la Repubblica, 7 giugno 2022
Un lavoratore su tre guadagna meno di 9 euro l’ora
Silvia guadagna 10,40 euro all’ora, ma solo perché ha 18 anni d’anzianità in un’importante catena di fast food, un contratto stabile col massimo delle ore settimanali: 24. I giovani ventenni non sono “fortunati” come lei, perché vengono pagati 7 euro all’ora per contratti stagionali da 3-4 mesi, con un part-time da sei giorni su sette, 15 o 18 ore, obbligati a spazzare all’esterno, fare doppi turni e pulire i bagni, anche se il contratto non lo prevede e non c’è assicurazione per gli spazi diversi da tavoli e cucina. Lavorare al di sotto del minimo in Italia significa tante cose. Non solo incassare meno di 8-9 euro all’ora. Ma tollerare il nero o la precarietà più bieca.
Parliamo di milioni di lavoratrici e lavoratori: 4,6 milioni sono sotto la soglia dei 9 euro, quasi il 30% del totale. Quota che diventa il 26% tra i lavoratori privati, il 35% tra gli operai agricoli e il 90% dei lavoratori domestici. Portarli a 9 euro, livello di cui in Italia si discute da qualche anno, significherebbe riversare nelle tasche di questi lavoratori 8,4 miliardi in più (al netto delle maggiori tasse per lo Stato), calcola l’Inps. Portarli a 8 euro – che diventano 9 con tredicesima e quattordicesima – vorrebbe dire aumentare le paghe di 3,4 miliardi a 2,6 milioni di lavoratori.
L’asticella è mobile perché bisogna capire cosa si intende per “9 euro all’ora”, se si comprendono i contributi, il Tfr, le tredicesime e quattordicesime oppure no. Se l’Italia adottasse i 9 euro orari puliti da altre voci come salario minimo legale svetterebbe nella classifica europea per percentuale di lavoratori coperti, raggiungendone un quarto. «Sarebbe un sogno, il miostipendio raddoppierebbe, potrei lasciare la casa dei miei, comprarmi un’auto e sposarmi», dice Fabio Esposito, 30 anni di Napoli, da sette anni vigilante per una cooperativa che lavora con gli ospedali partenopei. «Il nostro contratto non viene rinnovato da 7 anni e io che sono assunto a tempo indeterminato guadagno 4,5 euro lordi all’ora, 900 euro lordi al mese, 830 euro netti. Come me, tanti padri e madri di famiglia. Siamo fantasmi per la politica».
Marianna Mazza, madre di duefigli di 19 e 12 anni, fa le pulizie da vent’anni, ma «prima arrivavo anche a dodici ore al giorno, ora non più di quattro: non ce la faccio più fisicamente». Viene pagata 5-6 euro all’ora, quasi sempre al nero. «Con un minimo a 9 euro all’ora forse potrei pretendere un contratto in regola, con le ferie e la tredicesima: ma chi me lo farebbe?». Anche Ramona, 48 anni, arrivata a Roma tre anni e mezzo fa dall’Honduras dove ha lasciato marito e figlio, ci crede poco: «Faccio la badante, dicono sempre che mi metterannoin regola. Ma non succede mai e dalla notte al giorno ti sbattono fuori». In questi mesi ha guadagnato 600 euro al mese.
Franco invece ha 55 anni e vive a Milano, da solo in un piccolo appartamento in estrema periferia. Lavora al call center della Ipsos, ma spesso deve chiedere i buoni pasto al sindacato o ai servizi sociali perché «a volte non riesco a mangiare per 15 giorni di seguito». Lo pagano 8,20 euro all’ora (lordi), ma il contratto di collaborazione significa che lavora solo quando ci sono i turni. Arriva al massimo a 700/800 euro al mese. «Ho perso il lavoro con la crisi del 2008, dopo l’inferno. E ora Ipsos sta esternalizzando la commessa Tim: un terzo di noi perderà il lavoro».
Riccardo Mancuso, siciliano di nascita, 28 anni, laureato in Storia a Bologna, racconta invece la vita di strada di un rider. «Un tempo era il lavoretto degli studenti, ora non più», spiega. «È il lavoro degli immigrati o degli scartati da altri mestieri, più ricattabili. Alla fine mille euro al mese li porto a casa, ma solo grazie al contratto di Just Eat a tempo indeterminato per 20 ore a settimana: 8,5 euro lorde all’ora, comprensive di ferie, tredicesima e quattordicesima, più 25 centesimi a consegna. Arrotondo con le altre piattaforme, ma è un cottimo da fame, pagati solo per le consegne, dopo ore di attesa in strada». Ne sa qualcosa Tania, 47 anni, rider per necessità: «Ho rotto il motorino sotto il caldo d’agosto, lo scorso anno. Da allora faccio meno ore, ma per arrivare a mille euro devo lavorare tutti i giorni e arrotondare al nero nei pub. Ho tre figli, un divorzio e nessuno che mi guarda le spalle» Come Tania, tanti. Milioni di sottopagati.