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 2022  giugno 05 Domenica calendario

La crisi dei 5 stelle, città per città

“In quasi tutti i passaggi amministrativi siamo con il Pd. In alcuni casi andiamo da soli, in altri non ci siamo presentati perché quando non ci sono le condizioni per presentare una proposta seria preferiamo non prendere in giro i cittadini”. Giuseppe Conte fotografa così lo stato dell’arte del suo Movimento alla vigilia delle Amministrative. I numeri sembrano impietosi rispetto a cinque anni fa, quando si votava negli stessi Comuni, e forse lo sono: in otto capoluoghi su 27 (26 più Carrara, che fa provincia con Massa) il M5S non presenta il simbolo. Nei 15 in cui ha raggiunto l’intesa col Pd, mai il candidato è espressione diretta del Movimento, perché quasi sempre è un esponente dem o, più raramente è un civico. I numeri però vanno anche interpretati e in qualche modo è qui che i 5 Stelle possono trovare appiglio per le proprie speranze. Perché è vero che cinque anni fa i 5 Stelle presentavano ovunque un candidato sindaco, ma è anche vero che, pur essendo il M5S in piena parabola ascendente e a pochi mesi dal clamoroso 33 per cento delle politiche, solo in un paio di casi i suoi vinsero o arrivarono al ballottaggio. Segno di una sofferenza congenita alle Amministrative – a parte i clamorosi exploit di Virginia Raggi e Chiara Appendino – che non per forza rappresenta una condanna a livello nazionale.
Numeri Il Movimento smarrito nella provincia
Di certo qualcosa è andato storto, in questi mesi di preparazione delle liste. Soprattutto se si guarda ai Comuni più piccoli, in provincia, perché è lì che il Movimento non c’è più, presente soltanto in 64 città su quasi mille al voto. C’entra uno smarrimento nei meet-up che furono, oggi imparagonabili (quando ancora esistono) a qualche anno fa. Ma talvolta ci sono pure impedimenti dettati dalle dinamiche della città. A Verona, uno dei principali Comuni che non avrà il simbolo M5S in lista, un paio di attivisti correranno nella civica del candidato giallorosa Damiano Tommasi. Un equilibrismo obbligato, se non si voleva far saltare per aria la coalizione: “Con tutta la stima per Tommasi – ha scandito qualche settimana fa Carlo Calenda – se a Verona sarà in coalizione il M5S, Azione non ci sarà”. E per il quieto vivere, non solo con Calenda ma con tutta l’area centrista, ecco il compromesso, che però non può nascondere una crisi identitaria del M5S, che cinque anni fa qui sfiorò il 10 per cento. Il candidato di allora, Alessandro Gennari, è finito alla Lega, e la capogruppo Marta Vanzetta da tempo si è sfilata confessando “una delusione cocente”. Quel che resta è affidato a Tommasi. E almeno è qualcosa, rispetto per esempio a Parma. Anche qui manca la lista, ma pure i rapporti col candidato di centrosinistra sono pessimi, condizionati dalla rottura con il sindaco uscente Federico Pizzarotti, primo 5 Stelle a vincere in un capoluogo dieci anni fa ma subito cacciato dal Movimento per divergenze con Beppe Grillo. Pizzarotti ha scelto il suo successore, l’assessore Michele Guerra, e la popolarità di cui ancora gode il sindaco ha consigliato al Pd di accodarsi. Il M5S, lasciatosi malissimo con Pizzarotti, è rimasto all’angolo, con il nucleo storico degli attivisti ormai migrato altrove. Non è un caso, comunque, che i problemi maggiori siano a Nord. Il Movimento non si presenta neanche a ComoMonza e Belluno. Nel primo caso, si limita a sostenere la civica del suo ex candidato sindaco, Fabio Aleotti. A Monza doveva correre Elisabetta Bardone, ma all’ultimo momento è saltato tutto coi vertici del Movimento che hanno ammesso il bisogno di “ripensare il percorso politico”. A Belluno, nel Veneto mai troppo amico del M5S, niente lista ma solo un “sostegno esterno” promesso da Federico D’Incà – che qui è nato – al candidato di centrosinistra Giuseppe Vignato.
