il Fatto Quotidiano, 8 giugno 2022
Intervista ad Andrea Zalone
Attore, doppiatore e autore televisivo, noto al grande pubblico per il sodalizio con Maurizio Crozza, Andrea Zalone esordisce alla regia cinematografica con Il giorno più bello. Scritta con Fabio Bonifacci, interpretata da Paolo Kessisoglu, Luca Bizzarri, Violante Placido, Valeria Bilello, Stefano De Martino e Lodo Guenzi, la commedia matrimoniale arriva domani nelle nostre sale.
Zalone, perché questo passaggio?
In realtà, è una proposta di Beppe Caschetto. Ci ho pensato molto, non è il mio lavoro, ma amo le scelte azzardate.
Per l’anagrafe del cinema italiano a 54 anni si può considerare un giovane esordiente, soddisfatto?
Insomma, è un problema, di più, una follia. Mettiamola così, è la crisi di mezza età, per esorcizzare mi sono buttato nella regia. Pensi che due anni fa ho preso la patente nautica, senza avere la barca.
Da lei ci si aspetterebbe un soggetto originale, ma Il giorno più bello è il remake di C’est la vie.
Dovevo cimentarmi e capire com’è, dopo aver girato e montato mi è venuta voglia di un film scritto e diretto da me.
Come ha adattato l’opera degli autori di Quasi amici?
Avendo Luca e Paolo, la trama è virata sulla loro rivalità amorosa, l’amicizia messa in crisi da una donna. Poi abbiamo reso più vivace la storia, aumentato i colpi di scena e anche la posta in gioco del protagonista.
La comicità non ha un’indicazione geografica tipica?
Quando si punta sui regionalismi, la comicità può sembrare condizionata da geo-meccanismi, ma le regole sono universali. Lo sposo, il Pier di Stefano De Martino, viene apostrofato “frocio”: nel mese del Pride non c’è male, eh?
Senta, è una battuta.
Purtroppo, c’è ancora l’omofobia, circola questo atteggiamento insopportabile, e in un film pieno di figure umane, mostri, crepe, scappa pure siffatta cosa ignobile. Ci sta, non si può edulcorare la realtà, va raccontata per quel che è: battute omofobe comprese.
Il politically correct è un ostacolo alla comicità?
Sì. Io sono un po’ drastico: penso si possa dire tutto nei limiti del codice penale, che disciplina ingiuria e diffamazione. Stabilito questo, il resto è libertà di espressione, e se vogliamo è anche un modo per valutare l’intelligenza di chi scrive e interpreta. Gli artisti debbono sapere che possono essere ferocemente criticati, censurati però mai. C’è una differenza tra scelta editoriale, che si fa prima, e censura, che è brutta perché arriva dopo.
La pensa così anche il suo “compagno” Crozza?
La sensibilità di Mauri è un po’ diversa, facciamo satira cercando di rimanere nell’alveo della correttezza, stiamo molto attenti, su fatti provati e verificati, senza cadere nella falsità.
Lavorate insieme dal 2006, il segreto?
La stessa identica voglia di approfondire. Un confronto continuo che si nutre della diversità di opinioni, e la sintesi molto spesso è più interessante di quanto espresso da quotidiani e talk. Non siamo geni, solo ci prendiamo tanto tempo per la discussione.
Le parodie a cui è più affezionato?
Al momento Red Ronnie, in passato De Luca e Razzi. Il mio è il ruolo della spalla, mi metto dalla parte del pubblico e osservo il mostro, reagendo alle sue fesserie e atrocità.
Peggio il Covid o la guerra per chi deve far ridere?
Il Covid, perché ci ha paralizzati, tenuti lontani. La guerra è uno spettacolo tv orrendo, però la pandemia è stata più invalidante, straniante. Certo, la proliferazione dei virologi comicamente ha giovato.
Mai pensato di mollare Crozza per Checco: Zalone & Zalone?
Zalone al quadrato, dice? Sarebbe una becerata commerciale… Stimo tantissimo Luca Medici, ma siamo lontani.
Perché andare a vedere Il giorno più bello?
È divertente, elegante e sintonizzato col presente: la vita che riparte dopo il Covid.
Ma lo sa che il cinema italiano va male, sì?
Sono terrorizzato, però anche contento: è una scommessa.
Influenze, ispirazioni?
Funeral Party. Non ci sono arrivato, sia chiaro.
Il suo giorno più bello?
Quando ho conosciuto mia moglie. E poi Maurizio.