la Repubblica, 31 maggio 2022
Intervista a Dmytro Kuleba
POKROVSK (DONETSK) – Ministro Dmytro Kuleba, qual è per voi la soluzione migliore per sbloccare l’esportazione del grano ucraino?
«Lanciare un’operazione internazionale nel Mar Nero con l’aiuto di Paesi amici disposti a inviare le loro navi per sminare le acque e scortare il passaggio dei cargo, a cominciare da Odessa. Si può fare solo con un impegno formale della Russia a non usare il corridoio per attaccarci».
È l’ipotesi di cui hanno parlato al telefono Scholz, Macron e Putin. Vi fidate del Cremlino?
«Nessuno si può fidare dei russi.
Bisogna stare molto attenti, per questo non ci basta la garanzia unilaterale del Cremlino. Servono Paesi terzi che si prendano la responsabilità di far rispettare l’accordo. Ci va bene anche l’intervento delle Nazioni Unite. Il nostro primo interesse è che il grano arrivi a chi ne ha bisogno».
A che punto è la trattativa?
«In fase avanzata. Siamo in contatto sia con l’Onu sia con gli Stati garante».
Quando vedremo i cargo salpare da Odessa?
«È una corsa contro il tempo. Per evitare conseguenze disastrose, lo sblocco deve avvenire entro due settimane. Naturalmente, la migliore opzione sarebbe la fine della guerra, ma Putin non vuole».
A quali condizioni ripartirà il negoziato di pace?
«Noi non poniamo condizioni e non abbiamo nulla in contrario a ritornare al tavolo, vogliamo solo che i delegati russi dimostrino di avere reale intenzione di trattare. Putin sa solo dare ultimatum. Guardate quel che sta accadendo: l’invasione del Donbass è brutale, nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia portano avanti l’annessione, sparano missili sulle città. Se vuoi negoziare non ti comporti così».
Il presidente Zelensky è pronto a un colloquio con Putin alla presenza del presidente turco Erdogan?
«Al momento non c’è questa possibilità. Erdogan sta giocando un ruolo importante nei negoziati di pace e farà un altro giro di conversazioni con Zelensky e con Putin, separatamente».
Perché la Turchia ha assunto il ruolo di playmaker?
«L’Ucraina accoglie con favore ogni iniziativa di mediazione avanzata da Paesi esteri. Tra tutti, la Turchia ha ottenuto di più organizzando il vertice delle due delegazioni aIstanbul. Molti hanno provato, Erdogan c’è riuscito. Puntiamo molto su di lui».
La proposta italiana è stata rigettata da Mosca e da Kiev. Cosa non andava?
«Tutte le proposte sono benvenute, ma a una condizione: l’integrità territoriale dell’Ucraina deve essere il presupposto base. Oltretutto, il clamore mediatico attorno al Piano italiano non ha aiutato, ma questa è una mia opinione. L’Italia è sincera.
Ci sono invece Paesi che fingono di essere interessati alla mediazione solo per trovare una scusa per mantenere relazioni dirette e amichevoli con Putin. Ecco, le loro proposte non sono benvenute».
Di quali Paesi sta parlando?
«Preferisco essere diplomatico, almeno su questo…».
Siete in conta tto con i combattenti dell’Azovstal?
«Siamo in contatto coi russi, lavoriamo per farli tornare a casa. Ci risulta che siano trattati bene».
I filo-russi del Donbass vorrebbero un processo stile Norimberga. Sarà l’ostacolo definitivo al negoziato di pace?
«Ogni guerra finisce con la pace. Da un punto di vista ideale, niente deve rovinare il negoziato e bisogna lasciare sempre uno spazio per trattare. Quel processo, se decideranno di farlo, complicherebbe tutto».
C’è chi ritiene che Stati Uniti e Gran Bretagna non siano realmente interessati al cessate il fuoco e che preferiscano un conflitto lungotermine che indebolisca il più possibile la Federazione Russa.
