Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  giugno 02 Giovedì calendario

Povera Lucia Joyce

Lo confesso, quando sono arrivata alla fine dell’avvincente romanzo di Luigi Guarnieri, Il segreto di Lucia Joyce, uscito per La nave di Teseo, mi sono detta: è proprio vero il luogo comune, secondo il quale dello scrittore che ami meglio non saperne troppo, meglio starne alla larga. Leggere quello che scrive, e basta. Non che non avessi una qualche familiarità con James Joyce quanto alle sue vicende umane; avevo letto la biografia di Ellmann e più di recente il bel libro di Terrinoni che ce lo racconta nei sette mesi che passa a Roma… Conoscevo le sue bizzarrie, le sue stranezze, le sue malattie, le sue sofferenze, le sue manie, e prepotenze. Né mi aspettavo che uno scrittore tanto libero in rapporto al suo daimon incarnasse nella quotidianità della sua esistenza concreta di marito e di padre un tipo d’uomo nuovo; o che vivesse tali ruoli in modo critico, rispetto ai valori patriarcali dell’epoca.
Insomma, so bene che è un ideale ingenuo aspettarsi che un uomo tanto creativo nella lingua e nell’immaginazione, così all’avanguardia nella scienza della letteratura, debba essere un rivoluzionario anche nel modo di vivere ruoli sociali e storici fondamentali. Non è così, lo so bene, ripeto. Ma che potesse essere davvero così cieco!
Certo è che “per colpa” della biografia appassionata ed empatica che Guarnieri imbastisce intorno alla “povera” Lucia – davvero “meschina” si direbbe in Sicilia – al lettore sensibile si spezza il cuore, e viene voglia di piangere. E anche, come è venuta a me, una certa rabbia: ma si può con tanta protervia distruggere la vita di una giovane donna?Addirittura, mi sono chiesta: siamo poi sicuri che valeva la pena rovinare l’esistenza di una creatura umana per scrivere quello che Joyce scrive? Sì, certo, i romanzi che il nostro incomparabile autore partorisce sono capolavori assoluti, sono romanzi che cambiano l’arte stessa del romanzo, ma… D’accordo, non sarà tutta colpa di Joyce quello che accade a Lucia, mi direte. E io rispondo, Guarnieri alla mano, sì, in gran parte. Perché se è davvero feroce quel trio di babbo James e mamma Nora e fratello Giorgio, i quali non fanno che sbagliare tutto con Lucia, trascinati da uno spietato egoismo, forse il più coinvolto dei tre è proprio papà Joyce, che ama senz’altro Lucia, e molto. Ma il verbo “amare” sappiamo tutti, è un verbo strano, che copre un’azione che può nascondere risvolti atroci. Cannibalici. In certi casi, verrebbe da dire, è meglio l’odio, fa meno male. Fatto sta che secondo il racconto che per l’appunto ne fa Guarnieri, la vita di Lucia è distrutta dai suoi tre consanguinei.
Ma torniamo al titolo, ragioniamo sul titolo.
Il segreto di Lucia Joyce Guarnieri intitola la sua perorazione in difesa dell’indifesa rampolla del genio. È un titolo, insisto, inquietante: come sempre inquietante e ambiguo è il genitivo in quanto caso. È questo un genitivo soggettivo, o oggettivo? Il segreto è di Lucia, nel senso che lei ne possiede la chiave? O nel senso che lei ne è l’oggetto? L’enigma rimane fino alla fine; o almeno, io lettrice attenta, che ho letto il romanzo come fosse un giallo, non l’ho capito. Il segreto, intendo. L’enigma è rimasto. Ma forse è giusto così. La vita di tutti e di ciascuno è sempre un enigma. Anche quella di Lucia Joyce.