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 2022  maggio 31 Martedì calendario

Il no al patto cinese per il Pacifico

Respinto. Il mega accordo multilaterale tra Pechino e le dieci nazioni del Pacifico non s’ha da fare, al momento. «La Cina sarà sempre un buon amico», scriveva in una lettera il presidente Xi Jinping indirizzata ai partecipanti del meeting di Suva, alle Fiji. Il suo ministro degli Esteri, Wang Yi, non è riuscito, però, a convincere fino in fondo i partecipanti della bontà di questa amicizia. Il capo della diplomazia cinese aveva scelto di lanciare il “patto per il Pacifico” proprio dalla capitale figiana, tappa centrale del suo tour nella regione: una «visione di sviluppo comune» per la creazione di una zonadi libero scambio, accordi su pesca, tecnologia, addestramento delle forze di polizia e soprattutto in materia di sicurezza “tradizionale e non tradizionale” che aveva messo in allarme Stati Uniti e alleati, Australia in primis. Dopo le perplessità e le marce indietro dei giorni scorsi di Micronesia e Fiji, anche le altre nazioni (Samoa, Tonga, Kiribati, Papua Nuova Guinea, Vanuatu, Salomone, Niue) hanno deciso di mettere l’accordo “in pausa” e prendersi più tempo per riflettere. E chiedere modifiche.
«Non siate troppo ansiosi o troppo nervosi», ha provato a rassicurare Wang. «Lo sviluppo comune e la prosperità della Cina e di tutti gli altri Paesi in via di sviluppo significherebbero solo una grande armonia, una maggiore giustizia e un maggiore progresso del mondo intero».
«C’è stato un sostegno generale – ha ammesso Qian Bo, ambasciatore cinese alle Fiji – ma ovviamente ci sono perplessità su alcune questioni specifiche». Dopo l’incontro, ha dichiarato Wang, si è trovato comunque un accordo su cinque aree di cooperazione (tra cui salute, gestione dei disastri e agricoltura) ma è necessario «un maggiore consenso».
Dopo le Salomone, Kiribati, Samoa e Fiji, Wang sarà impegnato fino a sabato anche a Tonga, Vanuatu, Papua Nuova Guinea e Timor Est. Non tornerà a casa comunque completamente a mani vuote. Sabato ha firmato un accordo con le Samoa per una «maggiore collaborazione»: dettagli, tuttavia, ancora poco chiari. Il giorno prima Cina e Kiribati avrebbero firmato 10 memorandum d’intesa sulla “cooperazione allo sviluppo”: anche qui, scarni dettagli. E almeno tre accordi sono stati firmatiproprio con le Fiji che, secondo Pechino, amplierebbero la cooperazione in materia di economia, commercio, agricoltura, pesca, turismo, aviazione civile, istruzione.
La controffensiva australiana e statunitense al piano cinese non si era fatta attendere. Proprio alle Fiji, nei giorni scorsi, era volata la neoministra degli Esteri Penny Wong: «L’Australia sarà un partner che non imporrà oneri finanziari insostenibili», riferimento nemmeno troppo velato ai prestiti cinesi nella regione. Le stesse Fiji sono entrate a far parte venerdì dell’Ipef (Indo-Pacific Economic Framework) che il presidente statunitense Joe Biden ha presentato lunedì scorso a Tokyo. Le Fiji diventano così il quattordicesimo Paese a farne parte e la prima nazione del Pacifico: in una contromossa americana per cercare di contenere le mire di Pechino nella regione.
A preoccupare Washington, Tokyo, Canberra e Wellington era stato già l’accordo siglato tra la Cina e le Isole Salomone. Pechino e Honiara hanno firmato il mese scorso un patto che potrebbe aprire la strada ad unabase militare permanente cinese nell’arcipelago, ad appena duemila chilometri dalla costa australiana. Ipotesi che entrambi i Paesi smentiscono. In caso di un futuro conflitto – questa la preoccupazione di Usa e alleati – avere avamposti militari del genere in questa zona di Pacifico strategica risulterebbe di fondamentale importanza.