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 2022  maggio 31 Martedì calendario

Il Dovere ci fa uomini, il Diritto ci rende liberi

Siccome sono stato allenato alla carne cruda dei Doveri (neanche fossi un cannibale!), mi sembra ancora che il lavoro sia un dovere e basta, intendendo bene che il dovere forgia i giovani a diventare uomini, affinché il Diritto li renda liberi.
È impensabile oggi vedere un ragazzino che sul tetto di una casa sistema le tegole cercando di recuperare due enormi tacchini; o vederlo contadino nella vigna spruzzando lo zolfo alle viti mentre il nonno lo incita a non farci caso se momentaneamente è diventato cieco. Non rimarrà cieco perché poi, al termine del lavoro, potrà sciacquarsi con l’aceto. Oppure, sempre lo stesso ragazzino che fa il barista a nove anni, il piastrellista a dodici quando, un giorno, si imbarca su un camion carico di gabbie di legno vuote che andranno a riempirsi di galli livornesi in quel di Cecina in Toscana, dove Cassola ambientò Gisella. È difficile che oggi a un ragazzo gli si gridi: «Mangeremo a notte fonda, perché tocca lavorare!».
Non ricordo la preistoria del mondo, ma solo quando si fotografava in bianco e nero e il sottoscritto detestava essere fotografato; insomma parlo di ieri l’altro rispetto ai tempi dell’antropologia, e non della accelerazione virtuale del mondo dove si suda soltanto in palestra. Quindi sono ormai, almeno per gli altri e non per me, nella giusta suddivisione, nel campo del lavoro, tra Diritti e Doveri. So per esperienza diretta che il figlio di mia cugina Tiziana ha preso il brevetto da bagnino e con regolare contratto stagionale si guadagna il pane in uno stabilimento di Terracina. E so che la mia allieva pittrice, sempre con regolare contratto, iscritta all’Inps, è stata chiamata a fare la barista sulla terrazza di Nemi, il borgo che si affaccia sull’omonimo lago di Nemi universalmente noto per il Tempio Sacro della Dea Diana. E so che amici imprenditori fanno contratti, pure a tempo indeterminato, regolarizzando ogni diritto per l’assunto. Ecco come il dovere e il diritto trovano il luogo della civiltà e del rispetto. Mettendo sul tavolo e nel contratto: tempi di lavoro, ferie, giusta paga, indennizzi vari. Se tutto ciò trovasse una disponibilità naturale, semplice e non imbarbarita dalle burocrazie o dai non individuabili uffici per l’impiego (i nuovi uffici di collocamento), si farebbe un passo avanti (di quelli reali), fino all’auspicato abbattimento del reddito di cittadinanza: una roba inammissibile, disincentivante al dovere e al diritto. Pare la paghetta che i nonni ficcano in tasca ai nipoti dopo che alla Posta hanno ritirato la pensione.
Il reddito di cittadinanza è un pensionamento giovanilistico; è il parcheggio dell’attesa di trovare posto al camposanto, certo non lo stimolo a cercare lavoro. Eppoi oltre ai doveri appunto, e ai diritti appunto, penso che esista la grandiosa libertà che i ragazzi dovrebbero agguantare al volo. Imparare a fare i calzolai (anche il grandissimo attore Daniel Day-Lewis ha imparato a tagliare cuoio e suole a Firenze), i barbieri, gli arrotini, i fabbri, i restauratori… Allora sì che il lavoro tornerebbe dentro il nostro corpo facendoci padroni di noi stessi. —