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 2022  giugno 08 Mercoledì calendario

I professori che uccidono le mogli se fanno più carriera all’università


Ha ammazzato la moglie, docente universitaria, non perché era più brava di lui, ma perché aveva più successo, e cioè la sua bravura era riconosciuta dal pubblico. Questo gli dava fastidio. Non è un problema suo soltanto, del marito assassino, è un problema generale, il problema della rivalità nelle coppie: se lei è più brava, capisce di più, scrive libri migliori, fa scoperte più importanti, questo è sopportabile, anzi forse addirittura desiderabile, ma se lei vince un premio al quale lui è stato bocciato, se lei avanza nella carriera e lui resta al palo, questa è una ferita nella vita della coppia, e per quella ferita la coppia può morire. Nei casi peggiori, è la donna che può morire.
Traggo spunto dalla studiosa bresciana, docente di letteratura inglese all’università di Suffolk (ma i giornali dicono: la «prestigiosa» università di Suffolk), uccisa a coltellate dal marito, pare – stando alle cronache dei giornali – «sempre più frustrato e invidioso per la carriera brillante di lei». Ma traggo soltanto lo spunto e nulla più, in realtà quel che trovo interessante è l’ennesima prova della potenza che ha la rivalità all’interno della coppia. Se lei torna a casa e dice: «Per strada mi hanno fischiato», in segno di complimento per la sua bellezza, lui non s’inquieta, perché pensa che se fischiano la moglie plaudono al marito. Ma se lei dice: «In ufficio mi hanno proposto la direzione di...», e magari a quella direzione lui è stato bocciato, ecco che lui si rabbuia, anzi da quel momento è la sua vita che si rabbuia. E dove succedono spesso e volentieri questi rabbuiamenti? Nelle vite universitarie. Perché le vite universitarie sono scandite dai gradini che si salgono, non dalle scoperte che si fanno.
Io vivo e scrivo in una città (che non nominerò) nella quale esiste una ’Associazione delle mogli dei professori di prima fascia’. Che questo professore universitario fosse geloso dei successi della moglie è comprensibile, forse anche benefico per la società, se lui viene stimolato a raggiungere altrettanti successi, ma è dannoso, e infine criminoso, se lui pensa di boicottare lei, ostacolarla, o addirittura ammazzarla. Quasi sempre, se la uccide, la uccide a coltellate, in un corpo a corpo. È una faccenda privata, ravvicinata, a due. Non c’entra l’università che la promuove. C’entra lei che si fa promuovere. Non è un problema di merito: lei può meritare tanto, è bello avere una moglie che merita tanto, purché non lo ottenga. Forse lei ha scritto dei bei libri, ma lui non l’ammazza per i bei libri, l’ammazza per i bei premi.
Questo uxoricidio tra due scienziati universitari non è un delitto di scienza ma d’università. Non di scoperte, ma di carriera. Non di libri, ma di premi. Non di Mozart, ma di Salieri. E lo dico con la morte nel cuore: perché io ho studiato a Legnago, e Legnago ha dedicato il suo teatro al suo Salieri, e in quel teatro noi studenti andavamo per le cerimonie di premiazione. Belle cerimonie, belle premiazioni. Peccato che il nome di Salieri incombesse come un ammonimento.