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 2022  giugno 02 Giovedì calendario

Un’Italia divisa su tutto


È evidente che la festa della Repubblica cade quest’anno in un momento non semplice della vita nazionale. La guerra in Ucraina tende a dividere l’opinione pubblica, e di conseguenza le forze politiche, come mai nel recente passato. C’è chi tenta di approfondirla, quella divisione, con tenacia quotidiana: perché non è ancora chiaro a tutti, anche per l’abilità propagandistica dei russi e di chi condivide la loro linea in Europa e in Italia, che siamo di fronte al conflitto tra un’autocrazia che vuole dimostrare l’anacronismo delle istituzioni liberali, se possibile disarticolando l’Unione, e chi quelle istituzioni, con i loro limiti e difetti, intende difendere con determinazione.
Putin, inutile negarlo, è quindi il convitato di pietra delle celebrazioni di oggi. Nel nostro Paese è dai tempi della Guerra Fredda Est-Ovest che non si vedeva una frattura così netta nel dibattito pubblico, pro o contro la Nato, pro o contro il rapporto euro-atlantico.
Con la differenza che un tempo esisteva il Pci; allineato all’Urss, certo, ma con una coscienza nazionale, potremmo dire: ossia con la consapevolezza che l’Italia apparteneva all’alleanza occidentale e quindi il confronto ideologico, anche il più estremo, non doveva valicare il limite. Adesso invece è il tempo del disordine, il che comporta persino maggiori rischi. In prevalenza il dibattito non si svolge in Parlamento o nelle piazze, ma nei talk show delle varie televisioni, dove la proporzione degli invitati finisce di solito per premiare i cosiddetti “pacifisti”, quasi sempre sostenitori non dichiarati ma trasparenti delle tesi putiniane. A sua volta il padrone del Cremlino è, sì, post-ideologico, ma soprattutto nel senso che ha abbracciato un credo iper-nazionalista nutrito di odio verso la democrazia occidentale e figlio di una Russia antica, pre-sovietica.
L’Italia sembra il campo privilegiato della contesa, con alcune contraddizioni. I sondaggi, ad esempio, ci dicono che le persone temono la guerra, ovviamente, ma non si fidano dei Salvini e dei Conte, di cui è palese lo sforzo di piegare a fini elettorali il dramma in corso a poche centinaia di chilometri. Finora il gioco non sembra riuscire perché all’inquietudine delle persone non corrisponde, almeno finora, un’opzione elettorale. Il caso Salvini è senza dubbio clamoroso, ma più interessante sarà verificarne i seguiti all’interno della Lega.
Le dichiarazioni dell’ex candidato sindaco a Torino, Damilano, assomigliano a un inizio di ostilità. Come se la Lega profonda, il partito degli amministratori, avesse mandato qualcuno in avanscoperta in attesa di mettere a punto l’offensiva contro il segretario. Quanto a Conte, vedremo dopo le amministrative quale destino attende la convergenza tra i 5S e il Pd di Letta. Di sicuro già oggi l’intesa è in formato ridotto rispetto alle ambizioni di un paio d’anni fa: il Pd sembra consolidarsi e i contiani s’indeboliscono. Significa che il “campo largo” andrà ridiscusso.
In sostanza questo 2 giugno coincide con un passaggio non banale della nostra convivenza. Guerra, inflazione, ri schio di compromettere in parte i fondi europei, equilibri politici in via di trasformazione: come scrive il presidente della Repubblica, l’anniversario deve anche essere un modo per riaffermare la coesione nazionale. E la sfilata dei Fori Imperiali, aggiungiamo, può servire a ribadire simbolicamente lo spirito politico e militare della solidarietà occidentale.