la Repubblica, 4 giugno 2022
Intervista a Jeff Goldblum
Dopo i treSpider-Man a convivere nella stessa ragnatela anche la saga giurassica, che di clonazioni se ne intende, propone Jurassic World: Dominion, film (in sala con Universal) che mette insieme il cast della trilogia battezzata da Spielberg nel 1993 – merchandising e aspiranti paleontologi a frotte – e di quella ripresa nel 2015 da Colin Trevorrow che firma anche l’ultimo capitolo. In un mondo in cui tirannosauri, pterodattili & co., liberati da Isla Nublar, sono a fianco degli uomini, l’agricoltura rischia di essere distrutta da locuste giganti fabbricate dalla multinazionale di un miliardario tech-giovanilistico che ha creato per i dinosauri un santuario sulle Dolomiti. Lì convergono Laura Dern, che ha chiamato in aiuto Sam Neill contro le locuste (lui ha ancora una loro foto insieme, romanticone), ma anche Bryce Dallas Howard e Chris Pratt, decisi a riprendersi la “figlioccia” clone (Isabella Sermon) rapita. Lì ritrovano lo scienziato Jeff Goldblum, che intervistiamo via zoom da Londra.
Dai dinosauri del ‘93 a quelli di oggi.
«Il primo film è stato una rivoluzione tecnologica, sul fronte degli effetti speciali. Eravamo strabiliati dalle nuove frontiere, dalla possibilità di portare sullo schermo dinosauri che sembravano veri. Poi sul set ricordo Steven con la palla da tennis che diceva “guarda, ecco Laura, qui c’è il dinosauro” e faceva il verso... Oggi si è andati avanti, Colin ha voluto meno digitale e più creature tangibili con cui interagire».
Il suo personaggio si schiera contro il negazionismo, che durante la pandemia è stato forte.
«Non ho mai dubitato per un attimo di quello che gli scienziati ci comunicavano. Credo ciecamente nel mio dottore, faccio quel che mi dice, mio padre era medico. Penso che il mio personaggio, Ian Malcolm, faccia un discorso che ben si attaglia alla realtà che ci circonda. Presto scopriamo la sua missione, pericolosa e sovversiva, nei confronti delle mire profittatorie del capitalismo. Non voglio dire che oggi dalla Silicon Valley vengano tutti i cattivi, non mi piacciono i cliché. Ma l’avidità e il potere, in un mondo interconnesso come quello di oggi, ci danneggiano tutti».
Il suo rapporto con gli animali?
«Li adoro, ho un cane favoloso. Ma non sono coraggioso. Mia sorella, che recupera cani abbandonati, me ne ha portati in casa due con problemi mentali ed è stato spaventoso, mi sentivo minacciato in salotto, provavo a giocare con loro e lei “non guardarli in faccia o ti attaccheranno”. Uno stress... Ho avuto una fidanzata che aveva ungattino raro che mi graffiava, non voglio sanguinare a casa mia. Mi è arrivato un falco nel cortile di casa, mi sono chiuso a guardarlo dalla finestra. Mi piace osservare. Ai tempi diLa mosca ne catturai una in un contenitore per studiarne i movimenti. Ma non le feci del male».
Porterà i suoi figli a vedere i film
in sala?
«Hanno cinque e sette anni e non ci sono mai andati per via dei due anni di Covid. Li abbiamo quasi sempre tenuti lontani da ogni tipo di schermo, anche se a scuola hanno imparato la tecnologia e maneggiano tutto meglio di me.
Intanto ho fatto vedere loro una serie di film, tra cui il primo
Jurassic Park che li ha spaventati un po’, il 12 li portiamo all’Imax per questo film. Se si spaventano andiamo via».
È un popcorn movie, con un messaggio per il grande pubblico.
«Se c’è una cosa che dice il film, e mi interessa, è che la convivenza pacifica è necessaria. Con i dinosauri, ma soprattutto tra gli uomini. È stupido e devastante cercare di risolvere le cose con la violenza».
C’è un grande ritorno degli Ottanta e Novanta al cinema. Che ricorda dei suoi?
«Da spettatore adoro i Settanta: da