Il Messaggero, 30 maggio 2022
I giapponesi e la guerra
A chi, in tempi non sospetti, mi chiedeva se i giapponesi fossero ancora pericolosi, se sotto sotto covassero ancora rancore e meditassero una rivincita contro l’Occidente o un’altra grande avanzata, come molti testi di scuola continuano a definire la guerra di aggressione in Asia, ho sempre suggerito di passare qualche minuto davanti al 109, il tempio del futile e inutile nel centro commerciale di Shibuya, frequentato da giovani e giovanissimi. Basta guardare un po’ questo viavai, osservare il modo di vestirsi, muoversi, comunicare per accantonare ogni paura. No, i giapponesi non torneranno mai, in guerra.
Ma i tempi sono cambiati. Ora non si tratta di escludere il pericolo di una nuova aggressione. Ma di immaginare di essere aggrediti. La domanda se l’è posta in questi giorni la rivista Playboy (sì esiste ancora), edizione giapponese, che ha svolto un’indagine su scala nazionale. Cosa fareste se il Giappone venisse invaso da una potenza straniera?. Ebbene, la maggior parte degli intervistati (maschi e femmine) è per una soluzione non esattamente degna dei samurai: pensate, solo il 15% dei maschietti e il 6% delle femmine si arruolerebbero o entrerebbero nella resistenza. Il 32% si nasconderebbe in luogo sicuro in patria, il 13% scapperebbe all’estero ed il 28% assumerebbe un atteggiamento di attesa, supportando l’esercito in forma indiretta ma non prendendo parte direttamente al conflitto. Altra domanda: pensate che il Giappone sia in grado di resistere ad un’invasione straniera con l’attuale assetto? Il Giappone, vale la pena ricordarlo, ha un totale di circa 300 mila uomini in armi, tutti rigorosamente volontari (la coscrizione obbligatoria è stata abolita subito dopo la guerra) ottimamente equipaggiati ma si dice non altrettanto bene addestrati. La maggior parte dei giapponesi e lo confermano alcune risposte del sondaggio di cui parliamo conta sul Trattato di Sicurezza con gli Usa e sul cosiddetto ombrello nucleare. I caso di attacco, gli Usa interverrebbero immediatamente (ma non viceversa, ed è una delle differenze con la Nato). Attenzione però, perché anche qui, le risposte degli intervistati sono abbastanza sorprendenti. Perché se è vero che appena il 7% degli intervistati ritiene che il Giappone sia in grado di difendersi da solo in caso di attacco cinese e russo (la percentuale raddoppia al 14%, nel caso della Corea del Nord), solo il 54%, poco più della metà dunque, pensa che l’intervento Usa farebbe la differenza (escludendo tuttavia l’opzione nucleare: su una tale eventualità, la rivista evita di porre domande). Altra domanda risposta interessante: di chi avete più paura, Russia, Cina o Corea del Nord? I giapponesi non hanno dubbi: Cina 28%, Russia 18%, Corea del Nord 10%. Meno del 50%, in ogni caso: il che significa che la maggior parte dei giapponesi, nonostante i tempi, si sente al sicuro. Interessante che la minaccia più percepita sia da parte della Cina, Paese che i giapponesi hanno invaso e occupato più di una volta, e dove hanno commesso numerose e tutt’altro che dimenticate atrocità, ma che non ha mai aggredito, nella sua lunga storia, il Giappone. A differenza della Russia che all’epoca dell’Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone pochi giorni prima che si arrendesse.
Il sondaggio entra anche in questioni più tecniche, specifiche. Tipo il bilancio della difesa, che anche in Giappone, come nel resto dei Paesi occidentali ha subito numerosi ritocchi. Il tradizionale limite dell’1% del Pnl tutt’ora in vigore – non ha impedito al Giappone di diventare, con oltre 54 miliardi di dollari, la nona potenza militare del mondo, quanto a bilancio totale e la quarta del mondo occidentale, dopo Usa, Francia e Gran Bretagna. Ma così come in Europa, anche in Giappone gli Usa stanno premendo per un aumento delle spese. Cosa ne pensano i giapponesi? Divisi equamente in tre: un terzo vuole che le cose restino come sono, un terzo vorrebbe che le spese diminuissero e un altro terzo sono in favore di un aumento, sino al 2%. Una domanda anche sull’Ucraina, e sul divieto di espatrio imposto dal governo nei confronti degli adulti arruolabili. Bene, pur tra vari distinguo, anche qui i giapponesi sembrano equamente divisi: circa la metà afferma che il divieto, sotto le attuali circostanze, è comprensibile. Ma poco più del 50% sostiene invece che la libertà di scelta deve essere comunque garantita, e che se un cittadino vuole andarsene dovrebbe poterlo fare. Un paio di osservazioni finali: primo, nonostante il tema sia estremamente attuale, nessun grande giornale ha ripreso la notizia, provocando un dibattito nazionale. Secondo: sarebbe interessante fare lo stesso sondaggio in Italia.