Corriere della Sera, 4 giugno 2022
Putin silura il generale Aleksandr Dvornikov
«La vittoria sarà nostra». «Raggiungeremo tutti gli obbiettivi prefissati». Cento giorni, mille balle.
Volodymyr Zelensky deve dare morale alle truppe esauste e nel solito video combatte il pessimismo dei dati con l’ottimismo dei sogni: «Le tre parole per le quali combattiamo da cento giorni e dopo otto anni – ricorda il presidente ucraino – sono pace, vittoria, Ucraina». Tre parole che al momento non sembrano significare granché, a guardare il teatro di guerra: cento giorni e cento soldati morti ogni giorno, fa i conti l’arcivescovo di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, un fronte che pericolosamente arretra di continuo. Le parole che oppone Mosca – raggiungere gli obbiettivi prefissati – suonano male pure quelle, però: l’autoproclamata repubblica di Lugansk è ormai conquistata al 90%, ma per prendere Donetsk «occorrerà ancora molto tempo», analizza la Difesa inglese, con inevitabili perdite che Putin tollera sempre meno.
Sul campo
Anche a questo si collega, forse, l’improvviso siluramento del generale Aleksandr Dvornikov, «il macellaio della Siria» che gestiva l’«Operazione militare speciale»: il cambio era nell’aria, pur se la rivelazione è d’un sito investigativo russo e il Cremlino non conferma, perché Dvornikov da due settimane non appariva più nelle immagini dei vertici militari a Mosca. Dopo soli due mesi dalla nomina, com’è accaduto per il generale rimosso, affondamenti del genere sono rari in Russia e perciò si sussurra d’un malcontento di Putin: Dvornikov, sul petto il medagliere conquistato nella guerra siriana, avrebbe convinto il leader del Cremlino dell’inutilità di chiamare alle armi gli over 40. Una scelta che forse ha pagato col dimissionamento: l’andamento della guerra, gli assedi troppo lunghi di Mariupol e ora di Severodonetsk, avrebbero spazientito lo Zar, spingendolo a cambiare idea sull’arruolamento anche dei più anziani e, quindi, a cambiare cavallo. Al posto del «macellaio siriano», arriverebbe il fedelissimo viceministro della Difesa, Gennady Zhidko.
La diplomazia
Lo stallo è evidente. Sul piano militare, i russi non sembrano mutare strategia. Su quello diplomatico, Putin ha capito i rischi che comporta il blocco del grano per gli africani – c’è un continente in allarme – e di colpo allenta: «Nessun problema a esportare dall’Ucraina». Da Mariupol e Berdiansk, «siamo pronti a offrire passaggi sicuri alle navi che usano questi porti, anche a quelle ucraine» (che però, quei porti, non possono più utilizzare). Quanto a negoziati diretti per un cessate il fuoco, fumata nera: Mosca continua a chiudere. Un incontro Putin-Zelensky? «Non vedo alcun senso a discutere questa questione, nemmeno in teoria», ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Ma i media americani parlano di colloqui sull’asse Usa-Ue-Gran Bretagna per analizzare un possibile quadro per la tregua attraverso accordi negoziati: sul tavolo anche il piano dell’Italia.
Intanto gli ucraini rivendicano d’avere guadagnato terreno a Severodonetsk, e l’ordine è di resistere finché non entreranno in azione i lanciamissili Himars a più lungo raggio che gli Usa stanno mandando. La chiamata alle barricate sta mobilitando tutti i mercenari a disposizione, la Legione Straniera ucraina è piena di georgiani e d’europei: un «volontario» francese è morto. Il centounesimo giorno s’annuncia uguale agli altri cento.