Problemi anche a Oristano, dove pure cinque anni fa Patrizia Cadau raccolse un dignitoso 7 per cento e capoluogo di una Regione storicamente favorevole ai 5 Stelle. La Cadau è stata espulsa da tempo e adesso si fa fatica a mettere insieme 30 attivisti da candidare, tanto che il consigliere regionale Andrea Solinas ha organizzato una civica a sostegno di Efisio Sanna, scelto dal Pd.
Non senza polemiche invece la rinuncia a Lucca, dove Massimiliano Bindocci (7,5 per cento nel 2017) aveva già messo insieme le firme per ricandidarsi prima che da Roma un comunicato gelasse le sue aspirazioni: “La tua richiesta di candidatura non è stata approvata”. Benzina sul fuoco del malcontento, visto che Bindocci ci sperava: “Ne prendo atto e in un certo senso mi libero di un peso che mi ha visto spesso in disaccordo col governo Draghi”. Il futuro, insomma, non promette bene.
Un po’ diverso, invece, il caso di Rieti. Manca il simbolo, ma gli attivisti – senza consultarsi con l’ex premier – si sono riuniti in una lista “Con-te”, il cui nome non può non far pensare a un test per progetti futuri sul nome del presidente.
Coalizione Scarseggiano i civici, vincono i dem
Nella maggior parte dei capoluoghi, il M5S è in coalizione col Pd. Il candidato, però, è quasi sempre dem o al limite un civico frutto di una condivisione. A L’Aquila corre la deputata Pd Stefania Pezzopane, a Gorizia l’ex senatrice Laura Fasiolo, a Frosinone l’ex sindaco Pd Domenico Marzi. E ancora: a Viterbo c’è l’assessore regionale della giunta Zingaretti, Alessandra Troncarelli, così come a Pistoia la candidata giallorosa è la dem Federica Fratoni. A Padova e a Taranto il M5S sostiene i sindaci uscenti Sergio Giordani e Rinaldo Melucci, entrambi Pd, dopo che nella città pugliese il Movimento ha gettato un capitale di consensi costruito sulle battaglie ambientaliste su Ilva e Tap. Giallorosa a trazione dem pure a Lodi, col giovanissimo Andrea Furegato (nel 2017, dopo l’arresto dell’ex sindaco Simone Uggetti, il M5S aveva il 10 per cento), ad Alessandria, con Giorgio Abonante, e a Messina, dove corre il segretario locale dem, Franco De Domenico. Solo in qualche caso l’intesa coi giallorosa ha portato a un candidato terzo. A Genova Ariel Dello Strologo deve fare un’impresa anche solo per portare Marco Bucci al ballottaggio, a Palermo Franco Miceli spera che le compromissioni delle destre possano aiutarlo.
Da soli Il dialogo fallito e i fantasmi del 12 giugno
La corsa in solitaria in quattro capoluoghi indica difficoltà di dialogo col Pd, ma testimonia almeno la volontà di esserci. E a Carrara sarebbe stato clamoroso il contrario, dato che cinque anni fa Francesco De Pasquale otteneva coi 5 Stelle una storica vittoria. Gli anni dell’amministrazione sono stati però complicati, De Pasquale ha escluso da tempo la ricandidatura e il Movimento ha virato su Rigoletta Vincenti, costretto ad ambizioni molto ridimensionate rispetto al 2017. Gli ostacoli sul percorso giallorosa si sono fatti sentire anche a Piacenza (il M5S corre con Stefano Cugini, ma è stra-favorita la dem Katia Tarasconi), Cuneo (è candidata Silvia Cina) e Barletta (con Maria Angela Carone), terra dove il M5S ottenne il 18 per cento. Uno dei tanti fantasmi con cui fare i conti il 12 giugno.