Corriere della Sera, 4 giugno 2022
Il bilancio di Kiev
Fogli e pennarelli non bastano. Bisogna convincerli a stare seduti, perché sono ipercinetici. E a disegnare, perché sono ipobulici: «A volte ci vuole anche un’ora». Molti bambini si rifiutano proprio. E quando finalmente osano qualche segno, racconta la psicologa Iryna Frankova, usano solo il nero e il rosso. Macchie informi. Macchine schiacciate. Case senza il tetto. Biciclette per terra. O gatti con le lacrime. All’ospedale pediatrico Ohmadtit lo vedono tutti i giorni, quanto costi una guerra. La sala d’attesa è piena: «Abbiamo centinaia di casi d’ansia, disagio, insonnia. Non vorremmo esagerare con gli psicofarmaci. Ma noi siamo in pochi. E i bambini in cura, troppi. Non abbiamo tempo per una vera psicoterapia».
Tutta l’Ucraina è uno scarabocchio nero chiazzato di rosso. Per ricordare i 243 bambini uccisi dall’invasione barbarica, oggi a Kiev organizzeranno una cerimonia dalle parti della colossale statua brezneviana della Madre Patria. Una cosa breve, però: c’è da pensare a vivi e sopravviventi, moribondi e morituri. Agli altri bambini spariti: 200 mila, dicono gli ucraini, che i russi «hanno deportato dal Donbass, per far sì che dimentichino per sempre il loro Paese e non siano più in grado di tornare». Quanti danni provocati da questi cento giorni «d’emozioni e di duro lavoro, di sanguinose battaglie e di perdite», dice il sindaco della capitale, Vitaliy Klitschko. «Da noi siamo ben oltre l’orlo della catastrofe umanitaria», riassume il suo collega di Mariupol, Vadym Boichenko, «i nostri 20 mila morti sono il doppio di quelli che la città ebbe nella Seconda guerra mondiale, per non dire del 95% di case distrutte e della rete telefonica completamente saltata». A Mariupol s’è già vicini all’emergenza epidemie, niente gas e niente luce, ma l’acqua potabile è introvabile anche a Severodonetsk e nell’oblast di Lysychansk, dove il governatore Alexander Zaika parla d’un 60% di territorio «totalmente devastato». Si capisce che cosa ci attende: «Tutti aspettano l’autunno – prevede una ricerca della Kyiv School of Economics —, quando i danni pesantissimi della guerra d’attrito colpiranno duro il morale degli ucraini e le 5 mila sanzioni mirate quello dei russi».
I costi umani
Quanti danni? Mosca soffre i 300 miliardi di dollari congelati nei fondi all’estero, le mille società straniere che se ne sono andate, il traffico aereo precipitato da 8,1 a 5,2 milioni di passeggeri, l’indice azionario Moex Russia sceso del 40%, l’inflazione al 17,8%. Kiev s’è vista spazzare via il 35% del Pil, bloccare 22 milioni di tonnellate di grano, più il resto. Le cifre più improbabili sono sui costi umani. Il numero esatto di morti è sempre un mistero: i 4.169 civili uccisi secondo l’Onu sono, sicuramente, un dato per difetto, se rapportato anche solo ai 20 mila registrati a Mariupol. I 60-100 soldati ucraini perduti al giorno, ammessi da Zelensky assieme ai 500 feriti quotidiani, quanto a credibilità fanno il paio con la certezza dei 30 mila nemici russi uccisi. Fonti (abbastanza) indipendenti di Mosca parlano di 3.203 caduti fra le truppe di Putin, contro i 1.351 ammessi dal ministero della Difesa; gl’inglesi citano 15 mila morti, con 40 mila feriti. Forse esagerato, non infondato, il commento dello stesso Zelensky: ci stiamo avvicinando al numero di vittime che «i sovietici ebbero in dieci anni d’Afghanistan».
C’è più chiarezza sulla quantità di profughi: per superficie, il 20% d’Ucraina conquistato dai russi equivale suppergiù all’intera Croazia più un pezzo di Slovenia, e sono ancora pochi (3 milioni) gli ucraini che stanno rincasando dopo essere sfollati in altre città (8 milioni) o scappati all’estero (7 milioni), perlopiù in Polonia; 16 milioni d’ucraini sono privi di quasi tutto, dice l’Onu, e i 2 miliardi d’aiuti stanziati per nutrirli e assisterli possono bastare solo fino ad agosto.
Scuole, ospedali, ponti
La guerra dei cento giorni è un rosario dolente di numeri in crescita: 220 mila le persone che non hanno nemmeno un tetto dove stare, perché i 5 mila palazzi civili – distrutti e censiti solo un mese fa – sono diventati 38 mila, otto volte tanto. Le scuole, gli asili, le università in macerie sono quasi 1.900. Un migliaio le fabbriche e gli ospedali (in aprile erano la metà), 40 mila i chilometri di strade, 300 i ponti e le centrali elettriche, una decina le dighe e gli aeroporti, innumerevoli le stazioni ferroviarie.
Anche il calcolo d’oltre 500 miliardi di dollari, ormai, è vecchio e servirà ben altro delle volonterose aste online che per raccogliere fondi hanno messo in vendita i tesoretti della cronaca: il cappellino rosa e il microfono di cristallo della Kalush Orchestra all’Eurovision, le felpe di Zelensky autografate, le Lamborghini degli oligarchi ucraini e le loro collezioni di quadri…
I beni culturali
A proposito d’arte: i russi hanno tirato giù 390 fra chiese, teatri, musei, biblioteche, palazzi storici ed è per questo che Kiev chiede d’espellere la Russia dall’Unesco. Non è una distruzione qualsiasi e talvolta, anzi, è ben mirata: a Sviatohirsk, per la terza volta in tre mesi è stata bombardata la Lavra della Santa Dormizione, un celestiale monastero del Donetsk scavato nelle montagne. Un dedalo bianco e azzurro di bellezza stupefacente. Il principale luogo di culto dell’Ucraina orientale: fino a qualche giorno fa obbediva al patriarca Kirill di Mosca e che ora, dopo lo scisma che ha portato tutta la Chiesa di qui a staccarsi dai pope filo-Putin, s’è voluto punire. «Ve lo siete distrutto da soli e vi preparate a chiedere i danni anche per questo?», dicono beffardi da Mosca. «Ci vogliono crocifiggere», è il commento del patriarca di Kiev: e far pagare pure i chiodi.