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 2022  maggio 29 Domenica calendario

Luigi Sbarra confermato segretario Cisl

Luigi Sbarra chiude il congresso della Cisl che lo ha rieletto segretario generale replicando al presidente di Confindustria Carlo Bonomi che venerdì ha dato per «naufragata » la prospettiva di un Patto tra governo, imprese e sindacati per rilanciare il Paese. Il numero uno cislino non si dà per vinto e si appella ancora al governo da un lato e a Cgil e Uil dall’altra per spingerli a un tavolo comune che abbia come obiettivo «un grande accordo » per una nuova «politica dei redditi». Nell’intervento di chiusura il segretario ribadisce anche il suo «no» a leggi sul salario minimo e sulla rappresentanza sindacale e insiste sulla necessità di avviare subito il tavolo politico sulle pensioni per superare le Fornero.
Dai quattro giorni di congresso alla Fiera di Roma esce una Cisl vitale e determinata negli obiettivi e molto unita attorno al segretario (nessun voto contrario e una sola astensione, la sua, nel Consiglio generale che lo ha confermato alla guida). Ma si conferma anche un quadro politico- sindacale sfilacciato. Emblematica in questo senso la denuncia da parte di Bonomi della difficoltà di arrivare a un patto comune tra le parti sociali e il governo, che pure era un obiettivo degli industriali. E dopo lo strappo di dicembre sullo sciopero generale, la mancata partecipazione giovedì scorso dei leader di Cgil e Uil Maurizio Landini e Pier Paolo Bombardieri, sembra la spia di rapporti non ancora distesi tra le confederazioni. D’altro canto il premer Mario Draghi in un applaudito intervento giovedì al congresso si è detto pronto a rilanciare una stagione di concertazione, evidenziando una visione affine alla Cisl. Anche se poi, sui contenuti, sembra esserci più distanza con le posizioni del ministro del Lavoro Andrea Orlando, specie appunto sul salario minimo.
Un quadro in chiaroscuro a cui Sbarra risponde chiedendo al governo di «fare un passo in più rispetto al lavoro importante » fatto finora. «Un passo, anzi due: quello immediato della piena attuazione degli impegni presi e poi quello decisivo, di metodo, di un grande accordo che indichi obiettivi strategici condivisi, stabilisca affidamenti e regole certe sul percorso riformatore », ha spiegato. I contenuti dell’accordo? «C’è da affrontare il tema di una nuova politica dei redditi, una grande emergenza sociale», rimarca Sbarra, bisogna «dare priorità al tema di come difendiamo i salari, le pensioni, falcidiati dall’inflazione, sostenere e stabilizzare la crescita, che dipende anche dai consumi interni. Ci sono disuguaglianze e polarizzazione da aggredire». A Landini, Sbarra dice che «prima di sbandierare
vessilli su un’unità tutta da costruire, c’è una questione di fondo da dirimere, un nodo che riguarda il modello sindacale. Invitiamo gli amici di Cgil e Uil a costruire con noi il campo riformista. Noi siamo qui, sul sentiero del dialogo, della responsabilità, dell’autonomia e della concertazione. Qui li aspettiamo. Sapendo benissimo, se servisse, anche andare per conto nostro», sottolinea il segretario. Insomma l’unità è auspicabile ma solo a precise condizioni. Quanto a salario minimo e rappresentanza «non serve una legge», rimarca nuovamente il segretario. Sono materie che «devono restare» nell’autonomia delle parti. La soluzione contro il dumping salariale «a volerla trovare è davanti agli occhi di tutti – osserva -. I contratti pirata vanno combattuti estendendo i contenuti contrattuali maggiormente rappresentativi in ogni settore», ovvero «quelli siglati dal sindacato confederale ». E per sapere quali sono basta andare «all’Inps, non in Parlamento».
Al ministro Orlando, Sbarra chiede anche di riaprire «subito il tavolo politico per cambiare il sistema pensionistico ». «Basta tavoli tecnici», il governo «ha le nostre proposte da lungo tempo» a partire dalla richiesta di uscire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi e di una pensione di garanzia per giovani e donne. Un tema su cui spinge anche il leader della Lega Matteo Salvini e che nei prossimi mesi diventerà dirimente (a normativa vigente da gennaio si torna ai 67 anni minimi per tutti) con tutte le incognite legate alle spesa pubblica.