Varie, 30 maggio 2022
Il Monza in A
Monica Colombo per il Corriere
PISA Nello stesso stadio dove il Milan di Sacchi nel settembre del 1987 iniziò con una vittoria la cavalcata scudetto, Silvio Berlusconi e Adriano Galliani realizzano il sogno cullato già dal settembre del 2018 quando Fininvest acquisì il club allora in Lega Pro. Dopo Lecce e Cremonese, il Monza in capo a una partita rocambolesca e tirata fino all’ultimo sospiro, stacca l’ultimo pass per la Serie A sognando già suggestivi derby con il Milan.
«Questo è un grande giorno per i giocatori del Monza e per i cittadini della Brianza. Per la prima volta in 110 anni di storia, il club conquista la serie A», commenta Silvio Berlusconi uscendo dallo spogliatoio, per nulla sazio del traguardo raggiunto. «L’obiettivo del prossimo anno è vincere il campionato e qualificarci alla Coppa dei Campioni». Adriano Galliani è visibilmente commosso. Si presenta con la maglia celebrativa con la scritta «Destinazione Paradiso» e al telefono ringrazia l’ex presidente del Monza degli anni Sessanta, Aurelio Cazzaniga. «Mi hai introdotto in società» ricorda l’ad dei biancorossi, travolto dall’emozione. «Ma il primo pensiero va alla mia mamma Annamaria, che mi ha condotto allo stadio quando avevo cinque anni. L’ho persa da adolescente, non dimentico che il giorno seguente alla sua scomparsa mio padre per farmi coraggio mi ha portato al Sada a vedere il Monza».
Ecco perché Galliani che ha vinto una collana infinita di trofei non ha remore nell’ammettere che questo successo ha un sapore speciale. «Trascinare la squadra della propria città in A per la prima volta è indescrivibile. Quando l’arbitro ha fischiato la fine ho pianto come un vitello. Dopo lo scudetto del Milan si conclude una settimana perfetta, mancherebbe solo il titolo per l’Armani».
Eppure per raggiungere il traguardo sono serviti 120 minuti e una dose massiccia di nervi saldi.
L’avvio è da incubo. Dopo 52 secondi, Pirola si addormenta nella propria area consentendo a Torregrossa di segnare da due passi. Lo stadio è una bolgia, mentre la squadra di Stroppa sembra ostaggio della maledizione Pisa: nel 2007 i brianzoli persero in questo stadio lo spareggio playoff per la B. In un catino che ribolle di fumogeni e urla, i toscani al 9’ realizzano la rete del 2-0 grazie a Hermannsson. Troppo brutto per essere vero il Monza: dopo i due schiaffi, reagisce e a metà primo tempo con Machin riapre il match.
I toscani si affidano a un calcio fast and furious, il Monza si appoggia al palleggio dei suoi. Nella ripresa, è Gytkjaer, il danese arrivato in Brianza da capocannoniere del campionato polacco, a far esplodere la panchina dei brianzoli. Realizza il gol del pari e lo stadio si ammutolisce finché allo scadere dei tempi regolamentari il Pisa trova il gol del vantaggio con Mastinu. La gara scivola verso i supplementari: Marrone riporta la sfida in pari finché il vichingo Gytkjaer (l’attaccante la cui fidanzata norvegese trascorre sei mesi l’anno sui pescherecci) pesca il quarto gol che manda il Monza in paradiso. Domani la festa all’U Power Stadium.
Matteo Pinci per la Repubblica
Quando l’Arena Garibaldi è esplosa per il pareggio del Pisa, che trascinava ai supplementari il Monza nella partita per la Serie A, il patriarca dormiva profondo, come se tutto intorno non fosse una bolgia, affondato con le braccia conserte e con la testa a pendere di lato, quasi a mimare la torre che ha reso Pisa famosa nel mondo.
