Il Fatto quotidiano, 6 giugno 2022
Le armi illegali arrivano dai Balcani
Fucili d’assalto, kalashnikov, mitragliatrici. Poi esplosivi e pistole di ogni calibro. Ha toccato quota 200, tra il 2020 e il 2021 il numero di carichi sequestrati in Italia dai carabinieri del Ros sulle rotte del mercato illegale delle armi, quelle destinate alla criminalità organizzata. Decine di migliaia di pezzi di artiglieria che, secondo i dati in mano al Raggruppamento operativo speciale dell’Arma, arrivano in partiolar modo dai Balcani (ex Jugoslavia e Albania), in parte dal Medio Oriente e più in generale dai paesi dell’ex Unione sovietica. A cui potrebbe aggiungersi presto l’Ucraina. A rifornire la criminalità sono quei territori dove vi sono conflitti latenti, la cosiddetta “pace armata” che non smette mai di alimentare il mercato nero.
A questo proposito, negli ultimi anni – spiegano al Fatto fonti dei carabinieri – la rotta più attiva sembra essere quella albanese. Da una parte la guerra del Kosovo di fine anni 90 ha lasciato strascichi molto forti in quell’area. Dall’altro, le procura documentano come la mafia albanese abbia preso piede in diverse zone del Paese, tra cui la città di Roma. Non solo.
Ora l’attenzione degli investigatori si sta spostando sugli effetti conflitto russo-ucraino. L’allarme fu lanciato già a marzo dal procuratore antimafia uscente, Federico Cafiero De Raho e dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri. Dal 2014 – anno di inizio della guerra in Donbass – in Ucraina si è sviluppato uno dei mercati neri di armi più importanti in Europa. E già nel 2016 la britannica Sky News sottolineava come il prezzo di un Ak-47 – l’arma preferita dai terroristi – si aggirasse attorno ai 1.700 euro, mentre l’Aks-74u, la versione più moderna, si potesse trovare anche a poco più di 500 euro. Mentre lanciagranate e pistole viaggiano a prezzi anche più abbordabili (una ventina di euro l’una). Tutti “prodotti” che la mafia ucraino-romena presente in quell’area già vende (anche) ai clan italiani, avendo sviluppato ultimamente diverse piattaforme sul deep web.
Determinanti per le indagini dei Ros sono i rilievi dei Ris, i reparti investigazioni scientifiche che analizzano le armi sequestrate o utilizzate nei delitti di criminalità organizzata, rendendo possibile una ricostruzione della filiera seguita dall’artiglieria e tracciare così la mappa degli approvvigionamenti e dei rapporti criminali internazionali. Dal 2001 esiste l’Ibis (Integrated Ballistic Identification System), una banca dati balistica nazionale in cui vengono censite armi da fuoco portatili, bossoli e proiettili. Analizzando in particolare le attività del Ris di Roma (competente per il centro-sud), gli investigatori hanno riscontrato che le armi da fuoco portatili più utilizzate dalle mafie sono fucili semiautomatici, fucili mitragliatori e d’assalto, pistole semiautomatiche e revolver, mentre i calibri più frequenti variano dal 12 al 7,62 x 39mm e dal 6,35mm al 9mm. L’arma più utilizzata, neanche a dirlo, è il fucile kalashnikov.