la Repubblica Corriere della Sera, 4 giugno 2022
In morte di Liliana de Curtis
Marino Niola per la Repubblica
Per tutti era la figlia di Totò. E scusate se è poco. Ma Liliana de Curtis, scomparsa ieri a Roma a 89 anni, non era solo la figlia amatissima del principe de Curtis. Era soprattutto la devotissima vestale che ha tenuto vivo il ricordo del comico più amato dagli italiani. E ne ha ricreato costantemente la memoria tessendo un filo ininterrotto tra la sua vita e quella paterna.
Liliana Focas Flavio Angelo Ducas Comneno de Curtis di Bisanzio Gagliardi, nata a Roma il 10 maggio 1933, quella sfilza di cognomi aristocratici ereditati dal padre li ha sempre portati con la grazia e la leggerezza di chi conosce la differenza tra la cose che contano e quelle che restano sulla carta. Fu battezzata Liliana per ricordare Liliana Castagnola, attrice che aveva amato follemente suo padre e si era suicidata per lui. Sua madre invece era Diana Rogliani, che nel 1951 aveva ispirato a Totò la celebre canzone Malafemmena .
Suo padre fu il vero «grande amore di Liliana e lei fu il più grande amore per il babbo», ha commentato Antonello Buffardi de Curtis, figlio di Liliana e del produttore Gianni Buffardi. Un amore protettivo e possessivo, al punto tale che l’attore non la mandò a scuola e la fece studiare in casa con precettori privati, proprio come nelle famiglie nobili d’antan. Ma fu anche un amore tenerissimo e struggente. Ogni sera tornando a casa Totò si nascondeva un sacchetto di gianduiotti all’interno del cappotto. E quando Liliana lo abbracciava sentiva quella specie di gobba. Allora cominciava a frugare finché scopriva la sorpresa. Diventò un pezzo di teatro dei sentimenti, che padre e figlia continuavano a recitare tutte le sere.
Dal grande papà Liliana aveva ereditato la generosità e la solidarietà. Amava sempre ricordare che Totò di notte si faceva portare a Napoli dal suo autista e infilava dei soldi sotto le porte dei bassi «per aiutare chi aveva bisogno, ma senza farsi vedere ». E quando parlava dell’emergenza immigrati si infervorava: «Vanno accolti. Mio padre li avrebbe aiutati sicuramente».
In realtà Liliana pensava il mondo e viveva la vita attraverso il filtro paterno. Non era una raccoglitrice notarile di ricordi, ma per sessant’anni ha fatto da interfaccia sensibile fraTotò e noi. Lo ha fatto con libri come
Malafemmena (2009) eTotò mio padre (2016) scritto con Matilde Amorosi. Ma anche con trasmissioni televisive come “Siamo stati uniti”, dove interpretava sé stessa. Il sogno di Liliana era un museo per Totò nella sua Napoli. Il progetto a cui lei ha dedicato una vita avrebbe dovuto prendere corpo in palazzo Spagnolo, nelrione Sanità. Il ministro Dario Franceschini, nell’esprimere il dolore per la scomparsa dell’attrice, ha detto che il «ministero della Cultura è al lavoro per rendere concreta l’idea di una grande sede museale», ossia l’ex Monte di Pietà di Napoli.
I funerali di Liliana si terranno domani all’ombra del Vesuvio, come fu per Totò, per Massimo Troisi eper Pino Daniele. E prima ancora per Enrico Caruso. Perché Partenope i suoi figli li mette al mondo due volte. In questo mondo e poi nell’altro. Alla morte di Pino Daniele Liliana si era molto commossa e aveva commentato «adesso Pino e Totò sono insieme e si stanno dicendo che Napoli è un’altra cosa». Ora sono in tre.
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Emilia Costantini per il Corriere della Sera
«Anche se mio padre non ha mai voluto che facessi l’attrice, penso che ora sarebbe contento di questo debutto». Con queste parole, in un’intervista Liliana de Curtis annunciava quasi trent’anni fa il suo «battesimo» teatrale al Sannazzaro di Napoli. Ieri l’attrice e scrittrice, unica figlia del mitico Totò e della sua unica moglie Diana Rogliani, si è spenta a 89 anni. Il funerale si svolgerà, probabilmente domani, a Napoli, nel Rione Sanità dove è nato il grande attore e nella chiesa dove fu battezzato.
Già vedova di Sergio Anticoli, lascia due figli, Antonello, avuto dal primo marito Gianni Buffardi, ed Elena che oggi dice: «Mia madre si è spenta serenamente nella sua casa romana, è stata accudita dal Centro di cure palliative». Aggiunge Antonello: «Mamma era una donna simpatica, divertente, proprio come mio nonno: era un Totò in gonnella, per la somiglianza fisica, ma soprattutto per il sense of humor e per la genialità. Purtroppo è stata colpita da un ictus e ha perso coscienza di sé. Però era una tosta, non voleva andarsene, e alla fine ha dovuto cedere. Il suo motto era: non c’è aiuto senza amore, non c’è amore senza aiuto».
Liliana era nata a Roma il 10 maggio 1933 e il suo nome era dovuto al ricordo che il padre, Antonio de Curtis, nutriva nei riguardi della soubrette Liliana Castagnola, cui era stato legato sentimentalmente prima di sposare Diana, e che si era suicidata per lui. A causa di un padre artisticamente ingombrante, solo all’età di 60 anni decise di salire sul palco e provare l’emozione della recitazione, con lo spettacolo Pardon Monsieur Totò, liberamente tratto dal libro autobiografico Siamo uomini o caporali? scritto dallo stesso Principe della risata.
«Non dico che mi piacerebbe essere all’altezza di papà — affermava Liliana — ma spero perlomeno di sfoderare soltanto un poco di quella verve che lo caratterizzava». Le prime esperienze da attrice cinematografica risalgono al 1940, quando partecipò al film San Giovanni decollato, di cui era protagonista Totò, e nel 1954 al film Orient Express di Carlo Ludovico Bragaglia. Avrebbe voluto intraprendere la carriera attoriale, «ma papà, che era tanto geloso e conosceva bene l’ambiente dello spettacolo, non mi diede mai il permesso di recitare». Alla memoria di Totò aveva poi dedicato libri biografici, tra cui Malafemmena.
L’ultimo saluto della figlia Elena: «Oggi mamma mi fai piangere, ma fino a ieri mi hai fatto sorridere e, mentre scrivo, sento il tuo respiro flebile e stanco: a breve questo respiro non lo udirò più. Ti voglio bene assaje».