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 2022  giugno 02 Giovedì calendario

Il grande ritorno dei Rolling Stones

A questo punto non c’è dubbio, i Rolling Stones hanno firmato il patto col diavolo e non è un caso che ieri abbiano dato il via al loro ennesimo tour, quello che celebra i sessant’anni di attività, in una delle due città al mondo che ospitano una statua di Lucifero. Il Sixty Tour, che il 21 giugno arriverà in uno stadio di San Siro sold out da mesi ha una scaletta potente, dirompente per la forza di canzoni incise nella hall of fame. I quattordici concerti che toccheranno dieci Paesi europei sono eventi imperdibili e la canzone che accende la miccia dopo un tributo per immagini allo scomparso batterista Charlie Watts («è il nostro primo tour in Europa dopo Charlie», dice Mick) è Street fighting man, seguita da 19th nervous breakdown e Sad sad sad. E bastano i primi pezzi a distruggere da soli qualsiasi dubbio sulla credibilità di questi quasi ottuagenari molto più vispi e rock di parecchi e giovani colleghi.
Le canzoni degli Stones, quelle che ancora una volta risuonano negli stadi europei e più in là nel resto del mondo sono di tutti, per tutti e se nella vita non si è ascoltata almeno una volta Simpathy For the Devil, Jumpin Jack Flash, (I can’t get no) Satisfaction o Start me up significa non aver vissuto su questo pianeta. Ancora non si sa chi saranno i supporter italiani scelti per aprire la serata di San Siro il 21 giugno, ma nel bellissimo stadio Wanda Metropolitano, casa dell’Atletico Madrid, si sono apprezzati prima la Vargas Blues Band capitanata dal fratello di Mick, Chris Jagger (voce e armonica) con suo figlio John Byron e poi la rock band spagnola e amatissima dei Sidoni. Due ore di musica che hanno preparato il terreno a colui che a lungo è stato considerato l’uomo più sexy della Terra. Jagger è tutt’ora il prototipo della rockstar e con la sua giacca rossa che si toglie, a 78 anni, corre, canta e muove il suo invidiatissimo bacino su un palco lungo 55 metri e alto 17 per 400 metri quadrati di superficie nera, rossa e gialla. E lo fa con la leggerezza di un ventenne. Tre mega schermi rilanciano immagini ad altissima definizione e permettono di entrare fin dentro le rughe di Keith Richard e il suo cappello calato in testa, ne inquadrano le dita nodose mentre pigiano sulle corde della sua amata Fender Telecaster. Una goduria per occhi e orecchie.
Nel pomeriggio, Patrick Woodroffe, lo scenografo che lavora con la band da 40 anni e disegna i palchi che hanno scritto la storia del rock, ha avuto il delicato compito di parlare con i giornalisti e rispondere per conto di Mick e soci alla domanda più scottante, quella sul futuro della band. Per quanto andranno avanti a suonare dal vivo? Ci sarà un tour d’addio? Risposta lapidaria: «I Rolling Stones non faranno un tour d’addio, non succederà mai. Questa ragazzi si divertiranno fino a quando potranno e questa nuova avventura non è né l’ultima né la penultima, ma semplicemente un nuovo capitolo della loro storia che Mick, Keith e Ron vogliono scrivere in prima persona». Le 53 mila persone che hanno riempito lo stadio si sono alzate in piedi per salutare l’ingresso sul palco di Mick Jagger, Keith Richard, Ron Wood e Steve Jordan (il batterista che ha rimpiazzato lo scomparso Charlie Watts). Un saluto che ha testimoniato la devozione del pubblico per una band che sta sfidando il passare del tempo. Lo stage è un’esplosione di colori forti, eccezionalmente brillanti. L’energia di Mick, il sorriso sprezzante di Keith (entrambi 78 anni), quello divertito di Ron che proprio ieri sera ha compiuto 75 anni rimbalzano dai mega schermi che arricchiscono con le immagini una scaletta impressionante. «Per questo tour deve essere tutto nuovo anche l’immagine», aveva detto Jagger alcuni mesi fa scatenando la curiosità dei fan. «In realtà non c’è stato un cambiamento epocale – dice Woodroffe – la lingua c‘è sempre ma al designer Mark Norton è stato affidato il compito di ricolorarla con un arcobaleno metallizzato». Ah, quella lingua! Un simbolo che fruttò poche sterline al giovane grafico che se lo inventò negli Anni Sessanta e oggi vale centinaia di milioni di dollari grazie a un merchandising globale. D’altra parte quando si parla degli Stones non c’è posto per riflessioni su cosa piaccia o non piaccia alla generazione Z, se sono feticci da boomer oppure no. Alla fine del tour questo spettacolo sarà stato visto da più di seicentomila persone e le chiacchiere stanno a zero.
Tutti d’accordo dunque? Pare proprio di sì e Woodroffe chiosa: «Né la Brexit o il Coronavirus ed ora la Guerra in Ucraina sono riusciti a fermare queste pietre che non smettono di rotolare da sessant’anni e continueranno a farlo chissà per quanto ancora».