Alla fine, con due gol nei supplementari, il suo Monza ha battuto 4-3 il Pisa e ha riportato la Serie A a casa di Silvio Berlusconi. Ma mentre la festa si animava, coinvolgendo la ieratica fidanzata Marta Fascina, colta dalle tv mentre agitava i pugni e ostentava un forzatissimo sorriso, Silvio sembrava quasi nascondersi dietro il palmo di una mano e il fondo di due inediti occhiali, sprofondato nel seggiolino dello stadio, quasi nascosto nelbavero della giacca: chi l’aveva mai visto così mite, così innocuo.
Immagini di un presente che sembra stanca replica del passato. Stessi volti, stesse prospettiva: Berlusconi, alla sua sinistra Adriano Galliani e più in là suo figlio Gianluca: quel ragazzo col codino che a Perugia nel ’99 sembrava Fiorello e adesso, in questo remake dei successi, è un uomo di mezz’età, con le tempie grigie. Da San Siro alla tribunetta coperta dell’Arena Garibaldi, dalle scene di giubilo sguaiato e per questo memorabili per i trionfi del Milan a un broncio di tensione quasi che quello stadio fosse troppo grande, la luce troppo forte, le attenzioni eccessive. Fino ai sorrisi, nascosti dal cordone della scorta, quasi fosse un imbarazzo da celare: spunta solo un sorriso e una manina allungata a salutare qualcuno, chissà dove, chissà chi.
Tutta qui la celebrazione per la scalata, iniziata dalla Serie C nel 2018, quando Adriano Galliani durante un pranzo ad Arcore di nascosto dai familiari e dai manager di Finivest propose al suo mentore di comprare il Monza. La squadra in cui il giovane Adriano, che a Monza è nato, aveva dato inizio nel 1984 alla propria carriera di dirigente sportivo. Perché a un anno dalla cessione del Milan, entrambi avevano capito che la vita da pensionati del pallone non era fatta per i loro cuori.
Il giocattolo a forma di squadra di calcio costato già 71 milioni di euro alla famiglia Berlusconi, mentre l’assemblea degli azionisti Fininvest ha dovuto prendere atto di una perdita della società brianzola per più di 31 milioni. E chi ronza intorno alla squadra è pronto a giurare che la proprietà sia pronta a fare acquisti da alta classifica, a saccheggiare il mercato, senza nemmeno prendere in considerazione svincolati, tanta è la disponibilità a spendere. Il segno che, almeno nelle intenzioni, il risultato ringalluzzisce, addirittura Berlusconi è arrivato ad accarezzare un’idea che detta pubblicamente era sembrata una battuta: «Magari potrei riprendermi il Milan». Ma ripetuta ai suoi fedelissimi aveva improvvisamente altre sfumature. Come se accanto a fidanzate sempre trentenni o poco più, il tempo non scorresse più, o addirittura si potesse ricomprare il passato.
Chissà chi ha svegliato Berlusconi per dirgli che il suo Monza ce l’aveva fatta, o s e l’ha fatto da sé. Poche ore prima era parso arzillo l’ex Premier in Piazza dei Miracoli, quasi a invocarne per la propria squadra: in una calda domenica di fine maggio, lui e Galliani, mescolati ai turisti tornati a invadere la città. A sentire il loro allenatore, l’ex milanista Stroppa, era solo l’ultima tappa del tour: «Galliani ha fatto il giro di tutti i santuari». Tutto, pur di rivivere quell’emozione, per illudersi che il tempo non passi più.
Giulia Zonca per la Stampa
I sauditi possono pure tentare di comprare una squadra italiana ed usarla per le pubbliche relazioni, i fondi americani possono spartirsi le quote del Milan per allargare il loro asset, ma il soft power calcistico lo ha inventato lui: Silvio Berlusconi e con il Monza in serie A lo usa ancora.
