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 2022  maggio 29 Domenica calendario

Cento cose che abbiamo perso con Internet

Quando è stata l’ultima volta che vi siete annoiati? Che siete rimasti a guardare il cielo, domandandovi: cosa faccio, dove vado, come passo le prossime due ore. È partita da questa semplice domanda, l’idea per 100 cose che abbiamo perso per colpa di Internet, il libro di Pamela Paul sul lato oscuro della rivoluzione digitale. Tutti sappiamo che il web ci ha cambiato la vita, per molti aspetti in meglio: è più facile informarsi e comunicare, il mondo si è ristretto facendoci sentire parte dello stesso villaggio, possiamo telefonare gratis a un amico in America su WhatsApp, prenotarci da soli una vacanza in Oman, imparare a preparare qualunque piatto, a riparare qualunque cosa.
Ma a parte le fake news, le truffe online e la cyberguerra, internet ci ha anche tolto qualcosa. La noia, per cominciare, perché abbiamo sempre in pugno, sullo smartphone, lo strumento per distrarci. Ex responsabile della Book Review del New York Times ,l’inserto settimanale di recensioni letterarie considerato la bibbia dell’editoria americana, oggi columnist del medesimo quotidiano, la 52enne giornalista e scrittrice americana ci riporta indietro di due o tre decenni, a un tempo in cui la vita era più complicata, non necessariamente da rimpiangere, certamente diversa.
Nelle prime pagine del libro lei cita un tormentone che gira sul web sui ricordi di quando si passavano le giornate a giocare in cortile, si doveva andare a suonare il campanello per sapere se un amico è in casa, si guardava la tv in bianco e nero con un solo canale. La tesi è che si stava meglio quando si stava peggio?
«Ammettochepertemperamento sono nostalgica. Non sostengoche si stavameglioinunmondo più povero,arcaico e poco tecnologico, maho piùcuriositàa guardare indietro,acome eravamo, che avanti, a come diventeremo. Perciò, parlandodel web,mi interessa meno esplorare il futuro di Internet, cosasuccederà aTwitterinmano a ElonMusk, che ricordare a tutti come sivivevaprima della rivoluzione digitale. E per certi aspetti secondo menonerapoimale».
Cosa le manca di più di quell’era?
«Lasensazione di esserein un luogo solo, in un preciso momento, senzasentirsi connessi contemporaneamentea tuttoil resto. Potere ignorare email, messaggini, notifiche, per una pura immersione totale in unacosa soltanto. Ecco, una voltasuccedeva ditrovarsi da qualche parte in un albergoe nessuno sapeva dov’eri, cosa stavi facendo.
Adessoconilwebnon siamomaisoli».
Passiamo in rassegna alcune delle cose perdute descritte nel libro: il saputello…
«Tuttine conoscevamo uno: l’esperto onnisciente, cheha memorizzato tutto, conoscetutto. Ebbene, è scomparso,perchéadessoognunodi noiè un saputello.Hoappenapassato unweekendcon un’amicachechiedeva continuamentea Siri:dimmi questo,dimmi quello, e Siri puntuale rispondeva».
Perdersi in una città sconosciuta, o magari nella propria…
«ConGoogleMapsappiamosempredovesiamo,dove stiamo andando, come raggiungere un posto nel più breve tempo possibile. È utile, ma anche perdersi aveva il suo fascino. La gioia di ritrovare la strada giusta è perduta per sempre, se abbiamo la certezza anticipata di trovare l’uscita dal labirinto».
Trovare l’anima gemella per caso…
«Una generazione fa, se uno confessava di avere conosciuto un amore su un sito per cuori solitari, veniva compianto: poveretto, non ha vita sociale, è timido, è strano. Adesso è il contrario: vieni preso per stravagante se il tuo flirt non è iniziato su internet. Il web aiuta, ma vuoi mettere il thrilling dell’incontro casuale, in un bar, in biblioteca, su una spiaggia?».
Le foto venute male…
«Nonci sono più. Quelli della mia età ne scattano tre o quattro per ogni situazione, poi cancellanoquelle venutemale esalvano quella giusta. Le foto venute male,che facevano tantoridere, non esistono o sono delle pose buffe recitate apposta».
Le cartoline…
«Mandiamocartoline digitali con le foto delle nostre vacanzein temporeale. Ma non erabello aprire la cassettadella posta etrovare l’immagine di un luogo esotico con i saluti scritti a mano di un amico e pensare:guarda un po’doveè stato?».
Non sapere che tempo farà…
«Controllare le previsioni è una tale ossessione che ci fidiamo di quello che dice il telefonino più che di guardare fuori dalla finestra».
Le enciclopedie e i dizionari…
«Sostituiti da Google, ma non è lastessa cosa. Se controlli una parola sul dizionario, magari l’occhio cade sulla parolaadiacente e viene vogliadi leggere anchequella, mettendoin moto collegamenti mentali imprevedibili.Sul web nonc’è mai niente di adiacente».
Vale anche per la lettura dei giornali.
«Certo. In un articolo digitale, leggi solo quello, più al massimo i link inseriti dentro il testo. Sulla carta l’occhio vaga per la pagina e può cogliere altri stimoli, altri mondi».
Pamela, in conclusione, lei rinuncerebbe a internet per riavere le cento cose perdute del suo libro?
«No, oggi nonpotrei vivere senzaInternet. Mase potessi scegliere in che epoca vivere, sceglierei quandononc’era ancora.Che mipareva più sorprendente,piùspontanea, piùromantica».