«In Occidente ci sarà sempre chi crede che per stare tranquilli bisogna abbracciare e baciare Putin, concedendogli tutto ciò che pretende. Qualcuno, per dirlo, è pagato dal Cremlino. Altri invece sono intellettualmente dipendenti dalla Russia e non riescono ad ammettere che, oggi, non stiamo trattando con Pushkin o Dostoevskij ma con chi uccide i nostri bambini e stupra le nostre donne. Usa e Gran Bretagna non vogliono la guerra. Noi apprezziamo molto il loro aiuto».
Le relazioni con l’Italia?
«Il ministro Di Maio ha dimostrato di essere un politico capace che rispetta gli impegni. Zelensky ha un rapporto ottimo con il premier Draghi, il quale a sua volta ha capito che l’Europa sarà al sicuro solo se vinceremo noi».
Intanto il sesto pacchetto di sanzioni, che comprende il bando al petrolio di Mosca, non è stato ancora approvato dai Paesi Ue.
«Sarebbe davvero imbarazzante se non lo approvassero. Vorrebbe dire che Putin è riuscito nel suo intento di spaccare l’Unione Europea».
Alcuni governi, ad esempio quello ungherese, hanno dubbi perché rinunciare al petrolio russo potrebbe portare alla crisi economica. Cosa risponde?
«Credo che rompere la dipendenza dal petrolio e gas della Russia sia nell’interesse dell’Ue. Putin ha dimostrato di usare queste risorse come arma di pressione e, tra l’altro, ve fa pagare il doppio. Con gli introitifinanzia l’invasione. A chi pensa che il bando sia impossibile, chiedo: non avevate detto di voler rispettare la “green agenda” e passare alle risorse ecosostenibili? L’ipocrisia si può risolvere con le sanzioni a Mosca».
Il sostegno europeo all’Ucraina è solido come all’inizio?
«Sì. È vero, però, che alcune voci si sono indebolite perché c’è chi si è abituato a questa guerra. Noi, però, non ci possiamo proprio abituare».
Dopo le sanzioni sul petrolio russo, cosa chiedete?
«L’obiettivo è mettere in ginocchio l’economia russa, così da impedire a Putin di pagare le armi e l’esercito. È un Paese che dipende molto dalle sue esportazioni, principalmente via mare, quindi chiediamo che venga colpita l’industria delle spedizioni all’estero e che siano bloccate tramite sanzioni le esportazioni di gas, ferro ed energia nucleare in Europa».
Si rende conto che l’impatto economico per alcuni Paesi sarà enorme?
«Ci saranno delle conseguenze, ma non così devastanti. È il prezzo che bisogna pagare per fermare il conflitto. Per attenuare l’impatto globale, in una prima fase si possono escludere alcuni beni essenziali».
In Donbass i soldati si lamentano di non aver ricevuto ancora tutte le armi promesse dall’Occidente.
«Colgo l’occasione di quest’intervista per chiedere all’Occidente, ancora una volta, di mandarci il più possibile i cannoni da 155 millimetri di calibro e i sistemi multipli di lanciamissili».
La Germania sarebbe in ritardo nella consegna, vi risulta?
«Ci sono Paesi da cui aspettiamo la consegna e Paesi per cui ci siamo stufati di aspettare. La Germania appartiene al secondo gruppo».
Zelensky ha detto che non potete riconquistare il Donbass e la Crimea. Vi state preparando a perdere le due zone?
«Non le perderemo. Zelensky ha solo detto che è meglio riconquistarle attraverso la via diplomatica evitando perdite umane indicibili. La nostra strategia è recuperare tutto ciò che possiamo per via militare, e il resto per via diplomatica. L’equilibrio tra le due vie va ancora trovato».
È possibile la controffensiva nel Donbass e a Kherson?
«Se avessimo avuto le armi dell’Occidente in tempo, avremmo già liberato Kherson e altre zone. Un giorno o l’altro lanceremo la controffensiva. Non ci arrenderemo mai».