La Stampa, 2 giugno 2022
Salvini non parte, lavorerà per la pace via telefono
Alla fine niente più aereo, meglio il telefono: dopo l’ondata di critiche, anche da alleati e compagni di partito, Matteo Salvini rinuncia al viaggio a Mosca e spiega che continuerà a «lavorare per la pace» utilizzando appunto il cellulare. Il leader della Lega usa una diretta sui social network per reagire a quello che definisce un «linciaggio a reti unificate» e spiega: «L’obiettivo era andare a Mosca tornando a casa con un risultato concreto da offrire al governo. Se il Pd non vuole, proveremo a raggiungere lo stesso risultato telefonicamente». Il coro di critiche di questi giorni ha lasciato il segno, anche perché non è solo il Pd ad attaccare, Mario Draghi stesso ha fatto capire di non aver gradito («il governo non si fa spostare da queste cose») e hanno preso le distanze pure gli alleati Giorgia Meloni e Antonio Tajani, senza contare i malumori filtrati persino dalla Lega.
Anche ieri Enrico Letta ha incalzato: «L’iniziativa di Salvini ha reso il nostro paese meno credibile. Non va bene, c’è bisogno di essere uniti, determinati. È il governo che deve assumere queste posizioni, non iniziative estemporanee che non vanno da nessuna parte». E Tajani – che già aveva suggerito di «concordare con il governo» certe iniziative – ieri ha detto di non conoscere Antonio Capuano, l’ex parlamentare di Fi che avrebbe aiutato il leader della Lega nell’organizzazione del viaggio a Mosca.
Salvini reagisce, assicura che almeno in casa sua non ci sono problemi: «Cercano di dividerci, ma per i prossimi trenta anni non ci riusciranno. La Lega è una grande squadra, con stili diversi ma un unico obiettivo: gli interessi del popolo italiano. La Lega è compatta alla faccia di qualche giornalista prezzolato». Di sicuro, garantisce, «non ci penso proprio a mollare». A proposito di Capuano minimizza, «ha dato una mano, più che su questo su altre relazioni, dall’Afghanistan al Medio Oriente, fa l’avvocato di mestiere». Ma, ha precisato, «le relazioni internazionali sono in mano a me e al responsabile esteri Lorenzo Fontana».
Prova a giocare la carta del «pacifismo”, contrapposto al “militarismo” della «sinistra». Dice Salvini: «Noto che, soprattutto a sinistra, se parli di pace, distensione, dialogo, cessate il fuoco c’è una reazione isterica». Ma, assicura, «gli italiani valuteranno chi lavora per la pace e chi non fa nulla». Se la prende con Pd e M5s, ma il discorso vale per tutti quelli che lo hanno criticato: «Da Pd e Cinque stelle è arrivata una sequela di insulti. Non voglio medaglie, ma neanche processi. Guardiamo all’interesse nazionale italiano che prevede la pace e non la guerra». Il leader leghista prova anche a prendere le distanze dal presidente russo, precisando che a Mosca non avrebbe incontrato Vladimir Putin: «Mai parlato di Putin, non lo sento da anni», mentre «il ministro degli Esteri (Lavrov, ndr) è uno dei contatti in corso». Vengono respinte anche le accuse di avere lavorato all’insaputa del governo, mettendo in difficoltà le istituzioni italiane. «Rivendico di aver fatto incontri nell’esclusivo interesse della pace e dell’interesse nazionale italiano. Dei numerosi contatti con le numerose ambasciate erano a conoscenza tutti». A sostegno della sua tesi spiega che «ci sono delle agenzie di stampa» che hanno riferito dei colloqui, e poi «l’ho detto da Vespa». Insomma, «voglio far risparmiare tempo al Copasir. Sono andato in ambasciata russa, americana, ucraina, turca, cinese, con l’ambasciatore francese. Ho parlato con ministri, con consoli» con «l’unico obiettivo della pace». Anzi, aggiunge, «sarebbe di una gravità assoluta» se il Copasir decidesse di convocarlo.
Tutto, rigorosamente – insiste – nell’interesse del Paese. Una sorta di supplenza a Luigi Di Maio, a suo giudizio del tutto insufficiente come ministro degli Esteri: «Io non voglio portare via il lavoro a nessuno ho semplicemente aggiunto un mio mattoncino. Se io riesco a portare un elemento in più a Draghi ho fatto il mio lavoro. Se la diplomazia italiana è in mano al ministro Di Maio che partorisce piani di pace che durano tre minuti e poi vengono cestinati o che insulta le parti in conflitto... Ripeto, mi son fatto carico delle assenze altrui. Draghi è il mio presidente del Consiglio e gli affido la via della pace». Su Di Maio insiste: «Abbiamo un ministro degli Esteri che ha proposto un piano di pace che è durato 20 minuti... Spero sia più fortunato al tentativo successivo. Se aspettiamo le mediazioni del ministro Di Maio temo che a Natale saremo ancora qua a parlare di guerra».