiochi (30%) e dei social (78%) ha ridotto le relazioni dirette con amici, compagni di classe e insegnanti. Il 64% degli intervistati ha manifestato disturbi del sonno e un quarto degli studenti ha pensato di abbandonare gli studi dopo la Dad.
Se questo è il presente, il futuro fa paura al 72% di loro, mentre l’insicurezza prevale in 3 ragazzi su quattro. A pagare il prezzo più alto sono i ragazzi della scuola secondaria superiore. «Una fase essenziale per le nuove esperienze e per i primi traguardi – spiega il co-presidente della Società italiana di Neuropsico-farmacologia, Claudio Mencacci –. Molti possono avere sintomi di disagio mentale che poi si risolvono, ma tanti mostrano di non riuscire a uscirne». Sicuramente più di quei 16 mila che avranno accesso al bonus psicologico di 600 euro.