la Repubblica, 3 giugno 2022
Biografia di Kirill
Nei giorni del conclave che il 27 gennaio del 2009 portarono alla sua elezione come patriarca di Mosca e di tutte le Russie, il quotidiano Vedomosti lo battezzò «il candidato del potere». Da allora Kirill ha trasformato la Chiesa russa ortodossa in una macchina politico-religiosa al servizio di Vladimir Putin arrivando a definirlo «un miracolo di Dio» dopo la crisipost-sovietica degli Anni Novanta.
Il patriarca russo ortodosso è molto più di «un leader religioso», come ha dichiarato il presidente ungherese Viktor Orbán che ha voluto a tutti costi che fosse risparmiato dal sesto pacchetto di sanzioni varate dalla Ue. Kirill ha rianimato il vecchio concetto bizantino di “symphonia”, dove Chiesa e Stato si completano a vicenda. Haagitato il suo turibolo per benedire ogni guerra di Putin come «santa», dalle crociate anti-gay all’offensiva in Siria fino alla cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina. Pronto a definire «forze del male» quelli che le autorità russe hanno classificato come “Paesi ostili” o a invitare i russi a «riunirsi» attorno al leader per combattere i suoi «nemici esterni e interni».
Kirill, al secolo Vladimir Mikhailovich Gundjaev, viene come Putin da quella che 75 anni fa era Leningrado, l’attuale San Pietroburgo. Seminarista a 19 anni, a soli 42 anni diventa capo del Dipartimento delle Relazioni esterne. Una carriera folgorante tanto da alimentare i sospetti di una sua militanza nel Kgb e per niente immacolata. Ben presto si guadagna il soprannome di “metropolita del tabacco” perché avrebbe approfittato delle esenzioni fiscali ecclesiali per commerciare sigarette e accumulare enormi ricchezze. Accuse sempre smentite a dispetto dei costosissimi orologi esibiti al polso e dei party su lussuosissimi yacht.
Quando nel 2009 Kirill succede al defunto Alessio II, che aveva ricostruito la Chiesa dopo il crollo dell’Urss e del suo ateismo di Stato, definisce il femminismo «pericoloso» e le nozze gay «un segnaledell’Apocalisse». Diventa subito chiara la sua sintonia con il Cremlino nella difesa dell’identità nazionale russa e dei valori conservatori in contrapposizione al liberalismo occidentale. Una “sinfonia” che nel 2012 il gruppo punk Pussy Riot prova a stigmatizzare cantando una preghiera anti-Putin nella Cattedrale del Cristo Salvatore. Kirill rifiuta le richieste di grazia e anzi denuncia la «blasfemia». Da allora ricorda regolarmente ai fedeli che non devono protestare. Il 2020 è la consacrazione dell’alleanza con Putin con l’iscrizione di un riferimento a Dio nella riformata Costituzione, la stessa che autorizza Putin a restare al potere fino al 2036 e che definisce il matrimonio come unione tra uomo e donna. Come Putin, Kirill considera l’Ucraina e la Bielorussia come Paesi “fratelli” che sarebbero dovuti rimanere sotto l’egida di Mosca e non come nazioni separate. Fedele all’idea del “Russkij Mir”, il Mondo Russo, con Mosca come centro politico e Kiev come culla spirituale. Perché è in Ucraina, con il battesimo del principe Vladimir I di Kiev detto il Santo, nel 988, che si fa risalire l’origine della civiltà russa. Ecco perché la piattaforma ucraina Euromaidan Sos aveva perorato che fosse sanzionato. Mentre due attivisti per i diritti umani, Willy Fautré e Patricia Duval, erano andati persino oltre chiedendo alla Corte Penale Internazionale di incriminarlo «per inspirare, incitare, giustificare, aiutare e sostenere crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati dalle forze armate russe in Ucraina».