La Stampa, 4 giugno 2022
Le nuove rotte dei migranti
Era una rotta minore, quella che porta dal Mediterraneo orientale verso il mare Ionio. E invece da qualche mese i numeri sono esplosi. Una decina di giorni fa il sindaco di Roccella Ionica è stato ricevuto al Viminale da Luciana Lamorgese e la ministra ha garantito attenzione. A Roccella Ionica, infatti, nel giro di qualche mese si è passati da poche centinaia a più di 4mila sbarchi in pochi mesi. Servirà creare un hotspot solo lì. Ma più in generale il ministero dell’Interno dovrà attrezzarsi per numeri di accoglienza molto più elevati degli anni scorsi: nei primi cinque mesi dell’anno, siamo a 20mila sbarchi (erano 14mila l’anno scorso, 5mila due anni fa) e il trend non accenna a diminuire. Anzi, con la possibile carestia legata alla guerra, la situazione non potrà che peggiorare.
Roccella e la costa ionica sono diventate il terminale di una rotta molto particolare: qui arrivano in genere dei velieri, condotti da gente di mare molto esperta, ucraini, russi, ora anche georgiani, che sembrano avere abbandonato il Mar Nero per il Mediterraneo e per mettersi al servizio di mafie turche. I passeggeri sono invece quasi sempre afghani o siriani. Lamorgese è stata di recente non a caso ad Ankara. Ne ha parlato qualche giorno fa: «Ho fatto visita al ministro dell’Interno, proprio per mettere in evidenza l’aumento che c’è stato percentualmente rispetto all’anno scorso. Abbiamo avuto assicurazione che avrebbero operato con maggiore attenzione». Il collega turco però non ha mancato di fargli riferimento «ai milioni di profughi che hanno sul territorio».
Oltre al ravvivarsi di una rotta turca, da qualche tempo arrivano sulle coste italiane anche tantissimi egiziani. La crisi economica da quelle parti morde come non mai. E s’è visto subito: gli egiziani sono i primi per nazionalità, il 17% degli sbarchi in generale. Non è chiaro da dove partano; se da porticcioli periferici dell’Egitto orientale o dalla Libia cirenaica. In ogni caso, la ministra Lamorgese vorrebbe tanto parlarne con il governo del Cairo, ma come è noto, causa omicidio Regeni, i rapporti diplomatici sono al lumicino.
Di tutto questo movimento nel Mediterraneo si è parlato ieri a Venezia, in un convegno tra 5 ministri dell’Interno della Unione europea (Italia, Grecia, Spagna, Cipro e Malta), con il ministro francese Gérald Darmanin in videocollegamento e il ministro della Repubblica Ceca Vit Rakusan in presenza: si è infatti alla vigilia di un cruciale vertice tra ministri dell’Interno europei, a Strasburgo a fine giugno.
I cinque Paesi mediterranei arrivano con un documento comune che chiede solidarietà facendo leva sul rinnovato slancio mostrato verso i profughi ucraini. «Quando abbiamo deciso in Europa, subito dopo l’inizio della guerra, di riconoscere la protezione internazionale, abbiamo visto i 27 Paesi tutti uniti e d’accordo all’unanimità a votare questa decisione: quella è l’Europa che noi vorremmo», dice infatti la ministra Lamorgese, intervistata da SkyTg24.
I cinque ministri chiederanno anche una attenzione peculiare ai soccorsi in mare, che sottostanno a convenzioni internazionali, non aggirabili. E che i naufraghi in mare siano salvati da una nave umanitaria, oppure che siano soccorsi dalla nostra Guardia costiera, non cambia. «La nostra forza - dice ancora Lamorgese - è che siamo cinque con gli stessi problemi, perché siamo Paesi di primo approdo. Fondamentale è che l’Europa si faccia parte attiva coi partenariati coi Paesi terzi. Bisogna aiutare i Paesi in difficoltà, solo così si può fermare il flusso continuo. Non possiamo essere gli unici ad accogliere».
È palpabile infatti la preoccupazione tra i ministri che stia per scaraventarsi sulle nostre coste un’ondata di sbarchi mai vista, onda lunga dell’invasione dell’Ucraina. «Ci sono circa 300 milioni di persone a rischio di povertà e fame, dobbiamo pensare che ci sarà anche un aumento dei flussi. Cipro ha già avuto il 286% in più. Noi siamo sul 30%. Se non si riesce a portare via il grano dai porti del mar Nero dobbiamo attenderci un flusso maggiore. Di questo parleremo a Venezia per cercare di arrivare al prossimo Consiglio europeo con una strategia comune».