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 2022  giugno 03 Venerdì calendario

Quarant’anni di Apple in Italia


All’inizio fu presentata come una macchina per rendere gli ingegneri migliori. Sono passati 40 anni e come si dice sembra ieri: eppure da quel modello Apple III arrivato in Italia quasi di nascosto, tutto è cambiato nel mondo della tecnologia. Generazioni.
Insomma: la storia di Apple nel nostro Paese compie 4 decadi, da quel 1982 in cui una piccola azienda di Reggio Emilia si innamorò di un prodotto rivoluzionario. E, allora, per certi versi incomprensibile. Fu infatti la Iret ha importare e commercializzare da noi i computer della Mela, e lo fece per 3 anni: dopo averne venduti 2 milioni di pezzi, Apple capì che qui c’era mercato. E fece da sola. Allora c’era da battere la concorrenza dei Commodore 64 e il paragone era improponibile: nessuno all’inizio capiva che ci dovesse fare con un computer sulla scrivania di casa, e dunque il raffronto del mercato era impietoso. Eppure i 6000 modelli venduti nel 1983 era un segnale, lo stesso anno in cui Steve Jobs – parlando a una conferenza di design in America – diceva che un giorno avrebbe messo «uno schermo di un computer in un libro da portarsi in giro». Era insomma l’idea dell’iPad, che arriverà solo 28 anni dopo. Ma d’altronde un visionario ha in testa il futuro in anticipo, ed ecco allora che Steve disse pure che il problema del networking sarebbe stato risolto nel giro di 10 anni. Così fu, con l’arrivo di internet.
Intanto il rapporto tra Apple e l’Italia si è sempre più consolidato: fu durante un giro a Firenze nel 1985 che Jobs si innamorò della pietra serena in uso in molti arredamenti toscani, e la fece diventare sua quando cominciò ad aprire gli Apple Store. Così come in Italia Apple si rifornisce di molti materiali, per esempio – come abbiamo rivelato qui sul Giornale in un articolo- dei magneti che chiudono perfettamente i MacBook con un suono armonioso. Arrivano da un’azienda di Rho.
Insomma: non è solo per il fatto che l’attuale vicepresidente e CFO dell’azienda più grande del mondo sia Luca Maestri. Il rapporto di questi 40 anni tra Apple e l’Italia è stato un successo. E continua ad esserlo. Ci sono ormai 17 Apple Store (il primo di Roma è stato aperto nel 2017), un museo a savona aperto e alimentato dagli appassionati, un’Accademia per sviluppatori a Napoli, numerose app tricolori dell’App Store e un rapporto stretto che ora lega Tim Cook con l’Osservatorio Giovani Editori di Andrea Ceccherini. E d’altronde, quardando i numeri, il nostro mercato ha fame della Mela, visto che dopo l’uscita di iPhone 13 Apple è tornata in cima alle vendite ne periodo relativo all’ultimi trimestre del 2021, con un 22% di quota su totale degli smartphone acquistati dai consumatori. Da qui non solo la visita che Cook fece agli studenti della Bocconi nel 2015, ma anche il recente appello del grande capo agli innovatori italiani sulle colonne dell’inserto Login del Corriere: «Quando Apple aprì la sua prima sede in Italia, il mondo era alla vigilia di un periodo di cambiamenti epocali. Nel decennio successivo, l’introduzione del computer Macintosh e la nascita di Internet diedero il via a un’ondata di innovazioni che avrebbero rimodellato il rapporto dell’umanità con la tecnologia...abbiamo l’irripetibile opportunità di dare forma al futuro in cui vogliamo vivere. Le decisioni che prendiamo oggi su come ricostruire e dove concentrare le nostre risorse lasceranno il segno per molti decenni a venire». Decenni in cui Apple continuerà ad esserci e nei quali l’Italia sarà sempre uno dei suoi centri di gravità permanente.