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 2022  giugno 07 Martedì calendario

Quanto costa crescere un figlio in Italia

Il lungo inverno demografico dura in Italia da oltre dieci anni, e nel 2021 i nuovi nati sono stati meno di 400 mila, un traguardo così negativo che non si era mai verificato prima. La denatalità è un fenomeno che colpisce gran parte dell’Europa, ma il nostro paese soffre più di altri. Le ragioni sono diverse: una popolazione sempre più vecchia, la bassa occupazione, l’incertezza generale e le difficili prospettive economiche. La Banca d’Italia, nell’ultima relazione annuale, ha stimato che nel periodo tra il 2017 e il 2019 i nuclei familiari – composti da due adulti e uno o più figli minori – hanno speso in media poco più di 640 euro al mese per mantenere ogni figlio (un quarto della spesa media di una famiglia italiana). Un costo che però nel 2021, a causa delle conseguenze della pandemia, si è ridotto del 12% a 580 euro al mese.
Le spese individuate dagli economisti di Bankitalia comprendono rette scolastiche, pagamenti per l’abitazione e per i trasporti. Quasi il 60% è stato destinato a soddisfare bisogni primari come la salute, l’istruzione, gli alimentari e l’abbigliamento. Nel Mezzogiorno la spesa per i figli è risultata inferiore rispetto al Centro nord: il divario ha riguardato per circa un quinto le spese per la casa, che riflettono il prezzo più elevato degli immobili nelle regioni centro-settentrionali, e per circa due terzi i consumi meno essenziali (tempo libero e viaggi).
A gennaio di quest’anno è entrato in vigore l’assegno unico, il nuovo strumento che assorbe i vecchi assegni familiari e le detrazioni, e che ha come obiettivo proprio il sostegno alle famiglie e all’occupazione femminile. I genitori si affidano alla scuola e alle baby sitter per conciliare i tempi della vita con quelli del lavoro, tuttavia tutto questo, spesso, non basta e allora l’altro pilastro del welfare italiano è costituito dai nonni. Se entrambi i genitori sono occupati, spiega l’Istat, i nonni si prendono cura dei bambini nel 60% dei casi, quando il nipote ha 2 anni; nel 61% quando ha da 3 a 5 anni e nel 47% se è più grande. Valori che superano il 65% nel Mezzogiorno. Sul lavoro, le donne con figli sono più penalizzate delle loro colleghe che non ne hanno: hanno un tasso di occupazione minore, fanno meno carriera e spesso sono costrette al part-time involontario. 

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Fertilità
Eurostat conta in Europa 197 milioni di nuclei familiari, di cui il 24% con figli: il 49% ha un figlio solo, il 39% due figli e il 12% ha tre o più figli. Il 13% di queste famiglie è formato da un genitore single (circa 6 milioni). Nel nostro paese, nel 2021, si è registrato il terzo livello più basso di fertilità, pari a 1,25 nascite per donna (per un totale di 399 mila nuovi nati, record storico di minore natalità mai registrato nella storia italiana). In Francia il tasso è dell’1,83%. L’Italia si pone in fondo alla classifica anche come età media delle madri alla nascita del primo figlio, che da noi è a 31,4 anni, contro una media europea di 29,5 anni. Il crollo demografico è un fenomeno comune in tutta Europa, però sull’esperienza italiana pesa una scarsa attenzione politica ai temi della famiglia. In termini di risorse, come evidenza Openpolis, nel 2018 la spesa media dei paesi europei per assegni familiari rispetto alla spesa sociale è pari all’8,3%. Tra i 27 paesi Ue, 17 registrano quote superiori. L’Italia è fanalino di coda con il 4,15%. La Spagna raggiunge il 5,5%, Francia e Belgio il 7,5%, la Svezia il 10,6%, la Germania l’11,5.

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Asili nido
In Italia ci sono 13.834 servizi educativi per la prima infanzia con oltre 361 mila posti per i bambini, circa la metà nel settore pubblico. I dati Istat sugli asili si riferiscono al 2019 registrano qualche segnale di miglioramento, tuttavia l’offerta si conferma ancora sotto il parametro europeo del 33% di copertura, ossia un posto garantito nei nidi ogni tre bambini. Questo era il target da raggiungere entro il 2010, stabilito nel 2002 in sede di Consiglio europeo, per consentire una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. L’Italia si ferma invece al 26,9% (in sostanza solo 27 bambini su 100 hanno un posto assicurato negli asili pubblici), ma questo numero è frutto delle ampie divergenze a livello territoriale. Sia il Nord-est che il Centro Italia consolidano la copertura sopra il target europeo (rispettivamente 34,5% e 35,3%); il Nord-ovest è sotto ma non lontano dall’obiettivo (31,4%), mentre il Sud (14,5 %) e le Isole (15,7%), pur in miglioramento, risultano distanti dalle prescrizioni di Bruxelles. Tra i comuni delle aree metropolitane del Centro-nord, le città di Firenze, Bologna e Roma si collocano sopra il 45%, in netto distacco quelle del Sud al 20%. 

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Baby sitter
Per due genitori che lavorano, mandare i figli all’asilo nido, alla scuola materna o alle elementari non basta perché il tempo pieno nelle strutture pubbliche difficilmente arriva oltre le cinque del pomeriggio. Quindi, in attesa che mamma e papà tornino dall’ufficio, le famiglie hanno bisogno di una babysitter che vada a prendere i figli a scuola e stia con loro. Quanto costa una persona in grado di accudire i bambini? Secondo Sitly, una piattaforma online che incrocia domanda e offerta, la paga oraria di una babysitter mediamente è poco superiore agli otto euro. Ovviamente, a Roma e Milano si spende di più, almeno 9 euro l’ora, mentre nelle grandi città del Sud ci si attesta sui sette euro e cinquanta centesimi. Per mettere in regola le babysitter si può utilizzare il libretto di famiglia dell’Inps, uno strumento pensato per retribuire le prestazioni di lavoro occasionale con titoli di pagamento del valore di 10 euro. Inutile sottolineare come questo tipo di mansione si presti a pagamenti in nero, anche perché i contributi versati possono essere portati in deduzione solo fino a 1.500 euro. Assindatcolf, l’associazione dei datori di lavoro domestico, stima senza contratto il 60% degli addetti. 

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Assegno unico
A gennaio è scattato l’assegno unico e universale, il nuovo sussidio varato dal governo a sostegno delle famiglie che unifica assegni familiari, detrazioni Irpef e bonus vari. Le famiglie con Isee fino a 15 mila euro (potenzialmente il 50% della platea) percepiscono il valore massimo dell’assegno: 175 euro al mese per ogni figlio minorenne e per i nuovi nati, a decorrere dal settimo mese di gravidanza. Questo importo segue l’incremento del livello del reddito e si riduce gradualmente raggiungendo il minimo di 50 euro a figlio in corrispondenza di un Isee pari o superiore a 40 mila euro. Sono previste integrazioni per le mamme under 21 e i nuclei numerosi.
I figli maggiorenni e fino a 21 anni (sempre con Isee inferiore a 15 mila euro) ricevono un aiuto di 85 euro se studiano, sono disoccupati o hanno un lavoro con reddito inferiore agli 8 mila euro annui. Finora sono state presentate all’Inps 5 milioni di domande (equivalenti a 8 milioni di figli) per beneficiare dell’assegno unico. A quanto risulta dai primi versamenti, una famiglia su quattro (il 23%) percepisce la quota minima, ovvero 50 euro al mese per ogni figlio.