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 2022  giugno 08 Mercoledì calendario

Intervista a Paolo Belli

Festeggiarsi con una big band non è da tutti. Oltretutto facendo un disco ai tempi del Covid e di una musica che da liquida sta diventando sempre più gassosa. Ci volevano i 60 anni di Paolo Belli perché tredici grandi canzoni (da Che sarà di Josè Feliciano e i Ricchi e Poveri a La prima cosa bella di Nicola di Bari, da Natale di De Gregori a Va be’ di Vasco Rossi a L’italiano di Toto Cutugno) si vestissero dei colori sonori della grande orchestra tra swing, jazz e latin prendendo a prestito per titolo uno dei capolavori di Ivano Fossati. Uscito lo scorso maggio, La musica che ci gira intorno (in cd e in digitale per PB Produzioni/Artist First) sta ora girando le piazze del Belpaese, con il musicista emiliano ex Ladri di Biciclette alla guida dei suoi orchestrali che lo accompagnano da ormai trent’anni anche sul piccolo schermo al fianco di Milly Carlucci e prim’ancora del compianto Fabrizio Frizzi. «Festeggiare i 60 con un disco in stile grande orchestra è una cosa che ormai non fa quasi più nessuno. Prima il disco era al centro, ma adesso purtroppo è una questione passionale. Ma il vero problema – dice Paolo Belli – è che la musica in sé è sempre più un sottofondo, ha perso quella valenza persino esistenziale che aveva decenni fa. Economicamente poi fare un disco tutto suonato come questo può non valere la pena, ma io ho un’estrazione di grandi orchestre, mi piace fare musica in tanti».
E così ecco la scommessa di questo album...
Esatto, quando c’è stato il lockdown mi sono messo ad ascoltare ancora più musica del solito e ho riscoperto quanto mi avevano dato a livello artistico e umano questi grandi musicisti presenti nel disco. Così abbiamo fatto di necessità virtù e non potendo trovarci a suonare ho dato i compiti a tutti i musicisti. Finito il lockdown, abbiamo messo insieme tutti i provini, siamo andati in studio e abbiamo registrato questo disco in cui ci sono alcuni grandi autori con le loro canzoni.
C’è da scommettere che la parte più difficile sia stata decidere quali lasciare fuori...
Proprio così, e alla fine abbiamo registrato una trentina di brani, c’è materiale per altri album. E per i miei prossimi compleanni, anche se non saranno a cifra tonda.
E chi troveremo nella prossima “musica che ci gira intorno”?
Senz’altro Franco Battiato, di cui si è appena ricordato l’anniversario della scomparsa. Proprio per questo sarebbe stato un po’ scontato inserirlo ora, mi sembrava di volerne approfittare. Abbiamo comunque registrato La curache pubblicherò in futuro insieme ad altri grandi canzoni di chi mi ha influenzato così potentemente: Tenco, Endrigo, Peppino Gagliardi... Sì, perché mi sento anche il compito di far riscoprire gioielli musicali un po’ dimenticati. È un difetto molto italiano.
Quale sarebbe?
Non dare il giusto peso alla grande cultura musicale e ai capolavori scritti da grandi maestri. Limitandoci al cosiddetto cantautorato, siamo il Paese con la più ampia diversità e varietà stilistica: da Mimmo Cavallo a Rino Gaetano, da Bennato a Branduardi, da Ron a Conte...
Nel suo disco su tutti paiono svettare per ispirazione e interpretazione le rivisitazioni dei brani di Fossati e Jannacci...
Beh, La musica che gira intorno è stata davvero affrontata con i guanti di velluto e in Parlare con i limoni ho dato fondo a tutta la mia venerazione per Enzo, rispolverando appunto questo brano finito un po’ nel dimenticatoio. Del resto sarebbe stato troppo facile in versione orchestrale fare
Silvano o Ci vuole orecchio. Con Jannacci ho cantato varie volte e ho toccato con mano quale genio fosse, non a caso è stato considerato il numero da Paolo Conte. Era un saltimbanco e uno swinger che sapeva perfettamente cos’è il jazz. Capace poi di scrivere cose molto intime e toccanti come Vincenzina e la fabbrica o Io e te.
E poi nell’album c’è tanto Dalla...
Ho fatto i miei primi dischi allo studio B della Fonoprint a Bologna, mentre allo studio A si alternavano Lucio e Vasco. Con Lucio siamo stati tante volte insieme sul palco e a tavola, ho catturato tanto della sua personalità musicale.
Come mai una versione, per così dire, un po’ leggera di Futura?
Ricordo che una volta ero a Siracusa con la mia big band e c’era Lucio che mi propose di suonare qualcosa assieme. Gli sottoposi brani jazz, lui ne fu entusiasta. Così quando per questo disco ho pensato a cosa scegliere di Dalla ho ricordato il clima di quella serata e ho rivestito Futura un po’ in quel modo, togliendo quell’inquietante intensità a una canzone che proprio in questo momento ha un significato ancor più drammatico, a dimostrazione di come fosse avanti Lucio. Poi ho voluto anche L’anno che verrà, che mi permette ora e ogni volta di ricordare e sentire vicino Fabrizio Frizzi, e Ma come fanno i marinai cantata con l’attore Stefano Fresi.
Tornando alla guerra, da anni lei collabora con l’associazione “Rock no war”. Che iniziative state portando avanti ora?
Intanto essere per la pace, ad ogni costo. Ma mio nonno, partigiano, mi ha sempre detto: chi viene calpestato, va aiutato. Così ora abbiamo avviato il “progetto Ucraina” per la raccolta di materiali di prima necessità di vario genere. Questa associazione era nata ai tempi della guerra a Sarajevo e aiutavamo sia bosniaci sia serbi: i bambini sono uguali ovunque.
Solidarietà che lei ha portato avanti anche con la Nazionale cantanti, di cui è stato tra l’altro presidente.
Sì, ma tutto questo è davvero il minimo che io possa fare. Io sono stato fortunato, ho fatto della mia passione il mio lavoro. C’è gente che ha più talento di me e ha studiato più di me, ma io devo molto alla televisione che mi ha fatto entrare nelle case di tutti a partire da Ballando con le stelle. Mi devo sdebitare nei confronti della vita, ne sono consapevole, a cerco di farlo regalando leggerezza e bellezza con la musica. Approfitto della platea di Rai 1 per unire alla mia funzione di “intrattenitore” la piccola missione di divulgatore dell’opera di grandi autori. Tra le fortune metto anche quella di avere condiviso per quindici anni Telethoncon Fabrizio Frizzi. Un’iniziativa che significa riconoscere quanto bene abbiamo ricevuto dalla vita per cercare di restituirne almeno un po’.