Corriere della Sera, 30 maggio 2022
Per l’Italia schierarsi è legittimo, anche se per Mosca è un atto ostile
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina l’Italia ha partecipato almeno formalmente a una campagna di sanzioni contro l’aggressore, sta inviando armi (missili antiaerei e anticarro) al Paese aggredito e si preparerebbe ad aiutarlo finanziariamente con 12 milioni di euro. Contemporaneamente l’Italia si prepara ad inviare 1.350 militari che verranno disposti lungo le frontiere orientali dell’Europa. Può essere considerata un cobelligerante ed essere trattata come tale dal governo di Mosca?
Molti sostengono che il suo comportamento è regolato in queste circostanze da un decreto che fu convertito in legge dal Parlamento nel 2022 e prevede la partecipazione a missioni internazionale con invio di «assetti militari». Altri ricordano che le decisioni italiane sarebbero comunque giustificate dall’articolo 11 della nostra Costituzione: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». Sono regole e leggi che risalgono in grande parte a un periodo, dopo la Prima e soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, in cui studiosi e uomini politici speravano di abolire o limitare le guerre con formule legislative e norme internazionali. Per ridurre il numero dei conflitti volevano diffondere i principi democratici, insieme al culto della pace, soprattutto in quelle colonie degli Imperi europei che stavano conquistando la loro indipendenza e dovevano essere persuase ad adottare i principi della democrazia rappresentativa. Vi sarebbero quindi circostanze in cui l’Italia, come altre democrazie, può sostenere e accompagnare l’azione militare di un Paese che si propone obiettivi moralmente condivisibili. Ma nonostante le buone intenzioni dei legislatori, le scelte di campo, come accade quasi sempre nei rapporti internazionali, non sono mai dettate esclusivamente da nobili scopi. I governi, soprattutto in una democrazia, devono sempre rispondere delle loro azioni alla pubblica opinione del loro Paese e al giudizio dei loro elettori, quasi sempre condizionato da interessi e convenienze più che da ideali e principi morali. Nel caso della crisi ucraina gli elettori vorranno sapere se valeva la pena schierarsi con Kiev, correndo il rischio di apparire ostile a un Paese (la Russia) con cui tradizionalmente esistono rapporti amichevoli. Generalmente si aiutano Stati amici per rispettare e rafforzare i legami di amicizia. Nel caso ucraino l’Italia ha fatto un legittimo investimento sulle proprie relazioni con il governo di Kiev, ma il nostro gesto non piacerà alla Russia. Potremo ricordare a Mosca che esiste una guerra perché fu dichiarata dallo Stato russo e che noi abbiamo scelto di assistere il Paese aggredito. Quello che dalla Russia verrà considerato un atto ostile è per noi una scelta legittima che non dovrebbe impedirci di avere ancora buoni rapporti con Mosca, non appena le condizioni «climatiche» saranno migliorate. Ma non dovremo sorprenderci se la Russia, nel frattempo, continuerà a considerare la scelta dell’Italia un atto ostile.Dopo l’invasione russa dell’Ucraina l’Italia ha partecipato almeno formalmente a una campagna di sanzioni contro l’aggressore, sta inviando armi (missili antiaerei e anticarro) al Paese aggredito e si preparerebbe ad aiutarlo finanziariamente con 12 milioni di euro. Contemporaneamente l’Italia si prepara ad inviare 1.350 militari che verranno disposti lungo le frontiere orientali dell’Europa. Può essere considerata un cobelligerante ed essere trattata come tale dal governo di Mosca?
Molti sostengono che il suo comportamento è regolato in queste circostanze da un decreto che fu convertito in legge dal Parlamento nel 2022 e prevede la partecipazione a missioni internazionale con invio di «assetti militari». Altri ricordano che le decisioni italiane sarebbero comunque giustificate dall’articolo 11 della nostra Costituzione: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». Sono regole e leggi che risalgono in grande parte a un periodo, dopo la Prima e soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, in cui studiosi e uomini politici speravano di abolire o limitare le guerre con formule legislative e norme internazionali. Per ridurre il numero dei conflitti volevano diffondere i principi democratici, insieme al culto della pace, soprattutto in quelle colonie degli Imperi europei che stavano conquistando la loro indipendenza e dovevano essere persuase ad adottare i principi della democrazia rappresentativa. Vi sarebbero quindi circostanze in cui l’Italia, come altre democrazie, può sostenere e accompagnare l’azione militare di un Paese che si propone obiettivi moralmente condivisibili. Ma nonostante le buone intenzioni dei legislatori, le scelte di campo, come accade quasi sempre nei rapporti internazionali, non sono mai dettate esclusivamente da nobili scopi. I governi, soprattutto in una democrazia, devono sempre rispondere delle loro azioni alla pubblica opinione del loro Paese e al giudizio dei loro elettori, quasi sempre condizionato da interessi e convenienze più che da ideali e principi morali. Nel caso della crisi ucraina gli elettori vorranno sapere se valeva la pena schierarsi con Kiev, correndo il rischio di apparire ostile a un Paese (la Russia) con cui tradizionalmente esistono rapporti amichevoli. Generalmente si aiutano Stati amici per rispettare e rafforzare i legami di amicizia. Nel caso ucraino l’Italia ha fatto un legittimo investimento sulle proprie relazioni con il governo di Kiev, ma il nostro gesto non piacerà alla Russia. Potremo ricordare a Mosca che esiste una guerra perché fu dichiarata dallo Stato russo e che noi abbiamo scelto di assistere il Paese aggredito. Quello che dalla Russia verrà considerato un atto ostile è per noi una scelta legittima che non dovrebbe impedirci di avere ancora buoni rapporti con Mosca, non appena le condizioni «climatiche» saranno migliorate. Ma non dovremo sorprenderci se la Russia, nel frattempo, continuerà a considerare la scelta dell’Italia un atto ostile.