Avvenire, 3 giugno 2022
Un trono per due. A Madrid
La storia rimanda a “I due re nei due labirinti” il celebre racconto dell’Aleph di Borges. Se non fosse che le parti fra il monarca di Babilonia e quello di Arabia sembrerebbero invertite. Poiché, nell’attualità, Juan Carlos I emerito di Spagna non pare disposto a perdersi nel deserto, meno a ritirarsi nel silenzio dell’eremo. Il breve soggiorno, che a maggio ha interrotto 22 mesi in esilio ad Abu Dhabi per il weekend spagnolo fra le regate sul Bribón, l’affetto cortigiano dei nostalgici del “juancarlismo”, le sovraesposizioni e le sue reticenze calcolate – accolte dal gelo alla Zarzuela e criticate dalla Moncloa – ha confermato una realtà scomoda per molti: che l’abbrivio preso dal resiliente ex sovrano di 84 anni non ammainerà. Che le sue rimpatriate saranno ricorrenti e che è impossibile aspettarsi la «discrezione» richiesta al padre da re Felipe VI, per una convivenza pubblica “pacifica”.
Seppure entrambi siano obbligati a un’unità di intenti per la sopravvivenza della Corona. «Grazie, caro capitano, per il tuo permanente esempio di vita intensa dedicata al servizio della nazione», le parole con cui 8 anni fa Felipe raccolse in Parlamento lo scettro dal padre, forzato ad abdicare. Spionaggio, safari di elefanti, conti nei paradisi fiscali, un esercito di amanti, storie di intimidazio- ni e ricatti con la copertura dell’intelligence, denunciati dall’ex compagna di vita e d’affari, Corinna Larsen, avevano “detronizzato” il «monarca senior». «La Corona deve saper guadagnarsi continuamente rispetto e affetto, osservare una condotta integra, onesta, esemplare», lo spartiacque tracciato dal nuovo capo dello Stato. Con l’infanta erede al trono Eleonor, Felipe ha rinunciato all’eredità, ha imposto un “codice etico” che impedisce di ricevere regali, ha ritirato al padre l’appannaggio istituzionale, escludendolo dall’agenda della Casa Reale e da ogni funzione di rappresentanza dentro e fuori dal Paese. E gli impedito di pernottare al palazzo della Zarzuela, sua residenza durante mezzo secolo.
Oggi, anche se le accuse per 13 reati diversi – da quelli di capitali occultati in paradisi fiscali, alle sospette tangenti sull’Alta velocità fra la Mecca e la Medina – si sono frantumate contro il muro della prescrizione e dell’immunità che ha protetto Juan Carlos fino al 2014, la “relazione istituzionale” fra i due re è in pratica inesistente. Tuttavia, tentare di differenziare – come si vorrebbe – la persona dal personaggio storico allevato da Franco, e che nel ’78 traghettò la Spagna nella Transizione a una democrazia benevolente (nelle parole di Eduard Punset), difendendola poi contro il tentato golpe nel 1981, è impresa difficile. «Juan Carlos non potrà mai essere un cittadino come gli altri perché anche dopo l’abdicazione può essere giudicato solo dalla Corte Suprema», evidenzia Antonio Zarzalejos, acuto osservatore della Corona. Limitare a entrambi i re l’«immunità», come reclamano costituzionalisti, accademici e gran parte dell’opinione pubblica alla luce degli scandali, richiede una riforma aggravata della Costituzione con una maggioranza qualificata allo stato inesistente, per l’opposizione del partiti di centrodestra Pp e Vox. Stretto fra l’incudine dei soci di Podemos – per i quali «l’inviolabilità che ha permesso al re emerito di delinquere senza conseguenze penali, è un problema strutturale della democrazia» – e la necessità di salvaguardare l’integrità della funzione dell’attuale Capo dello Stato, il Psoe del premier Sánchez ha votato in Parlamento contro la commissione d’inchiesta su Juan Carlos, che esigevano nazionalisti baschi e catalani.
Ma anche una legge organica della Corona, negoziata con Felipe VI per una maggiore trasparenza dei bilanci (oggi affidati all’audit esterno della Corte dei Conti) è stata ritirata dal programma socialista, perché carente dei necessari appoggi. Privare, infine, il monarca senior del titolo di emerito attiverebbe un ricorso di incostituzionalità da parte dei partiti ’patriottici’ come Vox. Intanto, anche la frugalità del monarca in carica – riuscito a risparmiare nello scorso esercizio un milione di euro della partita da 8,4 milioni annuali assegnati ai reali nel 2021, dato che tutte le spese per la sicurezza e il personale sono a carico di 5 ministeri – non è esente da polemiche per l’ombra paterna. È il primo bilancio in cui Juan Carlos non ha ricevuto un centesimo. Ma allora, chi ha pagato il viaggio sullo jet privato dagli Emirati? Chi finanzia il suo esilio dorato in terra d’Arabia? Non è dato sapere. Alle richieste di spiegazioni per la sua condotta e i problemi con la giustizia, Juan Carlos, aveva replicato secco da Sanxenxo: «Spiegazioni di che?». Senza uscire dal suo labirinto.