Prima volta tra i migliori, dopo 110 anni di storia, più che un successo, un inedito e targato Cavaliere che applaude ringalluzzito nella tribuna di Pisa accompagnato come sempre dalla fidanzata. Milano ha la terza squadra nel campionato più importante e Berlusconi può intromettersi tra le altre due con una nuova voce alla sua filastrocca preferita: «Sono il presidente che ha vinto più trofei nella storia del calcio», in effetti sono 29, ci sarebbe anche Santiago Bernabeu, a pari merito, ma per scartarlo il leader forzista aggiunge, un po’ di straforo, pure la promozione con il Monza, l’ultima creatura. La seconda strofa tocca a Galliani, al «signor Galliani», come lui chiama il compagno di avventure calcistiche e sta all’amministratore delegato declamare il dettaglio dei titoli: «Sedici italiani, 8 scudetti, 7 supercoppe e una Coppa Italia, 13 all’estero, 5 Coppe dei campioni, 5 Supercoppe europee e 3 Mondiali per club». Scambi da compagnia di giro perché Berlusconi non è mai sceso dalla nave da crociera, ma attenzione a non scambiare la gestione del Monza per un’ondata di nostalgia, come un grande valzerone dei ricordi. Berlusconi non si considera affatto vecchio e preferisce altri ritmi. Questo per lui è un nuovo capitolo, l’ennesimo viaggio di gloria da animare con una campagna acquisti che potrebbe partire da Belotti, tanto per ripartire a collezionare nomi noti.
All’inizio si è fatto trascinare da Adriano Galliani che a Monza ci è nato e nel calcio Monza ha iniziato la carriera, per lui sì è una questione di cuore, per il Cavaliere è sempre una questione di immagine e sempre la stessa: il condottiero virile, spiritoso e intenditore che porta i propri uomini a risultati stellari. Un gioco che gli viene da decenni piuttosto bene perché si circonda di persone capaci: lo ha fatto in tv, con il calcio, con la politica. Sbaglia le uscite, mai le professionalità e il Monza serve a dire che il fiuto non cambia, lo spirito è lo stesso, anche i discorsi motivazionali. Al primo con il Monza si autocita: «Nelle partite importanti del Milan dicevo ai giocatori, ricordatevi che chi ci crede combatte e supera gli ostacoli quindi vincete con tre gol di scarto». Risate. Applausi. E altra battuta: «Se avete tatuaggi su braccia e collo, per favore, maniche lunghe e dolcevita». Bis. Dopo essere stato male, all’inizio dell’anno, è in tribuna che Silvio B. riafferma la salute e l’immortalità: «Ho passato un brutto periodo che non doveva capitare adesso però voglio vedere belle partite». Siamo a metà febbraio, lui accompagnato dall’immancabile Marta Fascina che gli alza il bavero del cappotto e gli spreme il disinfettante sulle mani, lui che poi passa in rassegna le truppe e ovviamente esagera. Gli piace troppo farlo: «Più si va avanti e più Galliani si agita, non scopa più, io prima lo facevo sei volte al giorno ora dopo tre mi addormento». Nessuna risata e nessun applauso, è il 2022, ma il Cavaliere non è il solo a non esserci ancora arrivato.
Al procuratore del Ruby Ter, che ha chiesto 6 anni di condanna per corruzione, l’imputato risponde con una solare presenza allo stadio. Il Monza lo ha restituito alla verve che lo alimenta e gli ha pure offerto spunti per comizi politici nello scenario che gli è più congeniale. Un grande classico dei tempi rossoneri, la discesa in campo l’ha anticipata così e allo stesso modo ha svelato il Polo della libertà.
In una delle tante presenze all’U-Power Stadium ha detto: «Sono ancora qui a mantenere l’unità delle forze politiche che non devono mai dimenticarsi di avere più sostenitori della sinistra». C’è tutto e ora ci sarà ancora di più, pure se Berlusconi deve gestirsi in maniera più accorta. Eterno sì, ma con qualche pisolino tra un’azione e l’altra. Ha festeggiato lo scudetto del Milan, si è affacciato sul balcone della festa per salutare la folla, era ospite e comunque ancora osannato, ora si immerge in un altro tributo e nell’ennesimo campionato di A in cui potrà farsi vedere e dove lancerà messaggi e respingerà accuse. Come una volta.
Si diverte di certo più da protagonista di un’impresa sportiva che a fare telefonate con Sgarbi per i voti al Quirinale. Questo è il suo sistema e non ha bisogno di alleanze per reggere. Gli basta il soft power, quello che ha inventato lui. —