Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  giugno 07 Martedì calendario

Intervista a Luca Serianni

La scuola non è la stessa per tutti. Qualità ed efficacia rispecchiano spesso lo stato socioeconomico degli alunni, ancor di più nelle differenze tra Nord e Sud. A ogni modo, il quadro di insieme – spiega Luca Serianni, uno dei maggiori linguisti e filologi italiani – è che i giovani studenti oggi non padroneggiano fino in fondo la lingua italiana: “Serve un’ora di italiano in più”, chiarisce.
Professore, la scuola italiana sforna somari?
Non sono così catastrofista. Ho, ad esempio, avuto molte occasioni di contatto con studenti e docenti in attività extracurricolari e ne ho ricavato un’ottima impressione. Pensandoci meglio, però, erano spesso studenti dei licei, preferiti dai ceti benestanti. Meno di istituti professionali e tecnici.
Questo cosa ci dice?
Che la quota di studenti che appartiene a famiglie socio-economicamente svantaggiate è un problema, soprattutto per medie e superiori. Basti pensare alle difficoltà della dad per chi non aveva un pc o una camera propri. C’è poi il dato, importante dal punto di vista sociale e politico, dei nuovi italiani, figli di stranieri, spesso nati in Italia, che hanno difficoltà aggiuntive nell’inserirsi nel circuito scolastico.
Secondo i dati, molti hanno difficoltà a capire testi scritti…
La lingua non serve solo per scrivere, anzi: gran parte degli adulti ha poche occasioni di farlo. Invece proprio tutti hanno necessità di capire quello che si legge. Chi ha difficoltà anche con un testo semplice – De Mauro scrisse pagine importanti in proposito – è di fatto un analfabeta funzionale. Pur sapendo vergare la propria firma non può affacciarsi al circuito della vita civile.
E con un testo complesso?
Non ci si può accontentare di un traguardo minimo, cioè del possesso del lessico fondamentale e neanche si può perseguire troppo l’idea di semplificare tutto. L’educazione alla complessità è fondamentale. Un ragazzo di 17 anni di qualunque scuola e grado dovrebbe essere in grado di capire gli articoli del Fatto Quotidiano. Per farlo servono un minimo di lessico e una minima abitudine alla relativa complessità sintattica. Se in un testo scritto trovo, ad esempio, “benché” devo capire che rapporto indica la frase introdotta da “benché” rispetto alla principale. Posso anche ignorare che questo rapporto grammaticalmente si chiami concessivo, però devo comprenderne il significato.
E poi?
Avere quel tanto di affaccio sul mondo che permetta di comprendere i grandi temi del momento. Il mio ideale – non irrealistico – è di un adolescente che abbia una sufficiente capacità di orientarsi nel mondo di cui fa parte. Sono convinto che questa capacità si educhi anche coltivando un necessario senso storico, ma si può partire dalla comprensione dell’orizzonte previsto per un lettore medio di un quotidiano.
“Un tempo” era meglio?
Quando si parla di decadimento delle conoscenze forse si paragonano tra loro grandezze non omogenee. Cinquant’anni fa gli studenti erano in numero minore. Se ci fosse uno studio sul livello di preparazione di studenti – poniamo – di seconda liceo scientifico allora e oggi, avremmo materiale omogeneo. Invece possiamo solo muoverci per impressioni generali.
E cosa dicono? Cosa manca ai giovani?
Il pieno possesso della lingua italiana. Bisognerebbe fare di più, come esercizi che prevedano la capacità di riassumere un testo. L’elogio del riassunto l’ha fatto Pietro Curzio, il primo presidente di Cassazione, durante il discorso inaugurale dell’Anno giudiziario. Ha rilevato che i giovani aspiranti magistrati non sanno riassumere una sentenza e se il riassunto è fatto male o è mal argomentato poi scatta il ricorso e l’eventuale bocciatura in Cassazione. Conseguenze reali, quindi, non un principio di belle lettere. Bisogna poi svolgere un’adeguata trattazione della letteratura. Quattro ore per fare tutto non bastano. Il governo ha il potere di aggiungere un’ora d’italiano nel triennio liceale.
Qual è il ruolo della letteratura nell’istruzione?
Stimola l’immaginario, il fantastico, componente importante soprattutto nei più piccoli e favorisce la curiosità per la lettura. Va poi studiata per una ragione specifica della nostra tradizione letteraria: la lingua italiana è stata per moltissimo tempo una lingua letteraria, che non corrispondeva a una lingua parlata di pari estensione e potenza come per altri grandi Paesi europei, dalla Francia alla Gran Bretagna.
E le materie scientifiche?
Vanno potenziate: la matematica è un altro tipo di grammatica e permette di interpretare razionalmente tanti aspetti del mondo. Il fatto che nei dati internazionali l’Italia non si trovi in una buona posizione fa riflettere. I numeri, tuttavia, nascono da una media di situazioni diverse e che includono diffuse zone di eccellenza scolastiche. L’interesse generale è ridurre queste differenze promuovendo le scuole e in particolare le aree del Mezzogiorno, che sono meno favorite.
Cosa pensa di una scuola a misura d’industria?
Collegare troppo direttamente la preparazione scolastica al lavoro può valere solo in determinati settori professionali. Però dobbiamo stare attenti a non concepire la scuola solo in funzione di questo. Il tasso di trasformazione della telematica è talmente rapido che se puntassimo troppo su contenuti specifici e non sulla capacità di ragionare, adatta ad affrontare le sfide del futuro, rischieremmo di preparare per professioni presto obsolete. L’ambizione deve essere più alta del creare futura manodopera: formare un cittadino in grado di fare tutto ciò che desidera.