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 2022  giugno 03 Venerdì calendario

Cronaca della 76esima festa della Repubblica

 L’Inno, il rombo delle Frecce tricolore, gli applausi per medici e sindaci. Ieri ai Fori Imperiali gli elementi perché la parata per la 76esima Festa della Repubblica scivolasse via come tante altre c’erano tutti. Eppure non poteva essere così. La guerra alle porte dell’Europa inevitabilmente finisce con l’ammantare l’intero corteo. Nonostante il motto scelto – L’Italia si muove per la pace – e le continue sottolineature dei giorni scorsi, è inutile nascondere che gli 80 gonfaloni militari e la bandiera della Nato, sventolata in apertura assieme a quella dell’Onu e della Ue, stavolta hanno un valore differente.
Proprio come i volti coperti dei corpi speciali. Nulla da togliere agli iconografici corpi bandistici o a cavallo, ma quando sui sampietrini roventi poggiano gli scarponi intere compagnie del 9° reggimento d’assalto, i paracadutisti del Col Moschin, quando passano i marinai-incursori del Comsubin o quelli della 1° Brigata aerea dell’Aeronautica, la forza militare italiana appare dirompente. Ancora di più quando ad avanzare lentamente sotto gli occhi attenti delle più alte cariche dello Stato sono mezzi e armi. Alcuni dei quali peraltro figurano tra quelli inviati a Kiev o che comunque sono eternamente presenti nell’elenco dei desideri che l’esercito ucraino presenta di volta in volta agli alleati anti-Putin. È il caso del sistema d’arma missilistico a cortissima portata Stinger. Ma anche dei veicoli tattici leggeri Lince o, soprattutto, il veicolo Orso delle unità del Genio guastatori, dotato di sensori e attrezzature iper tecnologiche per la ricerca e la neutralizzazione di ordigni esplosivi.
Il corteo rende evidente le forze a disposizione. Gli uomini a cavalcioni sulle rampe idrauliche del mezzo d’assalto Mars, il susseguirsi dei blindati Flyer 72 o l’Amarok Cbrn in dotazione all’Aeronautica militare, impiegato per il campionamento di agenti chimici, radiazioni nucleari e agenti biologici, restituiscono un’immagine parziale ma fedele.
L’ESIBIZIONE
In altri termini superata la pandemia e superate, per una volta, le polemiche da spending review sulla difesa, quella di ieri è risultata un’esibizione più incentrata sulla forza. A memoria del resto, quest’anno la parata è stata la più ampia degli ultimi anni, almeno fino a quando il Covid non l’ha bloccata. La narrazione di ieri non è stata più quella dei soldati impiegati prevalentemente per il soccorso dopo le calamità.
Sotto gli occhi delle più alte cariche dello Stato, hanno marciato in 5mila tra uomini e donne, militari e non. In numeri assoluti quasi il 20% in più rispetto all’ultima sfilata, quella del 2019. Un messaggio chiaro in una fase delicata? Non servono conferme, bastano le immagini. Il risultato è stato stupefacente, specie per chi per un attimo ha discostato lo sguardo dalla parata per puntarlo poco più in là, sul volto ammirato dei diplomatici accreditati in Italia. Tanto che qualcuno tra le tribune quasi rimpiange l’assenza del corpo diplomatico russo e bielorusso.
A terra il dispiegamento suscita rispetto. Anche quando a sfilare, sono alcuni dei simboli più rappresentativi delle dotazioni militari italiane. È il caso del Siluro a Lenta Corsa, meglio conosciuto come Maiale, protagonista di alcune tra le più grandi imprese della Seconda Guerra Mondiale nel Mar Mediterraneo.
In cielo la Difesa non si mostra da meno. A parata quasi conclusa sopra i Fori Imperiali super affollati, oltre al volo degli ormai iconografici paracadutisti col tricolore che atterrano proprio di fronte al presidente Sergio Mattarella, inizia a sentirsi chiaro il rombo di venti elicotteri. Compresi i Mangusta, i quadripala d’attacco made in Italy già invidiati da mezzo mondo. E oggi forse anche dall’altra metà.