la Repubblica, 4 giugno 2022
Il bavaglio delle procure che vietatano ai magistrato di parlare con i giornalisti
ROMA – Poche righe. Ma destinate a cambiare il destino dei rapporti tra magistrati e giornalisti nelle procure di tutt’ Italia. Sono quelle che faranno punire il pm o il giudice che parla con la stampa, anche solo per smentire una notizia sbagliata. Un nuovo illecito disciplinare. Contenuto nella riforma del Csm che il Senato, salvo (improbabili) sorprese, approverà a metà giugno. Un illecito – contestato da tutta la magistratura – “figlio” della direttiva sulla presunzione d’innocenza. Entrata in vigore a dicembre, firmata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia, espressamente richiesta da Enrico Costa di Azione che l’ha trasformata in un vessillo per l’avvocatura e per i garantisti. E che la difende: «Ci aspettavamo vari tentativi di far rientrare dalla finestra quello che la legge ha fatto uscire dalla porta. Ora toccherà alla ministra stoppare, anche attraverso l’ispettorato, ogni possibile elusione». Il centrodestra l’ha sottoscritta, M5S e Pd l’hanno subita, senza troppe contestazioni. La stessa Fnsi l’ha presa sotto gamba, tant’è che ha dato forfait alla Camera pur chiamata per le audizioni.Ma ora siamo alle conseguenze della stretta, a quell’illecito disciplinare che, per auto protezione, farà chiudere le porte, la bocca, i telefoni dei magistrati. La direttiva chiede, esige, che i magistratitacciano. Toghe autorevoli sostengono che la traduzione italiana della direttiva europea del 2016 sia «davvero pessima». E che vi sia soprattutto una violazione contenuta in un avverbio. Quel “esclusivamente”, riferito ai contatti tra pm e giornalisti che potranno realizzarsi, per l’appunto, “esclusivamente” attraverso le conferenze stampa. Possibili però solo se esistono motivi “di interesse pubblico”. Solo a quel punto il procuratore – l’unico legittimato a parlare, perché per i pm vige l’assoluto silenzio – potrà decidere, motivandone per iscritto le ragioni, di fare una conferenza stampa. Regole che, ovviamente, dovranno essere seguite anche dalle forze di polizia. Che hanno già tagliato i rapporti con la stampa. Con un’unica, e rischiosa, conseguenza, notizie incontrollate che possono solo danneggiare gli stessi imputati. In compenso, a fronte di interpretazioni rigide, come quella della procuratrice di Torino Anna Maria Loreto del 25 maggio, che applica la direttiva Cartabia alla lettera, ecco l’apertura del procuratore di Perugia Raffaele Cantone sulle ordinanze di custodia cautelare. In una circolare del primo giugno Cantone autorizza “il rilascio ai giornalisti di copie degli atti processuali non più segreti”. Proprio come aveva fatto, a Napoli, il procuratore Gianni Melillo, oggi capo della Direzione nazionale antimafia.Anticipando di gran lunga la direttiva, tant’è che le prime aperture c’erano già state nel 2017, un anno dopo Melillo dà la possibilità di accedereagli atti.Come ha spiegato in più di un convegno, «una via trasparente», che non ha portato né a lamentele, né tanto meno a critiche degli avvocati, i quali anzi, salutandolo in occasione del suo trasferimento a Roma, gli hanno dato atto dell’apertura.