il Fatto Quotidiano, 6 giugno 2022
Una biografia di Monica Vitti
Pubblichiamo un passaggio del libro di Laura Delli Colli “Monica: vita di una donna irripetibile” edito da Rai Libri.
Un giorno, per caso, ecco l’idea: Monica e Michelangelo erano stati invitati in barca, una gita tra amici all’isola di Ventotene, finita con un attimo di brivido, perché Monica, passeggiando sull’isola, si era persa. Era riapparsa in ritardo, molto agitata e spaventata, scusandosi per l’imprevisto, imbarazzata con i proprietari della barca. Era la storia che stavano cercando. Mentre ripartivano per tornare a casa, Antonioni la tranquillizzò: l’idea per il loro film finalmente era arrivata. Quella storia diventerà la sceneggiatura de L’avventura, un film complicato per le mille difficoltà che ne avrebbero segnato la storia complessa, tra finanziamenti impossibili e il produttore in fuga, tempeste e trombe d’aria, il freddo che a Monica faceva ricordare i tempi della guerra (quei geloni di quando era ragazzina…). L’isola era tagliata fuori da ogni comunicazione, il resto era, nel ricordo di Monica, il senso di pericolo e insieme di isolamento assoluto vissuto sul set, tra le sferzate del vento e il mare in bufera, le riprese sugli scogli e perfino la fame, su un lembo di terra in cui tutto era a rischio, rifornimenti compresi. Il velluto e la platea elegante del teatro erano lontani e i bollettini metereologici di ora in ora rendevano sempre di più quel film un’avventura ne L’avventura.
Monica era spaventata ma felice: il film nasceva proprio da quell’episodio di Ventotene, ma si girava a Lisca Bianca e insieme ad Antonioni lei stessa aveva costruito la storia di una donna misteriosamente sparita e del suo smarrimento esistenziale. Trovare i soldi per realizzare il film era stato quasi impossibile. E anche il produttore, Gino Rossi (che era stato organizzatore generale in Cronaca di un amore) aveva dato forfait. Un budget all’osso, ma bastava per partire. Furono cinque settimane su un’isola senza che nessuno ricevesse un compenso, ma soprattutto con il cast bloccato sugli scogli senza coperte e neanche rifornimenti alimentari. Una troupe di naufraghi, con Gabriele Ferzetti costretto anche a girare nuotando in un mare gelato. “Una storia che appartiene alla mia vita” raccontava Monica ricordando quei giorni indimenticabili. Tra vento, naufragi, fame e nessun contatto col mondo civilizzato fu un’esperienza unica, di cinema e di vita. Con un finale inatteso, perché alla fine il film fu invitato al Festival di Cannes: era il maggio dell’anno dopo, L’avventura fu definito “il più bel film mai proiettato sulla Croisette”, per la critica internazionale tra i più belli della storia del cinema. Per Monica un’emozione profonda, che non avrebbe mai dimenticato: “È stata l’avventura della mia vita e della mia carriera”, diceva.
Se Tofano era stato il primo a darle fiducia, Antonioni le aveva permesso di entrare nel cinema con un contributo e un impegno pieno: Monica aveva scritto dialoghi, era entrata nella storia e si era sentita non solo un’attrice, ma parte attiva nel film. Michele le aveva dato fiducia e lei diceva sempre che “la fiducia fa miracoli”. Quello di Cannes per lei fu il primo “muro” di fotografi: erano almeno sessanta, forse settanta, schierati ad accoglierli. Monica sentiva salire l’ansia ed era emozionatissima. Ricordava le lacrime di gioia e gli occhi puntati su di loro, ma per la prima volta si era anche ritrovata di fronte a una platea rissosa e aggressiva. In sala si sentirono fischi e applausi e tra il pubblico si era scatenata una vera e propria bagarre: ma L’avventura non era il più bel film del mondo? Tornò in albergo a notte alta, sconvolta dalla serata. Dopo una notte insonne, però, la mattina successiva venne consegnato al concierge un foglio firmato dai più autorevoli critici e protagonisti del cinema presenti. C’era scritto, a grandi lettere: “L’avventura è il più bel film che sia mai stato presentato a un festival”, un manifesto di difesa del loro lavoro. Tra le firme Rossellini, Bazin e tanti altri. Al film “per il notevole contributo alla ricerca di un nuovo linguaggio cinematografico” andava il Premio speciale della Giuria (nell’anno della Dolce vita) e anche il Premio della stampa internazionale. L’avventura, con La corazzata Potëmkin, La madre, Quarto potere, La passione di Giovanna d’Arco, Tempi moderni e La grande illusione entrava tra i cento film da salvare di tutti i tempi. Monica ripensava spesso a L’avventura: di quel film le tornavano alla mente le emozioni e i ricordi. Era stato il suo primo ruolo importante, certo. E in quella storia incredibile c’era la storia di un incontro anche sentimentale, che aveva cambiato il suo punto di vista sul cinema.