la Repubblica, 2 giugno 2022
La fuga dai fornelli
«In cucina non vuole lavorare più nessuno». «Cerco cuochi da mesi e non li trovo». «I giovani non vogliono faticare, preferiscono il reddito di cittadinanza». Le doglianze degli imprenditori, pronti a offrire contratti a chi si mette ai fornelli, riemergono a ondate. Tutta colpa dei sussidi, delle nuove generazioni o, ancora, la questione è salariale, di orizzonti e formazione?La brigata di cucinaIn Italia – dati Fipe, Federazione italiana dei pubblici esercizi – ci sono 196 mila ristoranti e 317 mila lavoratori impiegati in cucina: chef, sous chef, capipartita, commis, tuttofare, l’intera scala gerarchica della brigata entrata nel lessico familiare grazie alla tv. Decine di migliaia sono i posti perduti in due anni di pandemia (e 21 miliardi di mancati incassi), la metà erano indeterminati.Chi manca all’appelloLa Fipe avverte che nei prossimi tre mesi i locali avranno bisogno di 67.151 persone. Non tutte ai fornelli. «Di questi almeno il 30% è difficile da reperire – afferma il presidente, Lino Enrico Stoppani – Mancano candidati e profili professionali adeguati». Secondo Unioncamere-Anpal due offerte di lavoro su cinque nell’Ho.re.ca. (hotel, ristoranti, caffè) vanno a vuoto. «Siamo dinnanzi a un gap preoccupante – spiega Marco Contemi, fondatore di Applavoro –. Il comparto sembra non avere più appeal tra i giovani: turni estenuanti, lavoro nei weekend per paghe minime li hanno spinti altrove». Il 40% è finito nella logistica, non proprio il paradiso dei lavoratori.Il contrattoIl contratto collettivo nazionale dei cuochi è del 2018, ora in fase di rinnovo. Prevede 40 ore settimanali, 26 giorni di ferie e 104 ore di permessi retribuiti l’anno. Nelle cucine spesso la realtà è diversa: «Si lavora senza orari, l’estate non stop, manca il giorno di riposo, qualche volta l’assicurazione, altre volte si viaggia solo a chiamata, le paghe non rispettano gli accordi». «Il contratto garantisce gli istituti di tutela ma pretendere orari d’ufficio nella ristorazione è come dire che si vuole andare al mare ma ci infastidiscono l’acqua e la sabbia», dice Stoppani. Secondo Fabrizio Russo, segretario nazionale Filcams Cgil, «il punto sta nell’offerta contrattuale: spesso si vuole assumere un cuoco senza inquadramento adeguato o si chiede a personale non formato e non inquadrato nei livelli più alti di governare la cucina».La retribuzioneUn executive chef dovrebbe guadagnare di base, tabelle retributive alla mano, 1.762 euro al mese. Un cuoco semplice 1.383. Lasciando da parte il super lusso, con maggiore esperienza, tra percentuali e superminimi, si oscilla tra 3 e 6 mila euro.Il sommersoL’Istat racconta che il secondo settore in cui più alto è il peso del sommerso comprende la ristorazione. Lo confermano le segnalazioni all’Ispettorato del lavoro; «Il 70% – racconta Nella Milazzo, Filcams Sardegna – riguarda alloggio e ristorazione». C’è il lavoro tutto in nero ma prevalente è il grigio, sottodichiarato: «Anche metà stipendio – dice Alessandro Santini della Cgil Modena— va fuori busta».La fuga dei fornelli«Da noi si lavora troppe ore e si guadagna proporzionalmente poco», dice Luciano Tona, presidente dell’Accademia Bocuse. Ma il made in Italy tira e così molti “fornelli in fuga” viaggiano verso Dubai, gli Usa, la Thailandia, persino la Svizzera (2.700 euro lo stipendio medio).Cosa pensano gli stellati«Prima questo mestiere era sottopagato: oggi i ragazzi non lo accettano. L’opportunità di lavorare per imparare valeva lo stipendio», si era sfogato Alessandro Borghese. Oggi lo vale ancora? Il Covid ha portato con sé due paure: nuove chiusure (nel 2020-2021 si sono fermate 45 mila imprese) e lo spreco di tempo più che di denaro. «Facciamo un lavoro che ci impegna a 360 gradi ma i ragazzi probabilmente non ne potevano più di non avere una vita normale», dice Filippo La Mantia. Per Carlo Cracco, «il problema principale è il futuro che dai al ragazzo».La formazioneIlcursus honorum per diventare cuochi in Italia ha costi elevati. Gli Istituti professionali per i servizi alberghieri e ristorazione sono 363. Nel 2014 c’è stato un boom degli iscritti (64.296), effetto Masterchef, dimezzati 6 anni dopo. Poi ci sono i corsi professionali. L’Università del gusto di Vicenza è un ente regionale e dà diritto a un attestato per 2.900 euro. Ad Alma, la più famosa Scuola internazionale di cucina italiana, il corso superiore (5 mesi di accademia più 5di stage) costa 17.295 euro.Il reddito di cittadinanzaUn seriale ritornello tira in ballo anche il reddito di cittadinanza, «un grande comptetitor del lavoro» secondo il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, «il parafulmine ideale» per il ministro del Lavoro Andrea Orlando. L’importo medio mensile dell’Rdc è di 585,99 euro. Secondo il segretario Cgil Maurizio Landini gli imprenditori non trovano lavoratori «perché li pagano poco e li sfruttano troppo. C’è bisogno di ridurre la precarietà e aumentare i salari», che negli ultimi trent’anni, in Italia, sono diminuiti, caso unico tra i Paesi Ocse.